Archivio mensile:Febbraio 2018
2° ricorso per l’appello
pre scriptum:
la parte tra le parentesi graffe è aggiunta del sottoscritto per far capire le parti in causa, perchè non mi interessa pubblicare i nomi anche dei nostri denuncianti.
Ta le parentisi quadre e puntini [….] le omissioni che per brevità non inserisco.
Avvocato che come molti altri, e più di tutti , ha seguito l’inchiesta e la vicenda e che si inserisce a partire dalla fine del primo grado con ruolo pieno di avvocato di difesa( difesa Minani).
Proposto da: Avv. Ettore Grenci del Foro di Bologna, difensore di fiducia del sig. Lorenzo Kalisa Minani, nato a Milano, il 15.6.1983{…}imputato nel processo penale di seguito indicato;
Avverso: la sentenza n. 10769/2015 emessa dal Tribunale di Milano, {…}con la quale l’imputato Minani è stato riconosciuto responsabile dei reati di cui agli art. 110, 582, 583, 585, 610 c.p. e conseguentemente condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, oltre al risarcimento del danno non patrimoniale provocato dai reati alla parte civile ********, liquidata complessivamente nella somma di euro 28.000,00
PREMESSA
SI LAMENTA LA ERRONEITA’ DELLA IMPUGNATA SENTENZA IN PUNTO DI VALUTAZIONE DELLA PROVA DICHIARATIVA EX ART. 192 C.P.P. CON RIGUARDO AD ENTRAMBI I REATI CONTESTATI NEL CAPO DI IMPUTAZIONE.
Premessa.
Il processo penale di primo grado a carico del sig. Miniani ha avuto quale principale, se non unico, riferimento probatorio le testimonianze della persona offesa e di altri soggetti che, a vario titolo, si trovavano nel medesimo contesto spaziale e temporale di quest’ultima tra il 14 ed il 15 febbraio 2013.
In realtà, le indagini sono state molto più complesse e ad ampio raggio, con massicce operazioni di intercettazioni telefoniche (ben sedici CD-DVD di brogliaggi), che tuttavia non hanno portato alcun concreto contributo alla tesi accusatoria, tanto da non essere confluite, attraverso rituale perizia, al fascicolo del dibattimento.
Per quanto riguarda il fatto storico che ha portato all’indagine prima, ed al processo poi, può esser qui condivisa, a grandi linee, la ricostruzione effettuata nella parte della sentenza di primo grado: il pestaggio a carico di *****{presunta vittima}, probabilmente “reo” di aver imbrattato un manifesto di natura “politica” nel corso di una festa all’interno della sede dell’Università di Milano.
La lettura delle varie testimonianze sul punto porta a ritenere che vi siano stati due momenti del litigio: uno all’interno dei locali in cui si svolgeva la festa, ed un secondo all’esterno. {..}
Inoltre, dopo l’azione ai danni del *****{presunta vittima}, vi sarebbe stato un secondo diverbio tra gli imputati ed alcuni testimoni (in particolare *****{accus-ritrattatore} e *****{ amica che negherà al processo autenticità firma sua dei verbali d’accusa}), da cui è scaturita l’accusa di cui al capo B) della imputazione, questa volta contestata ad entrambi gli imputati Minani e Di Renzo.
Lo scopo del presente appello è contestare la impugnata sentenza sotto il profilo della lettura e valutazione delle dichiarazioni dei testimoni sentiti nel corso del dibattimento, i cui criteri si sono rivelati deboli se non fallaci. {…}
Il destino giudiziario dell’imputato è dunque indissolubilmente legato al ricordo delle persone presenti ai fatti, che hanno reso dichiarazioni sia nel corso delle indagini che nel processo, dunque alla loro memoria di quei fatti.{…}
Ed è su tale giudizio che si muove complessivamente la critica alla sentenza di primo grado oggetto del presente atto di impugnazione.{….}
Un concetto scientificamente accertato, dunque, di cui magistrati ed avvocati conoscono la fondatezza e portata per la loro esperienza quotidiana nelle aule d’udienza, e che, prosaicamente, così può riassumersi: la memoria dell’essere umano funziona generalmente abbastanza male.
Nel processo a carico del sig. Minani, la memoria della maggior parte dei testimoni, le cui dichiarazioni sono state assunte a prova inconfutabile dei fatti e della responsabilità penale degli imputati, ha funzionato malissimo.
- LA TESTIMONIANZA DELLA PERSONA OFFESA-PARTE CIVILE ******{presunta vittima}.
{…}l profili di criticità della prova dichiarativa di ****{pres. vittima} emergono con evidente chiarezza nel corso non solo del suo esame testimoniale, ma dal raffronto tra le dichiarazioni rese in dibattimento e in fase di indagini preliminari, a cominciare dall’atto di denuncia-querela, presentato con non irrilevante ritardo rispetto ai fatti.
La condizione di shock determinata da un evento particolarmente traumatico, nonché la certa alterazione psichica da abuso quantomeno di sostanze alcooliche (lo afferma chiaramente *****{ex amico pres vittima accus-ritrattatore} all’udienza del 16.4.2015 – trascr. Pag. 77 “Presidente: E****{presunta vittima} in che condizioni? Teste: Beh sì,era abbastanza brillo”{…} ma lo ammette anche lo stesso *****{presunta vittima} – cfr. trascr. Pag. 27 “P.M. ma aveva bevuto un po’ lei quel giorno? TESTE****{presunta vittima}: Sì.”),
{..}devono essere i punti fermi attraverso i quali valutare attentamente la consistenza del ricordo del ******{pres vittima}, e di conseguenza per leggere correttamente la ricostruzione dallo stesso offerta dei fatti, soprattutto in punto di individuazione delle persone coinvolte nell’azione ai suoi danni.{….}
Che invece la particolare situazione di stress psico-fisico del *****{pres vittima}, determinata dalla caoticità{….}
In particolare le contestazioni del P.M. iniziano appena cominciato l’esame del *****{PRESUNTA VITTIMA} (trascr. Pag. 29):
PRESIDENTE – L’azione è iniziata dove, all’interno della Statale?
TESTE ****{PRESUNTA VITTIMA}– Sì.
PRESIDENTE – Quindi progressivamente portati fuori?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, progressivamente portata fuori, esatto.
P.M. – Sono sopraggiunti questi ragazzi che vi hanno separati e circondati spontaneamente o sono stati chiamati?
TESTE ******{PRESUNTA VITTIMA} – Spontaneamente.
P.M. – Sicuro?
TESTE*****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì.
PRESIDENTE – Ha detto altro?
P.M. – Sì, lo leggo:
“Lo vedevo – quel ragazzo di cui ha parlato prima con un cui si è dato gli spintoni –chiamare altri suoi amici che mi accerchiavano, mi afferravano e cominciavano a colpirmi”, all’epoca aveva detto che quel primo ragazzo aveva chiamato i suoi amici per accerchiarvi.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, realmente gli amici erano intorno, io penso che sia bastato un gesto per fare arrivare le persone, cioè non c’è stata una chiamata “venite”, ma magari un gesto nella spinta sono arrivati, erano intorno comunque, non erano molto distanti dalla persona con cui…
{…} a dire dello stesso*****{presunta vittima}, il pestaggio è particolarmente violento e soprattutto caotico, tanto ad non riuscire a ricordare neppure come arrivavano i colpi che nel frattempo riceveva (trascr. Pag. 30: “sono stato accerchiato e schiaffi e pugni sono partiti, cioè non saprei descrivere nella fattispecie come arrivavano i colpi, so che arrivavano tanti”).
{…}trascr, pag. 30: “P.M. : ed i calci che ha ricevuto all’esterno dove l’hanno colpita? Teste: {preunta vittima}: Al volto, in testa, non al volto perché la faccia me la coprivo, quindi più questa parte qua. P.M. : il cranio quindi diciamo. Teste {presunta vittima }: si, il cranio”).
Si deve dunque aggiungere che, ad un certo punto, *****{presunta vittima} si copriva anche il viso per difendersi,{….}
Qui si inserisce l’aspetto più rilevante{…}
va subito detto che ****{presunta vittima}, sin dalle prime dichiarazioni in querela (ma anche in quelle rese nel prosieguo delle indagini) ammetteva di non essere in grado di riconoscere con certezza alcuno dei suoi aggressori.
Nella sua querela in data 27.2.2013 (quella che dovrebbe essere più precisa ed attendibile, volendo seguire il criterio adottato, solo ad intermittenza, dal Tribunale, della “freschezza del ricordo”), così *****{presunta vittima} descrive le poche caratteristiche fisiche delle persone coinvolte: “dei miei aggressori non sarei in grado di riconoscerne nessuno, perché i fatti si sono svolti velocemente ed io ero confuso dai colpi ricevuti. Forse solo quello con cui all’inizio mi sono spintonato”.
Si tratta però di circa una ventina di persone, dall’età di riferimento di 25/30 anni….Ricordo di uno fisicamente molto corpulento, di altezza normale, che si muoveva con fare molto aggressivo e colpiva prima me e poi il mio coinquilino (n.d.r. ******{amico che era con lui nel momento della rissa}, che non sarà in grado di riconoscere nessuno degli aggressori)….Forse anche questo sarei in grado di riconoscerlo”.
Comprensibilmente ******{presunta vittima}, con onestà, ammette di non poter riconoscere nessuno, ma comunque cerca di offrire agli inquirenti una descrizione delle caratteristiche fisiche di massima che possano essere di aiuto alla individuazione.
Meno comprensibile, invece, che con il passare del tempo il ricordo del ****** ******{PRESUNTA VITTIMA}si arricchisca di nuovi particolari (seppure non decisivi, ma tuttavia importanti) su questo specifico aspetto, tanto da arrivare, ad oltre due anni di distanza dalla prima dichiarazione contenuta in querela, ad affermare: “Della prima persona ricordo solo che aveva una maglietta gialla, solo questo ricordo. Delle altre due persone ricordo…di una delle due persone ricordo che era un ragazzo di colore, aveva un capellino bianco ed era quello più violento si può dire, cioè che passava da me a ******{ex amico che era con lui e mai accusa} nella rissa, era quello più acceso” (trascr. Pag. 35).
Stupisce (non può che stupire!) che particolari di assoluto rilievo quanto a capacità individualizzante come il colore della pelle e il cappellino bianco, non fossero stati subito rappresentati agli inquirenti con il primo atto di querela orale, dove evidentemente al ****{presunta vittima} erano state fatte domande mirate sulle specifiche caratteristiche fisiche dei suoi aggressori.{…}
Ma ciò che desta gravi perplessità sulla credibilità del “testimone-persona offesa-parte civile” sono le sue continue contraddizioni su questo specifico aspetto, e più in generale sulla capacità di riconoscere la persona oggetto della indagine.
Egli non ha mai riconosciuto alcuno degli aggressori negli album fotografici utilizzati in corso di indagini per la identificazione.
Ciò è stato ribadito dal teste in udienza, e ammesso dallo stesso P.M. senza tentennamenti: (trascr. Pag. 42: “P.M. Lei sarebbe in grado di riconoscere questo ragazzo di colore se lo vedesse? Teste: non credo, però mi avevano fatto vedere delle foto di riconoscimento e io in questa lista non l’avevo riconosciuto”).
Ed ancora più esplicito, su specifica domanda della difesa (vd. Trascr. Pag. 58):
AVV. STRAINI – Prima di farle vedere le foto le hanno detto “lei sarebbe in grado di riconoscere qualcuno?”.
PRESIDENTE – Le hanno fatto questa domanda?
TESTE ****{presunta vittima} – Sì.
AVV. STRAINI – Lei cosa ha risposto?
TESTE ****{presunta vittima}– No, che non sarei stato in grado di riconoscere.
AVV. STRAINI – Perché?
TESTE *****{presunta vittima} – Perché ero in stato confusionale tra le botte e le birre che mi ero bevuto.
Le risposte sono disarmanti per la univocità di significato e per le implicazioni che ne derivano: *****{presunta vittima} risponde negativamente alla possibilità di riconoscere quell’aggressore sia per la fase delle indagini, pochi giorni dopo l’aggressione, che in dibattimento. In quest’ultimo caso, si badi bene, ciò è particolarmente significativo, trovandosi Minani davanti ai suoi occhi dall’inizio della sua testimonianza, in quanto presente all’udienza.
Ed allora francamente incomprensibile quella sorta di riconoscimento che porta ****{presunta vittima} a dire che in aula si trovava “non con certezza, con delle probabilità” quella persona poco prima descritta con ben pochi particolari. In verità, non si può neppure parlare di riconoscimento, perché per stessa ammissione del ****{presunta vittima} esso è avvenuto in termini di mera probabilità.
Ma anche in questi termini, la versione della persona offesa è del tutto inverosimile, e ciò per quanto sopra si è detto in ordine alla perentorietà{…}ha ammesso di non avere alcun ricordo del viso di questa persona. Circostanza nuovamente ribadita a domande del Presidente, che sul punto ha più volte incalzato il testimone, rendendosi conto delle contraddizioni delle sue dichiarazioni (trascr. Pag. 58):
PRESIDENTE – Quindi Lei questa persona ce l’ha in mente, ce l’aveva in mente?
TESTE ****{presunta vittima} – Sì, mi ricordo il suo corpo, non il suo volto.
PRESIDENTE – Ce l’aveva in mente, sì.
AVV. STRAINI – Ricorda il corpo e non il volto.
PRESIDENTE – Come l’ha detta qui oggi ce l’aveva in mente e perché non l’ha detto alla Polizia?
TESTE ****{presunta vittima} – L’ho descritta alla Polizia la persona che…
PRESIDENTE – L’ha descritta così.
TESTE ******{presunta vittima} – Sì.
PRESIDENTE – Ma non si era in grado, non si è sentito in grado di riconoscere la foto?
TESTE *****{presunta vittima} – No.
PRESIDENTE – Lei nella foto non l’ha riconosciuto.
TESTE: ******{presunta vittima} – No, non l’ho riconosciuto, non per paura, sottolineo, proprio perché non…
Ed ancora, in maniera più esplicita, a proposito dell’assunzione di sostanze stupefacenti, di cui il ****{presunta vittima}, per la sua giovane età, pare essere piuttosto esperto:
AVV. STRAINI – Lei assume altre sostanze?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– No.
AVV. STRAINI – Lei deve rispondere secondo verità.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, sì, di rado è successo, ma non assumo sostanze abitualmente, saltuariamente mi è capitato nella vita di assumere sostanze, non quella sera.
AVV. STRAINI – Quali sostanze?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Mi è capitato di provare della cocaina, le canne, pastiglie e basta penso.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Di ecstasy.
AVV. STRAINI – Altro?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– No.
AVV. STRAINI – Sicuro?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Sì.
AVV. STRAINI – Lei quando ha fatto l’intervento è stato sottoposto ad alcune domande dall’anestesista, le ha chiesto che sostanze assumeva, se assumeva...
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Ketamina anche.
AVV. STRAINI – Dimenticava una sostanza.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì, mi scusi, pensavo che era all’interno dell’ecstasy come sostanza.
AVV. STRAINI – È diversa.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Sì, ma non…
AVV. STRAINI – Sono diversi anche gli effetti, anche le conseguenze, lo sa?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, certo.
PRESIDENTE – Scusi, Avvocato, un dettaglio su questa domanda: Lei ha detto che appunto non era in grado, ma non era in grado di essere sicuro o a priori di riconoscere alcunché.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – No, a priori non ero in grado di riconoscere le persone perché il pestaggio è iniziato all’interno e la luce era molto bassa.
Anche sull’aspetto della concreta condotta che l’aggressore avrebbe tenuto nei confronti del *****{PRESUNTA VITTIMA} la confusione nelle sue dichiarazioni è imbarazzante, quantomeno per diversità di versioni fornite:
AVV. STRAINI – Volevo solo sapere se era sicuro. Veniamo a questo verbale, Lei è stato sentito nella prima occasione, intanto torniamo alla persona che Lei ricordava particolarmente che questa persona che Lei non ha riconosciuto cosa faceva precisamente?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Picchiava.
AVV. STRAINI – Chi, dove, come?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Picchiava me e ***** {EX AMICO CHE MAI ACCUSA}all’interno e all’esterno della Statale.
AVV. STRAINI – Anche ******{EX AMICO CHE MAI CI ACCUSA}?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì.
PRESIDENTE – Lo ha già detto.
AVV. STRAINI – Anche all’esterno, picchiava anche ******{EX AMICO CHE MAI ACCUSA}?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Questo non ho idea perché io ero per terra all’esterno.
AVV. STRAINI – Ma Lei ha appena detto prima…
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Picchiava me e ******{EX AMICO CHE MAI ACCUSA}.
AVV. STRAINI – …Lei lo ricorda particolarmente che si muoveva da Lei a ******{EX AMICO CHE MAI ACCUSA} lo ha detto prima.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì.
AVV. STRAINI – Allora lo ricorda o non lo ricorda più?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Ma io non ricordo che dava le mani addosso… cioè all’interno sicuramente, ma all’esterno si muoveva tra me e ****** (rectius ****** n.d.r.), però, visto che c’erano delle persone addosso a me e a ******{EX AMICO CHE MAI ACCUSA}, non ricordo se questa persona ha tirato un… io ero per terra.
RESIDENTE – Non sono ammesse altre domande, Avvocato, su questo punto perché repetita iuvant ma lo ha detto e ripetuto.
AVV. STRAINI – Non l’aveva detto ancora, questa è una cosa che è emersa adesso in maniera chiara.
PRESIDENTE – Io avevo capito che era dentro, poi ha detto che si muoveva da uno e dall’altro e quindi da fuori non vedeva più.
AVV. STRAINI – Senza picchiare però, questa è una cosa che...
PRESIDENTE – No, lui ha detto che non ha visto che picchiava lui e ******{EX AMICO CHE MAI CI ACCUSA} all’esterno, allora la domanda è: ma all’esterno questa persona picchiava Lei o no?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– All’esterno questa persona picchiava me sicuramente.
PRESIDENTE – E poi andava da ******{EX AMICO CHE MAI ACCUSA}. e Lei non… perché era per terra.
AVV. STRAINI – Picchiava Lei sicuramente.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} L’ho vista, la percepivo.
Dunque il ricordo di *****{PRESUNTA VITTIMA}, assolutamente frammentato, confuso, obnubilato da alcool e stress emotivo, si riduce, alla fine, ad una mera percezione, peraltro del solo corpo, e non del viso di uno degli aggressori.
E’ piuttosto sorprendente dunque che si possa anche solo parlare di “probabilità” del riconoscimento in aula del sig. Minani, come invece erroneamente il Tribunale sostiene in sentenza. E ciò anche a fronte delle ripetute lacune sulla circostanza che dovrebbe caratterizzare più di ogni altra il presunto aggressore, il colore della sua pelle, circostanza che invero, in qualsiasi persona di media attenzione, dovrebbe rimanere ben impressa.
Non può che stupire l’indifferenza del Tribunale sul punto, posto che sino all’ultimo, anche dopo avergli più volte ricordato le sue precedenti dichiarazioni, *****{PRESUNTA VITTIMA} continua ad omettere, nella descrizione di tale presunto aggressore, questa importante caratteristica, tanto da provocare una reazione del Presidente (pag. 66, 67 e 68 trascriz.):
AVV. STRAINI – Io le devo chiedere ancora – se il Presidente me lo consente, perché è un punto che ritengo veramente importante – di dire nell’ordine d’importanza le caratteristiche fisiche, le caratteristiche, perché mi rendo conto della situazione estremamente confusa date tutte le circostanze, di questa immagine che Lei ha di una persona, che cosa le era rimasto particolarmente nella mente?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Come ho detto prima mi ricordo questa persona, le caratteristiche fisiche che era corpulenta, forse più bassa di me, ma nella rissa non mi potevo misurare con la sua altezza, un cappellino bianco in testa.
AVV. STRAINI – Queste le caratteristiche fondamentali, principali direi.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, non ricordo altro realmente, posso dire quello che mi ricordo.
PRESIDENTE – Lei nella prima versione ha parlato di colore di questa persona, anzi l’ha detto subito per prima cosa, voglio dire, Lei se lo ricorda? Io le ricordo che Lei ha L’obbligo di dire la verità, perché il Tribunale deve decidere sulla base di quello che Lei dice perché noi non c’eravamo…
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, mi ricordo era di colore.
PRESIDENTE – Allora Lei adesso, tra le caratteristiche che le sono…
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Non ho elencato…
PRESIDENTE – Non lo ha elencato, io voglio sapere se perché non l’ha colpita, se l’è dimenticato e voglio che mi TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Ma no perché non è la prima cosa che mi colpisce di una persona realmente.
PRESIDENTE – Non è per questioni razziali…
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– No, lo so, però se dice…
PRESIDENTE – …è perché a me colpisce invece se uno è giallo, verde, dopodiché per me è uguale agli altri perfettamente…
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– No, non sto dicendo questo.
PRESIDENTE – …ma è come Lei che mi colpisce perché Lei è molto bruno, invece l’Avvocato non lo è, capito?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì, certo.
PRESIDENTE – Allora io voglio sapere se questo dato del colore è un dato che Lei ha visualizzato subito oppure no.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Mi ricordo che era di colore, non l’ho rielencato ma per una dimenticanza, non… sicuramente era di colore.
AVV. STRAINI – È non dato abbastanza…
PRESIDENTE – Lei qui deve mettersi in mente che ci deve dire il vero.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Certo, assolutamente.
PRESIDENTE – Perché Lei non può portare il Tribunale a non sapere le cose e a prendere decisioni non adeguate.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– No, assolutamente.
PRESIDENTE – E Lei giura, mentre l’imputato no, ci può raccontare quello che vuole, Lei deve dire la verità.
Ma la verità, sul punto, non può in alcun modo dirsi raggiunta con la testimonianza di *****{PRESUNTA VITTIMA}, il quale ha fornito le uniche indicazioni che poteva fornire quando ha sporto querela, ripetendo più volte, in indagini ed in dibattimento, di non aver visto in volto l’aggressore, di non poterlo di riconoscere e, di non riuscire ad essere lucido su un ricordo che, evidentemente, è stato acquisito nelle condizioni di alterazione di cui si è ripetutamente detto.
Può dirsi dunque ragionevole l’ipotesi che la persona offesa, per adattare il più possibile la sua versione a quella di altro teste di questo processo, ****{ACCUSATORE RITRATTATORE}, abbia aggiunto il particolare del colore della pelle dell’individuo, che egli colloca nell’ambito dell’azione ai suoi danni, solo in un secondo momento, dopo aver parlato con ****{ACCUSATORE RITRATTATORE}, il quale pochi giorni dopo i fatti gli aveva riferito di essere stato identificato dai carabinieri insieme ad un ragazzo di colore.
Cio’ si evince da una risposta molto chiara che il *******{presunta vittima} dà al P.M. (trascr. Pagg. 39 e 40):
P.M. – Manca un passaggio. La mia domanda originaria era se di questa persona che Lei ricorda essere più facinorosa, su violenta, ne ha parlato con ********{ex – amico accusatore ritrattatore }
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Sì.
P.M. – Quindi quando ****{ACCUSATORE RITRATTATORE} le ha riferito questa dettagli, si riferiva a questo che l’ha picchiata più degli altri, questo di colore oppure no?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}Nei giorni successivi quando ci siamo ritrovati a parlare loro mi hanno descritto che cosa era successo dopo, quando mi descrivevano questa persona che intimidiva e prendeva a calci loro, la descrizione di questa persona era vicina, assomigliava alla stessa persona che partecipava alla rissa con me e ****{EX AMICO CHE MAI CI ACCUSA}.
P.M. – Ricorda se questa persona è stata anche identificata?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Dalla pattuglia dei poliziotti è stata…
P.M. – E come l’ha saputo questo?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Dai Carabinieri.
P.M. – I Carabinieri le hanno detto che la stessa persona è stata identificata.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì.
P.M. – Le faccio la contestazione, nel verbale del 24 febbraio 2013 Lei ha detto: “Da un conoscente, di cui mi è noto solo il nome, cioè *****{accusatore ritrattatore}, ho saputo che quando è intervenuta la pattuglia della Polizia ha egli stesso rappresentato agli operatori quanto fosse accaduto”, quindi le notizie le ha apprese da ******{ACCUSATORE RITRATTATORE}, da quello che si capisce dal verbale.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì, ho appreso da ******{ACCUSATORE RITRATTATORE} che era stata fermata una persona.
P.M. – Ma sono stati i Carabinieri a dirle che la stessa persona è stata identificata, questo vorremmo capire.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì, poi c’è stato un momento che i Carabinieri stessi hanno detto che non era arrivata nessuna pattuglia, però poi successivamente questa pattuglia c’era, io mi ricordo perché c’era una pattuglia, mi sa che era un problema di comunicazione tra Carabinieri e Polizia, che i Carabinieri dicevano che non c’era nessuna pattuglia, però una pattuglia è arrivata e hanno identificato questa persona, io l’ho appreso da ********{accusatore-ritrattatore}, però successivamente me l’hanno…
P.M. – Però, mi ascolti un attimo, è importante questo dettaglio, Lei è sicuro di averlo appreso dal *******{accusatore -ritrattatore} o glielo hanno detto i Carabinieri? Perché è un dettaglio molto importante per tutti, per accertare i fatti come sono avvenuti.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} – Entrambi.
{… accusatore ritrattatore} si erano limitati a descrivergliela sommariamente, e visto che a ciò era stata aggiunta la notizia che la persona era stata fermata ed identificata, il *****{PRESUNTA VITTIMA} può aver ritenuto di adeguare il proprio ricordo, assolutamente inconsistente, a quella descrizione.
E così tenta di fare, invero malamente, sia quando viene sentito la seconda volta dagli inquirenti (verbalizzazione avvenuta poco dopo il confronto con *****{ex amico accus ritrattatore), sia in fase dibattimentale, pur con le contraddizioni che sono emerse in maniera plateale dalla ricostruzione sin qui svolta dei punti salienti della sua testimonianza.
Da ultimo, la dimostrazione di tale intento, che si adatta perfettamente proprio alla sua posizione di portatore di interesse economico nella vicenda processuale, è l’ulteriore tentativo di introdurre nel processo un dato che non aveva mai riferito prima: l’aver egli stesso notato, mentre si stava allontanando ferito dal luogo dell’aggressione, l’arrivo di una pattuglia delle forze dell’ordine: (trascr. Pagg. 41 e 42)
PRESIDENTE – Lei ha detto che l’ha anche vista la pattuglia che arrivava?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì, cioè c’era una luce blu, immagino che era…
PRESIDENTE – E Lei si stava già allontanando?
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA} Sì, mi stavo già allontanando, vedevo… cioè realmente ero con ****… beh i ricordi sono un po’ frammentari, però mi ricordo che c’era la pattuglia, mi ricordo che c’era a fianco alla pattuglia *******{accusatore ritrattatore} e la ******** che parlavano con una persona.
PRESIDENTE – Quindi Lei questa scena l’ha anche vista mentre cercava di allontanarsi.
TESTE *****{PRESUNTA VITTIMA}– Sì, ero molto… cioè ero non sotto shock però tra l’alcol che avevo bevuto e le botte che avevo preso mi era difficile capire bene la situazione, io volevo solo andarmene realmente.
Di tutto ciò che ha riferito *****{PRESUNTA VITTIMA} è lecito dubitare, viste le sue condizioni psico-fisiche, qui ancora una volta da lui stesso ribadite. Ma se ciò fosse vero, e cioè che egli aveva visto chiaramente il personale delle Forze dell’Ordine già presente sul luogo dei fatti, non si riesce a comprendere il motivo per cui non raggiungerli immediatamente per denunciare la grave aggressione subita. In quel momento, infatti, si sarebbero potuti individuare i responsabili, acquisire eventuali prove, documentare le proprie condizioni fisiche, e farsi soccorrere. La spiegazione sulle ragioni che lo avrebbero spinto a disinteressarsi agli unici soggetti che in quel momento potevano costituire per lui un aiuto è francamente risibile, e non fa che aggiungere ulteriori perplessità alla credibilità del testimone ed alla attendibilità del suo narrato.
Perplessità che il Tribunale, nelle motivazioni della impugnata sentenza, ha semplicemente scelto di non vedere, attribuendo una patente di credibilità ad un testimone che ha dimostrato (e ammesso) di essere vittima di gravi alterazioni dei suoi processi memonici e cognitivi della notte dei fatti. Ed inoltre di esserne consapevole, tanto da far trapelare in maniera piuttosto chiara il tentativo di colmare evidenti vuoti di memoria e lacune del ricordo attraverso il recupero di suggestioni esterne, da incastrare alle proprie flebili reminiscenze.
Certo è che si tratta di una progressività del tutto anomala, che arriva sino al punto di spingere il ****{presunta vittima} ad uno pseudo-riconoscimento dell’imputato in aula, riconoscimento che, seppure effettuato in termini meramente probabilistici, è avvenuto solo a distanza di anni dai fatti, mai verificato nelle numerose volte che gli era stata mostrata nel corso delle indagini la foto del sig. Minani, a fronte della più volte ribadita ammissione di aver visto solo “il corpo, ma non il volto”.
Per concludere sul punto, la testimonianza del ***{presunta vittima}, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non è utilizzabile ai fini di prova sotto tutti i punti di vista: vuoi per la totale mancanza di credibilità del testimone, mosso peraltro da evidenti interessi economici (si badi che la richiesta di risarcimento si attestava sui 126.000 euro); vuoi per la radicale inattendibilità del suo narrato, contraddittorio, illogico e lacunoso su punti fondamentali oggetto dei fatti della imputazione. {…}
- LA TESTIMONIANZA DI ****** (E LA SCARSA RILEVANZA ATTRIBUITA ALLA STESSA DAL TRIBUNALE). {colui che era con presunta vittima e mai accusa}
{….}Anzitutto egli, pur essendo una delle parti più coinvolte nell’aggressione al ****{presunta vittima}, anzi essendo egli personalmente vittima della stessa, non ha riconosciuto Minani non solo tra gli aggressori, ma, più in generale, tra coloro che in qualche modo gli avevano lasciato un ricordo quella fatidica notte: (trascr. Pag. 158-159)
P.M. – No,
No, nessuna cosa da contestare. Chiedo se riconosce tra le persone presenti in aula qualcuno dei soggetti presenti.
PRESIDENTE – Si alzi in piedi e guarda bene tra le persone ovviamente non quelle con la toga.
TESTE ****– No.
PRESIDENTE – Ha guardato bene?
TESTE ******– (non si rileva risposta verbale)
PRESIDENTE – Dichiara di non riconoscere nessuno, cioè riconoscere nel senso di non vedere nessuno delle persone sia che ha menzionato lui personalmente sia che ha vistoquella sera comunque lì in zona.
TESTE *****– Esatto.
PRESIDENTE – Non ha visto nessuno delle persone che c’erano qua.
TESTE ******– No.
Ma l’importanza della testimonianza di ****** non si ferma al mancato riconoscimento di Minani tra gli aggressori (rectius, l’esplicita esclusione che Minani fosse le persone che lui ricorda presenti “quella sera comunque lì in zona”).
I suoi ricordi contrastano, e dunque destituiscono di fondamento, quanto dichiarato dal *****{PRESUNTA VITTIMA} su importanti aspetti della vicenda.
Anzitutto, riferisce di aver visto solo la fase finale della colluttazione in cui era rimasto coinvolto, quella avvenuta fuori dai locali dell’Università (trascr. Pag. 148 e 149):I suoi ricordi contrastano, e dunque destituiscono di fondamento, quanto dichiarato dal *****{PRESUNTA VITTIMA} su importanti aspetti della vicenda.
P.M. – Già trascinato fuori. Lei l’ha visto trascinare fuori anche?
TESTE *****– No, solo quando sono andato per, non intervenire, per capire appunto cosa stesse succedendo, sono stato trattenuto da altra gente e non ho potuto fare…
PRESIDENTE – Quindi Lei ha visto prima che stava succedendo qualcosa a *****{presunta vittima}?
TESTE *******– Sì.
PRESIDENTE – Cosa ha visto, un assembramento?
TESTE *****– Sì.
PRESIDENTE – Delle persone che si menavano? Cosa ha visto?
TESTE ******: *******{presunta vittima} a terra e delle persone in cerchio che gli davano…
PRESIDENTE – Questo fuori.
TESTE ******– Fuori.
PRESIDENTE – Ma prima?
TESTE ******– No, dentro non ho visto niente.
PRESIDENTE – Prima che uscissero si è reso conto che stava capitando qualcosa?
TESTE *****– No.
****{presunta vittima}, invece, ha fornito una versione del tutto divergente in un passaggio del suo controesame già citato ma che qui, per comodità di lettura, e chiarezza del paragone, vale la pena riportare (trascr. Pag. 63-64).
P.M. – Già trascinato fuori. Lei l’ha visto trascinare fuori anche?
TESTE ******– No, solo quando sono andato per, non intervenire, per capire appunto cosa stesse succedendo, sono stato trattenuto da altra gente e non ho potuto fare…
PRESIDENTE – Quindi Lei ha visto prima che stava succedendo qualcosa a ****{presunta vittima}?
TESTE ****** Sì.
PRESIDENTE – Cosa ha visto, un assembramento?
TESTE ***** Sì.
PRESIDENTE – Delle persone che si menavano? Cosa ha visto?
TESTE ******– ******* a terra e delle persone in cerchio che gli davano…
PRESIDENTE – Questo fuori.
TESTE ******– Fuori.
PRESIDENTE – Ma prima?
TESTE ***** – No, dentro non ho visto niente.
PRESIDENTE – Prima che uscissero si è reso conto che stava capitando qualcosa?
TESTE ****** No.
*****{presunta vittima} invece, ha fornito una versione del tutto divergente in un passaggio del suo controesame già citato{…….}
Dunque, con ostentata sicurezza, ******{presunta vittima} ha riferito di una aggressione contestuale a ****{ex amico che mai ci accusa}, che invece quest’ultimo esclude, tanto da poter affermare che non si era accorto di nulla.
Anche sulla circostanza del pestaggio a turno (“picchiava me e ****{ex amico che mai accusa}”), con condotte descritte da ****{presunta vittima} come repentine e violente, ***** ha fornito una versione radicalmente divergente:
P.M. – Lei quando ha visto questa scena, cioè che ****{presunta vittima} veniva percosso, picchiato, con chi era?
TESTE ****** In quel momento ero da solo, cioè sono uscito da solo dalla Statale, stavo cercando i miei compagni e ho visto questa scena qui.
P.M. – Lei ha cercato di aiutare il suo amico, di avvicinarsi?
TESTE *******– Ho cercato di aiutarlo nel minimo, cioè andare verso di lui, solo che sono stato trattenuto.
P.M. – Lei a sua volta è stato picchiato?
TESTE ******* – Ho ricevuto un pugno, sì.
P.M. – Sarebbe in grado di ricordare qualcuna delle persone che…?
TESTE ******* – No, già lo dissi ai Carabinieri allora, non ne ho il ricordo delle facce nitide delle persone e quindi no.
P.M. – Ma perché non le ha guardate in viso oppure non…?
TESTE ******– No, non che non li avessi guardati in viso, c’èstata questa baraonda e non lo so il cervello cosa come ha reagito.
PRESIDENTE – Non le ha focalizzate, si dice così.
TESTE ****** Esatto, non le ho focalizzate.
P.M. – Era più preoccupato delle percosse che…
TESTE ********– Esatto.
Quindi ******{colui che era con presunta vittima e mai ci accusa} non è stato picchiato contestualmente a ****{presunta vittima} anzi, pare che non siano neanche vicini, perché *****, trattenuto, non riesce neppure ad avvicinarsi.{….}
Per il resto egli ha ricordato appunto solo una azione di trattenimento da parte di persone non identificate e le parole di altra persona che lo invitava a “stare calmo”, persona di cui ha tentato di fornire alcune caratteristiche fisiche, del tutto diverse da quelle dell’imputato Minani: (trascr. Pag. 154-155 trascr.)
TESTE *******– Di quelli che ho visto ben presente io era un ragazzo non tanto alto, biondo, {….}.
P.M. – Cosa ha fatto questo ragazzo biondo?
TESTE ***** Parlava con me perché quando mi trattenevano vedevo *****{presunta vittima} essere picchiato e questo ragazzo parlava con me e mi diceva di stare calmo, così, però ero trattenuto da altre persone nel frattempo.
PRESIDENTE – Le diceva di stare calmo?
P.M. – Cioè di fermarsi?
TESTE *******– No di fermarsi… “aiutatelo” io gridavo, “stai calmo, adesso andiamo ad aiutarlo” così, in realtà non è che è andata proprio così la cosa, dopo un po’ non ho capito, hanno smesso e ****{presunta vittima} è riuscito a levarsi dal gruppo.{……}
****** dunque, non ha riferito alcunchè circa una persona che prima picchiava *****{presunta vittima} e poi lui. E’ questa una circostanza non di poco conto, perché c’è da credere, realisticamente, che se questa fosse stata la condotta di qualcuno dei presenti egli ne avrebbe serbato un qualche ricordo, data la traumaticità di un simile evento. Ricordo che invece è del tutto mancante, anzi è escluso.{…}
****** poi non ha ricordato nulla dell’arrivo dei carabinieri, ribadendo che l’intervento era avvenuto dopo essersi definitivamente allontanati dalla zona; mentre invece come si è visto, secondo ****{presunta vittima}, i militari sarebbero intervenuti addirittura mentre entrambi stavano andando via, ma presenti ancora nelle immediate vicinanze, tanto da riuscire a vedere la presenza di *****{ex amico accusatore ritrattatore} vicino alla pattuglia.
La versione dei fatti fornita dal teste ***** è stata dunque lineare e coerente alla versione resa anche nelle indagini, tanto che allo stesso non sono mai state poste contestazioni{…}
3. “LE VERSIONI DEI FATTI” DI {ACCUSATORE-RITRATTATORE}:
- ASPETTI CRITICI IN PUNTO DI CREDIBILITA’ DEL TESTIMONE “DECISIVO” E DI ATTENDIBILITA’ DI (SOLO ALCUNE) SUE DICHIARAZINI;
- ERRONEITA’ DELLA SENTENZA NELL’ADOZIONE DEL CRITERIO DI SELEZIONE DELLE DICHIARAZIONI CUI ATTRIBUIRE ATTENDIBILITA’.
- OMESSA VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELLA PROVA DICHIARATIVA EMERGENTE DALLE STESSE.
Il Tribunale, nella impugnata sentenza, ha assegnato piena credibilità al testimone********{ACCUSATORE-RITRATTATORE}, tanto da definirlo teste “decisivo”, con un particolare e discutibile criterio di selezione delle sue dichiarazioni.
Va infatti preliminarmente rilevato che ********* è stato sentito nel corso delle indagini una serie indeterminata di volte (lui stesso parla di “sette o otto”). Dei verbali SIT, che sono un numero ovviamente inferiore, si è chiesta ed ottenuta l’acquisizione al fascicolo del dibattimento, al preciso scopo di dimostrare la palese contraddittorietà fra le stesse, nonché con quanto dichiarato in istruttoria.
Si ritiene doveroso, in ossequio al principio di formazione della prova in contraddittorio, partire proprio dalla sua testimonianza in sede processuale, e ciò per iniziare a comprendere la inaffidabilità del testimone sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
E’ infatti principio che non può essere posto in dubbio che la scelta di essere sottoposti a processo, senza ricorrere a riti alternativi, comporta che la prova si debba formare proprio nel contradditorio delle parti, in ossequio ai principi di oralità ed immediatezza.
L’acquisizione di verbali di sommarie informazioni testimoniali, anche se avvenuta con il consenso delle parti, non può di per sé significare la estromissione delle prove emerse in dibattimento, ma semmai a queste può integrarsi, e ciò ai fini non solo del loro completamento, ma anche, e soprattutto, per la necessaria valutazione della credibilità del testimone e della attendibilità delle dichiarazioni rese nelle diversi sedi, in particolar modo quando esse divergano, come nella fattispecie, su punti rilevanti della vicenda oggetto di accertamento.
Invero, particolarmente complessa risulta la lettura comparativa tra le varie dichiarazioni di ********{accusatore-ritrattatore} , proprio per la loro non coerenza.
A tal proposito, può essere utile scorporare singoli passaggi delle sue dichiarazioni, per rendersi conto come Il Tribunale sia caduto in un errore di valutazione della relativa prova.
3.1 Le sommarie informazioni rese in data 12.4.2013.
Andando subito al momento più importante per l’imputazione, in quella occasione le dichiarazioni di ******** sono state così verbalizzate:
“Ad un certo punto dopo averlo (il {******PRESUNTA VITTIMA}) perso per qualche attimo di vista, vedevo quest’ultimo circondato da un gruppo di circa venti persone che lo spingevano con forza sino a scaraventarlo fuori dall’Istituto. Durante il percorso lo percuotevano ed io notando ciò essendo preoccupato, seguivo il gruppo. Ricordo chiaramente che fra le persone he avevano preso parte al gruppo che lo spingeva al di fuori della sede scolastica vi era anche un individuo di età apparente di circa 30 anni, di corporatura corpulenta, di colore, di probabile etnia africana, indossante un cappello con visiera di colore bianco, che materialmente partecipava all’azione, sebbene non ricordo se colpisse o meno il mio amico, ed un altro ragazzo di età apparente di anni 25/30 di altezza 170 cm, di corporatura medio/magra con barba incolta rada, indossante un cappello di lana che sarei in grado di riconoscere.”
Un primo grave limite di tale dichiarazione è di carattere, per così dire, procedurale, mancando nel verbale la verbalizzazione delle domande che, evidentemente, venivano rivolte al *******{ACCUSATORE-RITRATTATORE} dagli ufficiali di P.G. Ciò impedisce di distinguere quanto ********{ACCUSATORE-RITRATTATORE} dichiarasse spontaneamente e quanto, invece, su impulso delle domande dei verbalizzanti.
E’ un difetto non di poco momento, posto che non consente di valutare la stessa genuinità del narrato, essendo a tutti noto quanto le domande ed il loro contenuto possano in realtà condizionare le risposte. A ciò si aggiungano le particolarità di questo testimone, che ha dimostrato nel corso di vari audizioni di essere assai mutevole a secondo appunto del contesto, dei soggetti interroganti, nonché del modo con cui le domande gli venivano poste.
Andando invece al contenuto letterale della dichiarazione, la prima considerazione che si può muovere a tale ricostruzione è la mancanza di qualsiasi specifica indicazione su quale condotta avesse in concreto tenuto l’individuo di colore.
Invero, il “partecipare materialmente all’azione”, è condotta che una volta privata del particolare che sarebbe stato più rilevante, ovvero il percuotere *******{presunta-vittima}, perché non impresso nella memoria del******{accusatore-ritrattatore}, appare del tutto generica, come tale inidonea a ritenere provata una qualsiasi responsabilità penale dell’individuo di colore (chiunque esso fosse) per il capo A) della imputazione. Si badi, infatti, che la condotta che è specificamente attribuita al sig. Minani nella contestazione accusatoria è il concorso materiale nei fatti, precisamente per essersi reso responsabile di aver “ripetutamente colpito” ********{presunta vittima}, in modo da cagionargli gravi lesioni.
Ed allora, se il ricordo delle percosse è mancante (come pare essere per ********{accusatore-ritrattatore} sin dalla sua prima dichiarazione, peraltro a distanza di poco tempo dai fatti), allora si dovrebbe stabilire con esattezza quale sia stata concretamente la condotta idonea a cagionare l’evento lesivo, richiedendosi sempre la rigorosa prova del contributo causale concorsuale (morale o materiale che sia) alla verificazione dell’evento.
E qui pare si possa già individuare un grave difetto della prova rispetto al capo di imputazione, posto che la descrizione della condotta di cui alla testimonianza ritenuta addirittura “decisiva” è del tutto diversa da quella contenuta nella formale incolpazione, per la quale Minani è stato condannato.
Si dovrà ragionare poi sulla peculiarità della carenza di ricordo di un particolare così rilevante, che avrebbe certamente dovuto attirare l’attenzione del *******{accusatore-ritrattatore} più di ogni altra.
Si può dunque iniziare a dubitare della teoria sostenuta dal Tribunale, secondo la quale la scelta di dare rilevanza “decisiva” alle dichiarazioni rese dal {accusatore-ritrattatore} la prima volta che è stato sentito è dovuta al fatto che esse avrebbero il pregio di essere state quelle più “fresche” e genuine, perché più vicine ai fatti, e dunque più precise.
Teoria che, a dire il vero, contrasta con quella seguita invece per la valutazione delle dichiarazioni di ******{presunta-vittima}, in base alla quale, invece, i ricordi più nitidi sarebbero emersi solo con il passare del tempo, come ci si allontanava dal giorno della sua aggressione.
In questo senso non si potrà non notare una palese contraddittorietà nella scelta dei criteri di valutazione della prova dichiarativa.
Ma il Tribunale, per dare conforto alla tesi dell’accusa circa la colpevolezza dell’imputato, non può agire diversamente rispetto ad un teste come {accusatore-ritrattatore}, rivelatosi, nel corso del tempo e nelle varie dichiarazioni rese, del tutto carente di credibilità.
Ciò è emerso, anzitutto, in sede di esame dibattimentale, il cui esito avrebbe dovuto interessare il Tribunale molto di più di quanto in realtà è avvenuto, quantomeno in un’ottica di raffronto e di eventuale valorizzazione delle divergenze con quanto dichiarato proprio nel verbale SIT del 12.4.2013.
Perché le divergenze ci sono, e sono evidenti e gravi.
3.2 Esame testimoniale di {accusatore-ritrattatore} del 16.4.2015 e dei verbali SIT acquisiti al fascicolo del dibattimento: comparazione e valutazione della relativa prova.
Anzitutto, sui momenti poco prima dell’aggressione e sulle cause scatenanti (trascr, pag. 78, 80-81, 82, 83):
TESTE {accusatore-ritrattatore}: – Perché per un po’ di tempo siamo stati sicuramente lì assieme, chiacchieravamo comunque tranquillamente tra di noi, è capitato poco dopo appunto lui aveva iniziato a… voleva disegnare, cosa che capita spesso a tutti quanti noi, e non trovando altri punti su Lui disegnare diciamo che appunto ha iniziato a farlo su dei fogli che c’erano attaccati ai muri.
TESTE ******** – Allora, le dimensioni… cioè inizialmente lui ha disegnato appunto su questi fogli, che io penso fossero degli A4 messi uno vicino all’altro.
PRESIDENTE – Ci dica quello che vede Lei.
TESTE ************ – È arrivato un ragazzo a chiedergli che cosa stesse facendo, in maniera, sì, un po’ alterata, ma… e lui… io ero lì vicino in quel momento, cioè in quel momento quando è arrivato questo ragazzo ero vicino a lui perché lui ha finito probabilmente anche di disegnare e per cui gli chiesi appunto che cosa stesse facendo, lui rispose appunto quello che vedeva e allora l’altro ragazzo probabilmente gli ha chiesto se sapesse cosa fossero quei fogli su cui aveva scritto e nel frattempo gli spiegò appunto fossero dei fogli su cui c’erano dei nomi dei compagni detenuti durante il periodo nella “No Tav” e *******{presunta-vittima}, da brillo che era, gli disse che a lui, da nichilista, non gli arrivava la cosa.
PRESIDENTE – Ha usato il termine nichilista?
TESTE *********** – Sì, ha usato il termine nichilista.
TESTE *********** – E quindi c’è stato un minimo contatto tra i due e partendo da quel contatto sono arrivate altre persone a soccorrere, vicini al compagno appunto.
P.M. – Lei ha parlato di contatto, cerchiamo di ricordare un po’ meglio che cosa è questo contatto e chi per primo ha contattato l’altro.
TESTE ************– Chi ha per primo contattato un altro...
P.M. – No, che in cosa innanzitutto è consistito, cosa vuol dire contatto?
TESTE ********** – Un paio di spinte.
P.M. – Chi ha dato le spinte a chi?
TESTE ********* – Entrambi uno all’altro.
PRESIDENTE – Lei si è messo in mezzo.
TESTE ********* – Sì, che non succedesse niente.
PRESIDENTE – L’hanno preso di peso e l’hanno portato fuori?
TESTE ********* – Sì, c’è stata un’azione confusa e poi è sicuramente partito qualche pugno e…
P.M. – Non ho sentito, Lei ha subito?
PRESIDENTE – È partito qualche pugno.
P.M. – Lui ha subito? non ho capito.
TESTE ******** – Sì, ma tutti quanti abbiamo cercato di sedare la cosa e quindi un pochino qualcosina abbiamo subito, ma non…
PRESIDENTE – Lei? Non usi il plurale, anche Lei ha preso qualche pugno?
TESTE ********* – Io sì, ho preso un pugno, va bè, ma…
Una preliminare considerazione, a prescindere dal contenuto delle dichiarazioni che a breve tratteremo: se fosse sostenibile la tesi del Tribunale circa la “frescezza” del ricordo a pochi giorni dal fatto, e dunque della maggiore attendibilità dello stesso, le circostanze qui indicate dal testimone avremmo dovuto leggerle nelle SIT del 12.4.2013. Qui infatti abbiamo, a distanza di due anni dai fatti, un narrato evidentemente molto più ricco di dettagli: le dimensioni dei manifesti, la precisa frase della dal ********{presunta vittima} con l’utilizzo di un termine molto specifico (“nichilista”), le spinte tra i contendenti, ed addirittura il pugno da lui stesso ricevuto.
Va inoltre posta particolare attenzione alla comparazione tra le due dichiarazioni.
I ricordi dettagliati riemersi al processo non solo sono mancanti nella verbalizzazione delle SIT del 12.4.2013. {accusatore-ritrattatore}, in quella sede, aveva fornito una versione apparentemente antitetica: egli aveva negato di essere stato presente alla prima fase del diverbio (lo si ricorda nuovamente: “Ad un certo punto dopo averlo perso per qualche attimo di vista, vedevo quest’ultimo circondato da un gruppo di circa venti persone che lo spingevano con forza fino a scaraventarlo fuori dall’Istituto”).
{accusatore-ritrattatore}, dunque, stando a quanto dichiarato (o verbalizzato) in sede di indagini, non poteva aver assistito a tutta la prima parte, che invece ha dettagliatamente descritto al Tribunale, perché aveva perso di vista il {******presunta-vittima}, per focalizzarlo soltanto quando la colluttazione era di fatto già iniziata, nell’atto di sospingerlo all’esterno.
Non si spiega perché avrebbe dovuto tacere ai carabinieri importanti particolari, uno fra tutti: quello di essersi messo lui stesso in mezzo tra gli aggressori e *********{presunta-vittima}, e di aver ricevuto addirittura un pugno. Ed in alternativa, qualora ne avesse fatto riferimento, non si spiega perché i carabinieri non avrebbero dovuto verbalizzarlo.
Da qui le prime, forti, perplessità sulla credibilità del teste ******{accusatore-ritrattatore}, ma anche sulla precisione della verbalizzazione in data 12.4.2013. Si tratta, come vedremo, di problema che emergerà nel corso del processo anche per altre circostanze, ancora più rilevanti, che avrebbe dovuto indurre il Tribunale alla massima cautela nella valutazione della prova.
Si tratta, in particolare, delle fasi immediatamente successive, quelle del pestaggio vero e proprio, soprattutto nel momento in cui ******{ presunta-vittima} dovrebbe essere già fuori dai locali dell’Università.
Qui le criticità in punto di valutazione della prova della impugnata sentenza sono ancor più evidenti e gravi.
Anzitutto, vanno segnalati alcuni importanti aspetti del racconto del *********, totalmente ignorati dal Tribunale in sentenza: (trascr. Pag. 86, 87-88):
TESTE********** – Quando sono uscito riuscito a uscire fuori ho visto delle persone, un numero molto più ristretto rispetto a quello che c’era prima, c’erano delle tante persone fuori, ma le persone che erano attorno a lui erano sicuramente inferiori, io non ho visto… cioè non ho visto e soprattutto non mi sono concentrato in quel momento sui volti delle persone, né all’interno del percorso e né all’esterno quando li ho visti attorno a lui perché la prima cosa che ho fatto quando ho visto queste persone attorno è stato mettermi in quel caso in mezzo, lui era a terra e c’erano delle persone comunque che lo prendevano a calci.
Ed ancora, una volta finita l’aggressione:
TESTE ********* – No, erano ancora lì vicino, però non stavano più colpendo, io sono andato lì e l’ho allontanato. In quel momento io non ho rivolto però lo sguardo alle persone che c’erano, io guardavo il signor **********{presunta-vittima} mentre appunto lo allontanavo e lui continuava a guardare le persone dietro al mie spalle e io in quel momento non ho guardato, cercavo solo di allontanarlo dal posto.
P.M. – Lei giustamente ha detto “non guardavo i volti”, era preoccupato, c’era uno stato di concitazione, però la domanda gliela faccio: all’epoca ha visto le sagome di queste persone? È in grado di ricordare qualcuno di questi che hanno partecipato al pestaggio o no?
TESTE *********** – Non avrei minimamente la certezza di una cosa del genere.
Neppure l’intervento del Presidente è risolutorio, anzi:
PRESIDENTE – Al di là del certezza ha qualche flash? Poi ci dirà il livello…
TESTE ********** – No, in quel momento lì non ho dei flash delle persone, delle sagome, la mia attenzione era concentrata su un buco in testa di una persona.
Comprensibile che ********{accusatore-ritrattatore} (se ne rende conto anche il P.M.), in fasi così concitate, con la preoccupazione di intervenire in soccorso dell’amico, non si fosse concentrato sui volti delle persone. E’ un meccanismo di selezione delle informazioni piuttosto comune in determinati contesti; anzi si può affermare, senza seri rischi di smentita, che si tratta di ciò che succede nella maggior parte dei casi di particolare caos emotivo e sensoriale, in cui l’attenzione si concentra solo sugli aspetti della scena percepiti come più cruenti e pericolosi.
Meno comprensibile che egli – a fronte di questa credibile ammissione – avesse fornito a distanza di due mesi dai fatti una descrizione piuttosto dettagliata di uno di loro (colore della pelle, struttura fisica, cappellino bianco!), quello con cui, subito dopo, avrebbe avuto una accesa discussione.
Ed infatti, il Pubblico Ministero, anche lui comprensibilmente (si badi che l’indagine e la tesi di accusa si fondano quasi esclusivamente sul riconoscimento effettuato da **********{accusatore-ritrattatore}il 12.4.2013), non può che contestare tale grave divergenza (trascr. Pag. 89):
P.M. – Lei ricorda di aver fatto una descrizione di alcune persone che aveva visto all’epoca ai Carabinieri?
TESTE ********* – Sì, certo.
P.M. – Non ricorda più la descrizione di queste persone, gliela devo leggere? Prima le chiedo se ricorda.
TESTE ********* – Anche la descrizione credo di ricordarla.
P.M. – Allora faccia la descrizione, infatti la domanda che le ho fatto…
TESTE ************ – No, Lei non mi ha fatto quella domanda, Lei mi ha fatto una domanda se ho visto quelle persone al momento dell’aggressione, io questo persone le ho viste quando sono tornato a chiedere perché nel momento che io ho allontanato... io ho allontanato il signor ******{presunta vittima} e ho chiesto al signor******{colui che era presente e mai accusa-riconosce} di portarlo al Pronto Soccorso, io sono tornato lì per chiedere chi cazzo fosse stato, sono tornato lì per chiedere chi cazzo fosse stato perché mi stava sul cazzo, scusate.
Si capisce, da questa risposta, che il ricordo della persona descritta sin dalla prima dichiarazione ai carabinieri è relativo non alla specifica fase dell’aggressione, ma a quella immediatamente successiva, che si apre quando l’aggressione si era ormai conclusa: in particolare nel momento in cui ******{accusatore-ritrattatore} si era rivolto ad un gruppo indistinto di persone nei paraggi per sapere chi fosse stato a percuotere il suo amico.
Ed è questo il dettaglio determinante: egli in realtà non sapeva chi fossero gli autori, non aveva visto in viso nessuno, e di conseguenza aveva chiesto spiegazioni su chi fosse il responsabile. E’ logico pensare che se lo avesse individuato in qualcuno dei presenti la domanda, evidentemente, non avrebbe avuto alcun senso, ben potendo rivolgersi direttamente allo stesso.
La verbalizzazione delle SIT del 12.4.2013 è diversa, tanto che il Pubblico Ministero la contesta (trascr., pag. 89), ottenendo risposte davvero poco convincenti:
(trascr., pag. 90) TESTE************{accusatore-ritrattatore} – Posso capire di averlo detto e capisco possa essere verosimile, soltanto che adesso io non ho la stessa lucidità, sono passati due anni, per ricordare questa parte qua.
(trascr. Pag. 92) TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Che quella cosa io l’abbia detta, se qualcuno l’ha scritto devo averlo detto, cioè se qualcuno l’ha scritto, al tempo stesso appunto so… la certezza che ho adesso, passati due anni, è su altre cose, quello non ho sicuramente la…
PRESIDENTE – Non ha certezza, quindi non si sente in grado di dire che se lo ricorda perché oggi Lei non ha certezza, è così o no?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Effettivamente la parte qua che lui ha letto che la persona viene portata, cioè che ricordo nitidamente le facce prima, io questo non ricordo oggigiorno.
La “parte qua”, per inciso, sarebbe la più importante, quella che ************{accusatore-ritrattatore} avrebbe dovuto ricordare meglio, certamente in maniera più viva rispetto, ad esempio, alle dimensioni di un manifesto o alla parola detta dall’amico, visto che, sin da subito, sembra che egli si fosse reso ben conto della gravità dell’accaduto, tanto da provocare in lui, anche in udienza, un moto di forte rabbia.
************{accusatore-ritrattatore}, invece, al processo è stato molto deciso nel negare di aver visto il volto degli aggressori, lo ha ribadito più volte.
Ora, la spiegazione all’apparente contraddizione rispetto al verbale potrebbe essere riconducibile ad un equivoco avvenuto in sede di verbalizzazione sommaria delle sue dichiarazioni. Egli, in quella occasione, ha descritto, perché ha detto di ricordare bene, la persona con la quale avrebbe avuto il diverbio subito dopo i fatti, perché si era trovato “faccia a faccia”, quando appunto chiedeva lumi su chi fosse il responsabile:
(trascr., pag. 93) P.M. – Lei ha descritto questa persona come presente, va bene? oggi non è più sicuro che questa persona abbia partecipato all’aggressione, ho capito bene?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Alla parte iniziale dell’aggressione, sì, non ricordo quella parte…
PRESIDENTE – Alla parte iniziale o…?
P.M. – O all’aggressione, vorrei capire cosa ha fatto questa persona, ce lo chiarire. Quello che Lei ha detto prima ha un’importanza relativa, cerchi di ricordare ciò che è accaduto parlando col Giudice.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore}– Allora, quando sono tornato a chiedere chi fosse stato…
PRESIDENTE – Mi guarda un po’ in faccia, perché guarda sempre il muro mentre parla?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Perché cerco di ricordare, posso cercare di guardarla. Allora, quando sono tornato appunto a chiedere chi fosse stato appunto la prima persona che mi si è fatta incontro è la persona che poi appunto ho descritto, con cui mi sono trovato a confrontarmi faccia a faccia, entrambi arrabbiati ognuno per il suo motivo, io avevo quello, quello che avevo visto è la faccia della persona che conosco, quindi *******{presunta vittima}, tornando la cosa che volevo fare era almeno capire appunto cosa fosse successo, chi fosse stato, ovviamente non mi è stato detto chi fosse stato, nel senso nessuno mi ha dato “è stato lui” o “sono io” o che cosa. Sono rimasto lì a confrontarmi ancora con questa persona, con tutte le persone che avevo attorno, assieme, vicino a me probabilmente c’era anche ********{accusatrice ritratatrice} ma io non lo consideravo in quel momento, ero abbastanza preso e quindi…
Dunque, la dinamica dell’accaduto, stando al processo di elaborazione del ricordo di ********{accusatore-ritrattatore}, è chiara: egli non ha attribuito una responsabilità per l’aggressione alla persona con la quale ha avuto il diverbio, che effettivamente egli assume di ricordare, descrivendola nelle fattezze sia ai carabinieri verbalizzanti che in udienza. Lo ricorda, ricorda le sue sembianze, non perché facente parte del gruppo degli aggressori, ma perché entra in contrasto con lui.
Da questa ragionevole constatazione si deve partire per spiegare le divergenze emerse in corso di istruttoria.
Ed infatti, a dimostrazione di ciò, il teste è ancora più chiaro a domanda successiva:
(trascr., pag. 94) PRESIDENTE – Ma perché si è rivolto a questa persona? Era lì da sola in mezzo alla piazza?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – No, non era lì in… perché è quella che, nel momento in cui ho chiesto chi fosse stato, è la prima persona che mi è venuta a fronteggiare.
PRESIDENTE – Perché è venuto lui incontro a Lei?
TESTE *********** – Sì, in gergo, a farmi brutto.
************{accusatore-ritrattatore}non lo aveva individuato per averlo ricordato tra gli aggressori dell’amico, ma soltanto perché era la prima persona che gli veniva di fronte. Non vi è alcuna reale sovrapposizione visiva tra due volti, quello di un aggressore e quello di Minani.
In questo senso può essere spiegato anche il riconoscimento fotografico effettuato nella medesima data del 12.4.2013 subito dopo le SIT, richiamato nell’esame del Pubblico Ministero. Tale riconoscimento è stato effettuato dal ************{accusatore-ritrattatore} sulla base della persona con la quale era entrato in contrasto successivamente ai fatti, e non sul presunto aggressore.
(tascr. Pag. 110) P.M. – Guardi lentamente le fotografie, si prenda tutto il tempo che le occorre e dica se riconosce qualcuno delle persone che erano presenti quel giorno.
PRESIDENTE – Quelle con cui ha parlato, quelle con cui si è confrontato, ha detto Lei.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Le due persone sotto cui c’è firma, sì.
PRESIDENTE – Lei li riconosce a prescindere dal fatto…?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, a parte la firma, certo, sì.
PRESIDENTE – Lei ha giurato…
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, sì, li riconosco.
PRESIDENTE – È vero?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, cioè le riconosco come quelle due persone che ho menzionato.
PRESIDENTE – Ma quelle con cui Lei si è confrontato?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, quelle due persone con cui mi sono confrontato, come si è confrontata *******{accusatrice- ritrattatrice} o quelli…
L’individuazione fotografica, dunque, come chiaramente e senza tentennamenti ha riferito ************{accusatore-ritrattatore}, è relativa esclusivamente alle persone con le quali “si confronta” dopo la conclusione dell’aggressione.
A dirimere definitivamente qualsiasi residuo dubbio è un’altra dichiarazione del ************{accusatore-ritrattatore}, resa alla P.G. ed al P.M. in data 16.10.2013, in cui chiarisce in maniera definitiva l’errore, o l’equivoco, della prima verbalizzazione.
Si tratta di un fatto di straordinaria importanza, liquidato in sentenza con troppa superficialità.
************{accusatore-ritrattatore}, infatti, veniva sentito nuovamente nella data appena indicata, anche con l’intervento del Pubblico Ministero. Tale circostanza è degna di nota perché, stranamente, nonostante la sua presenza fisica nel corso delle ultime sommarie informazioni di ************{accusatore-ritrattatore}, il Pubblico Ministero ha formulato le numerose contestazioni al teste ************{accusatore-ritrattatore} solo sulla base del primo verbale, e non sull’ultimo, che invece,assume importanza risolutiva, per aver il ************{accusatore-ritrattatore} escluso con fermezza che tra gli aggressori vi fosse Minani.
Ovviamente, non si può qui non farne integrale richiamo: (trascr., pag. 136):{avvocato difesa imputato legge la RITRATTAZIONE}
AVV. STRAINI – “Confermo quello che ho dichiarato in questa sede, al giorno d’oggi – ottobre – posso specificare che l’azione del gruppo di 20 persone che portavano fuori *******{presunta vittima} è avvenuta in maniera concitata all’incirca in un arco di dieci secondi. Io mi sono solo preoccupato di seguire – quello che poi ha detto oggi – di aiutare il mio amico e come ho detto prima non mi sono soffermato per vedere i volti delle persone che lo hanno aggredito.
Per tali ragioni non posso affermare di aver visto Di Renzo e neppure Minani partecipare all’accompagnamento verso l’esterno e al pestaggio del ********{presunta -vittima}”.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Mi pare questo di averlo…
AVV. STRAINI – Lo conferma?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, mi pare…
AVV. STRAINI – Lei ha detto la verità in questa occasione?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, certo.
E’, in effetti, ciò che ************{accusatore-ritrattatore} cerca di affermare sin dalle prime risposte in sede di esame del P.M.: egli non può ricordare i volti che non riesce a focalizzare, perché giustamente e comprensibilmente la sua attenzione è concentrata su altro.
Ma egli spiega, in sede di sommarie informazioni, quale potrebbe essere stato l’errore nella prima verbalizzazione, errore che egli riconosce immediatamente, perché anche in quella sede, gli vengono mostrate le precedenti dichiarazioni, e contestata la divergenza.
{avvocato difesa imputato,continua a leggere RITRATTAZIONE}
(trascr., pag. 137) AVV. STRAINI – Attenzione, non è finito. “Il contrasto tra le dichiarazioni potrebbe spiegarsi con fatto che la presente verbalizzazione mi pare molto più attenta a ricostruire i dettagli delle varie fasi e ruoli rispetto alle precedenti, inoltre è una verbalizzazione meno vicina agli aventi. Ricordo anche che ero molto sotto pressione e agitato perché si trattava della prima verbalizzazione in via mia – si riferisce alla verbalizzazione dai Carabinieri – per cui mi sono anche affidato integralmente alla verbalizzazione libera del redattore, infatti anche per la voglia di abbandonare – qui c’è scritto abbondare – rapidamente la Caserma mi è stato offerto di rileggere il verbale prima della sottoscrizione, ma io ho detto che mi fidavo e così ho firmato e me ne sono andato”, Lei conferma queste dichiarazioni?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì.
PRESIDENTE – E allora perché quando le abbiamo contestato e le abbiamo fatto delle domande Lei non ci ha detto subito queste cose? Lei sta facendo perdere del tempo a tutti.
Lo stesso Tribunale, come si intuisce, non si accontenta di questa contestazione, avente ad oggetto una divergenza che, evidentemente, mette in crisi tutta la costruzione accusatoria, ed incalza con fermezza il testimone.
Il conseguente scambio di domande e risposte è, questo sì, decisivo per la definitiva frantumazione della prova a carico del Minani: (trascr., pag. 138-139):
PRESIDENTE – Ma Lei doveva dirmi, gliel’ho chiesto venti volte “Giudice, io non lo sapevo dall’inizio” perché se questa era la verità, perché altrimenti, guardi, io non lo so,ma non so più se Lei dice la verità o no.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Semplicemente è stato davvero un muoversi verso una verità per farmi quattro verbali già c’è stato un movimento verso una verità sicuramente.
PRESIDENTE – Ma non me ne frega niente del movimento verso la verità, io voglio sapere, glielo chiedo per l’ennesima volta, se Lei è in grado in coscienza di dire “ho visto quelle due persone già all’inizio, poi non sono sicuro al 50, al 100” oppure no...
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Ho già detto no, ma più volte ho già detto che non…
PRESIDENTE – …io glielo chiedo e la prego di dirmi la verità perché noi dobbiamo decidere.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Ho detto più volte di non aver visto queste persone, oggi in questa su sede ho detto di non aver visto queste persone nel momento in cui venivano trasportate.
PRESIDENTE – Quindi Lei ci conferma che non li ha identificati nel momento iniziale…
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Ma dopo, in un momento seguente.
PRESIDENTE – …ma Lei conferma tutto quello che ha detto relativamente alla fase finale, a quando Lei porta via il suo amico e poi va a confrontarsi.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore}– È quello che ho cercato di dire tutto il tempo.
Qui ************{accusatore-ritrattatore} rivela e ribadisce con ancor maggiore precisione ciò che si è cercato di spiegare prima, ovvero che la identificazione non riguardava il momento dell’aggressione, durante la quale non è stato in grado di focalizzare le fattezze fisiche di persona alcuna, ma un momento successivo, quello del diverbio con altre persone, certamente presenti, ma di cui egli non ha potuto affermare che fossero direttamente coinvolte nell’evento di poco tempo prima.
Sono ben due, dunque, le fasi procedimentali in cui ************{accusatore-ritrattatore} afferma questo: una, quella dibattimentale, dovrebbe essere, vista la scelta del rito, quella determinante.
Invece per il Tribunale non lo è, prediligendo una dichiarazione resa in un verbale di sommarie informazioni a cui segue, peraltro, un altro di contenuto antitetico.
Ed è questo che non può essere accettato dell’iter motivazionale della impugnata sentenza: il modo con cui il Tribunale supera un impasse probatorio che, all’evidenza, è insuperabile, valorizzando unicamente le dichiarazioni, sommarie, sintetiche, prive delle preventive domande, e di fatto sconfessate più volte dallo stesso dichiarante, sol perché rese in epoca prossima ai fatti.
Il fatto che vi sia stata l’acquisizione al fascicolo del dibattimento non può, di per sé, giustificare la loro piena utilizzazione a fini di prova, dimenticando così che sulle medesime circostanze vi è stata una sorta di precisazione-ritrattazione in altro verbale e, soprattutto, in dibattimento. Non si potrà non notare che, nel caso in esame, l’acquisizione del verbale SIT del 12.4.2013 era evidentemente finalizzata – come si evince dal verbale di udienza in forma integrale – allo scopo di valorizzare le contraddizione del testimone, ed al più per valutare la credibilità dello stesso, visto che tale acquisizione ha riguardato anche quello del 16.10.2013.
Non è ammissibile, e va qui fortemente censurato, il ragionamento e le modalità che invece segue il Tribunale per superare la prova acquisita in dibattimento, attraverso una iper-valorizzazione di dichiarazioni acquisite senza alcun contraddittorio da ufficiali di P.G., in un verbale che appare inspirato alla sommarietà e sinteticità più che all’approfondimento.
Non è invero possibile dimenticare che un processo è avvenuto, che nel processo il presunto testimone oculare ha fatto importanti dichiarazioni a discarico, che queste dichiarazioni erano state precedute da altre di analogo tenore in fase di indagini.
La citata iper-valorizzazione di un verbale di sommarie informazioni, a tutto discapito di quanto emerso in istruttoria, finisce per svilire il valore del dibattimento e lo stesso principio del contraddittorio, che invece il Tribunale – durante il processo – sembra voler valorizzare (qui è il Presidente, in uno dei numerosi interventi: “Siccome io non so niente, cerco solo di rendere il dibattimento una cosa reale visto che c’è scritto nei sacri testi che è qui che si forma la prova, non è un giochino il dibattimento e quindi voglio capire, tutto lì. Ma naturalmente le ridò la parola, chiedo scusa se ho interferito” (trascr., pag. 97).
La soluzione adottata dal Tribunale per la condanna del sig. Minani appare invece in netto contrasto con il principio espresso nei “sacri testi” della formazione della prova in dibattimento, attraverso il contraddittorio delle parti, in ossequio al principio di oralità.
Oralità significa, anzitutto, prevalenza del discorso parlato rispetto lo scritto, e la scelta di sostituire, di fatto, i risultati probatori di un ampio e approfondito esame e contro-esame con un verbale SIT di poche righe, facendo cadere su di esso tutto il peso della prova dichiarativa, ritenuta addirittura decisiva per la condanna dell’imputato, non può che portare ad un concreto svilimento proprio dei “sacri testi” e dei “sacri” principi in essi contenuti.
Anche la spiegazione circa la ritrattazione del ************{accusatore-ritrattatore} nelle dichiarazioni confluite nel verbale del 16.10.2013, lascia, a chi scrive, parecchie perplessità.
E’ evidente che il problema della ritrattazione il Tribunale se lo pone; non se ne può sottrarre, in realtà, perché è un problema ingombrante, certamente idoneo a destituire di dignità, se non altro, la credibilità del ************{accusatore-ritrattatore}.
Secondo il Tribunale, dunque, le spiegazioni offerte dal ************{accusatore-ritrattatore} per giustificare la sua ritrattazione non sarebbero “convincenti”, perché, da un lato, sarebbe indimostrata la situazione di agitazione e di pressione patita dal dichiarante in occasione delle prime SIT; dall’altro, parimenti indimostrato, sarebbe il profilo di una verbalizzazione più attenta.
Si tralascia, sbagliando, il fatto che lo stesso ************{accusatore-ritrattatore} aveva anche affermato di non aver riletto la propria dichiarazione prima di sottoscriverla. Circostanza, questa, non esattamente marginale.
Ebbene, non potendo sondare l’animo del ************{accusatore-ritrattatore} in occasione del primo verbale, qui si può solo ritenere che tale condizione psicologica ci fosse, anche perché egli si trovava per la prima volta nella sua vita ad essere interrogato su fatti di una certa rilevanza da ufficiali di P.G. in una caserma di carabinieri.
Quanto alla verbalizzazione “più attenta”, essa certamente c’è stata in occasione delle dichiarazioni rese in data 16.10.2013: basti considerare la durata (circa quattro ore) dell’audizione, ed il fatto che in questo caso le domande sono state esplicitate. Peraltro, essendo la terza dichiarazione resa su medesimi fatti, essa è necessariamente stata più approfondita e più interessata a specifici aspetti della vicenda, con l’intervento diretto del Pubblico Ministero.
In ogni caso, non è assolutamente riscontrato ciò che il Tribunale scrive in sentenza in relazione alle spiegazione delle giustificazioni che ************{accusatore-ritrattatore} offre per spiegare la diversità delle proprie dichiarazioni: “è ben possibile che ************{accusatore-ritrattatore} abbia cercato di giustificare le lacune della propria memoria, inizialmente puntuale e precisa, con spiegazioni legate al contesto in cui erano state rese le dichiarazioni del 12.4.2013”. ************{accusatore-ritrattatore}, in realtà, non sembra avere grosse lacune di memoria, stando a quanto dichiarato in dibattimento, posto che ha riportato diverse circostanze con dovizie di particolari.
A prescindere da queste evanescenti spiegazioni, dettate dalla difficoltà oggettiva di motivare la scelta di una piuttosto che di un’altra dichiarazione, ciò che qui deve trovare decisa stigmatizzazione è l’operazione di selezione in se stessa.
Per essere chiari sul punto: l’errore in cui cade il Tribunale è proprio il voler dare valore ad una specifica dichiarazione, peraltro formata fuori dal dibattimento, tralasciando le altre rese dal medesimo dichiarante; prediligendo, nella fattispecie, quella più confacente alla ipotesi d’accusa.
Di fronte a versioni discordanti su punti essenziali del fatto – come lo è il profilo che tocca la stessa partecipazione dell’imputato all’aggressione ed il conseguente giudizio di responsabilità – occorre prendere in considerazione anzitutto la credibilità complessiva del testimone, problema che, sotto tale profilo, non è stato minimamente toccato dal Tribunale.
Se si volesse partire dalla constatazione che non sono affatto convincenti le spiegazioni che ************{accusatore-ritrattatore} ha offerto al Tribunale circa il mancato riconoscimento degli imputati sia il 16.10.2013 che in dibattimento, la logica conseguenza che se ne dovrebbe trarre è che si tratta di testimone non convincente, ed allora ad esso non si potrà credere mai, soprattutto quando l’oggetto della discrasia è il tema principale dell’accusa.
Se invece fosse ritenuto credibile, come il Tribunale afferma in sentenza, si deve credere a quanto egli ha dichiarato in dibattimento sulla mancata individuazione del Minani, dove la prova si è formata con procedure e garanzie molto più confortanti di una verbalizzazione avanti degli ufficiali di P.G.
Dovrebbe infatti essere riconosciuta maggiore dignità ad un acquisizione probatoria avvenuta con un sistema che assicura un contraddittorio pieno tra accusa e difesa, e soprattutto un Giudice terzo che garantisce il rispetto delle regole, certamente da prediligere ad informazioni che per espressa denominazione codicistica si definiscono “sommarie”, come tali dotate di minore efficacia rappresentativa e dimostrativa, perché acquisite con forme meno attente.
Ed è esattamente questo ciò che intende ************{accusatore-ritrattatore} quando ha tentato di spiegare la incongruenza delle sue dichiarazioni rese nelle varie sedi: la prima verbalizzazione è stata molto “sommaria”, non riletta, e non ha tenuto conto di alcuni particolari che invece emergeranno con un analisi più penetrante delle sue effettive conoscenze.
Dunque, il Tribunale, nel selezionare a fini di prova le sole dichiarazioni a SIT del 12.4.2013, sbaglia due volte: la prima, per aver omesso un valutazione complessiva delle dichiarazioni del ************{accusatore-ritrattatore}, ed in particolare della sua testimonianza in sede processuale anche con riferimento alle precisazioni rese a SIT il 16.10.2013; la seconda, perché in questa operazione di selezione, predilige le dichiarazioni meno attendibili, per i vizi di sommarietà, imprecisione, genericità, di cui si è ampiamente trattato.
Ragionando diversamente, si dovrebbe arrivare alla conclusione che ************{accusatore-ritrattatore} abbia voluto dare versioni differenti su punti fondamentali delle sue dichiarazioni consapevole di ciò, dunque affermando il falso, quantomeno nel verbale del 16.10.2013.
Ciò comporterebbe, inevitabilmente, la mancanza di credibilità del testimone, con tutte le conseguenze del caso, ed in prima battuta la estromissione a fini di prova di tutte le sue dichiarazioni e non solo di alcune di esse.
3.3 Il problema della credibilità del testimone ************{accusatore-ritrattatore} anche con riguardo al capo b) della imputazione.
Sotto il profilo della credibilità, il teste ************{accusatore-ritrattatore} effettivamente qualche problema lo pone, e non solo sulle divergenze intrinseche tra le stesse sue dichiarazioni, ma anche con riferimento alle discrasie rispetto ad altre testimonianze.
Quelle che certamente assumono maggiore spessore ed interesse sono le versioni discordanti su quanto accaduto in occasione dell’arrivo della pattuglia dei carabinieri, ed in particolare sul momento della identificazione del ************{accusatore-ritrattatore}.
(trascr., pag. 100-101)
PRESIDENTE – Ha detto che non l’ha vista arrivare, ad un certo punto ha visto i Carabinieri e quel momento quell’altro gli ha messo la mano sulla spalla.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, così, poco prima mi aveva già messo una mano sulla spalla per allontanarmi dalla scena, probabilmente perché aveva visto invece che arrivava…
PRESIDENTE – Le aveva appena messo una mano sulla spalla dicendo “la risolviamo”.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, e dicendo anche questo, se non sbaglio dicendo anche questo ai Carabinieri stessi che la stavano risolvendo tra di noi. Io, non avendo poi idea di cosa fosse successo ancora, al momento non ho poi detto niente, nel senso che…(trascr. Pag. 120-121)
AVV. LACCHIN {parte civile}– Arrivano i Carabinieri, Lei viene accompagnato assieme a questa persona di colore, che poi è stata identificata, presso l’autovettura. In quella circostanza i Carabinieri a Lei personalmente chiedono cosa è accaduto?
TESTE *******{accusatore-ritrattatore} – No.
AVV. LACCHIN – Quindi non le chiedono cosa è accaduto?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Cioè adesso… è stato chiesto ad entrambi cosa è accaduto e la risposta pronta io non ce l’ho avuta e quindi…
AVV. LACCHIN – Quindi è stato chiesto ad entrambi e chi ha risposto dei due?
TESTE ************{accusatore-ritrattatore}– Ha risposto il ragazzo.
AVV. LACCHIN – Quindi la persona di colore ha risposto…
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – Sì, stavamo risolvendo tra di noi che era tutto tranquillo, che stavamo risolvendo tra di noi la cosa.
AVV. LACCHIN – E Lei non ha detto niente.
TESTE ************{accusatore-ritrattatore} – No.
I carabinieri che avevano proceduto al controllo ed alla identificazione, sentiti al processo, hanno fornito una versione radicalmente divergente:
(trascr. Testimonianza ***{carabiniere } del 16.4.2015, pag. 9
P.M. – Lei ha visto questo gesto, questa postura dell’uno che cingeva l’altro, si sono rivolti poi a voi, dicevano qualcosa tra loro, vi spiegavano qualcosa, che succede?
TESTE ***{carabiniere } – Io ricordo che entrambi…
P.M. – E qual è il momento preciso in cui Lei ha visto Kalisa {2° nome imputato} cingere **********{accusatore-ritrattatore}?
TESTE ***{carabiniere } – Una volta che mi ero avvicinato, prima di parlare, ricordo che entrambi cercavano di rassicurare sul fatto che non era successo nulla e che erano sorpresi, come mai eravamo stati chiamati lì.
PRESIDENTE – Entrambi?
TESTE ***{carabiniere } – Entrambi, sì. Poi, ripeto, vidi avvicinare gli altri e portai Kalisa{2°nome imputato} e *******{accusatore-ritrattatore } all’autovettura di servizio per identificarli, per scrivere le loro generalità sull’ordine di servizio, sul modello che utilizziamo appunto per l’identificazione delle persone.
PRESIDENTE – Ma Lei ha detto che loro si meravigliavano, erano loro due che si meravigliavano...
TESTE***{carabiniere } – Esatto.
PRESIDENTE – ...o qualcun altro?
TESTE***{carabiniere } – Esatto.
PRESIDENTE – Si meravigliavano perché dice così, perché hanno fatto domande che destavano meraviglia? Vi ha detto “ma che cosa siete qui a fare? come mai siete qua?”
TESTE***{carabiniere } – Più che altro cercavano di farci capire che era successo qualcosa, perché di fatto confermavano che c’era stata una lite…
PRESIDENTE – Lei non mi deve dire le due opinioni e le impressioni che Lei ha avuto, Lei ci deve dire che cosa hanno detto loro, che cosa hanno chiesto, che cosa hanno detto, poi noi faremo le nostre valutazioni su questo.
TESTE***{carabiniere } – Entrambi dicevano “come mai siete venuti qui?”, che non c’era più bisogno che noi eravamo lì.
PRESIDENTE – Vi ha detto “non c’era più bisogno che venivate”?
TESTE***{carabiniere } – Sì, però nel dettaglio non ricordo chi dei due.
P.M. – Vi hanno parlato di una lite che c’era stata?
TESTE***{carabiniere } – Sì, effettivamente confermavano la lite.
PRESIDENTE – Chi, loro due?
TESTE ***{carabiniere } – Loro due.
Addirittura il testimone ha ricordato anche il tono di queste domande da parte del ********{accusatore-ritrattatore}, che non pare essere quello di persona vittima di un condizionamento da minacce o, comunque, di soggezione psicologica.(trascr. pag. 18)
AVV. STRAINI – Lei li ha descritti come arroganti.
TESTE ***{carabiniere } – Sì, quando sono arrivato in tono arrogante ci chiedevano come mai eravamo arrivati lì.
PRESIDENTE – Cosa vuol dire in tono arrogante? Vuole decidersi a parlare come parliamo tutti i giorni a dirci esattamente come vi hanno accolto?
TESTE ***{carabiniere } – In modo scorbutico, signor Giudice.
PRESIDENTE – Che vuol dire “cosa siete venuti a fare?”
TESTE ***{carabiniere } – Sì, esatto.
PRESIDENTE – Ma non lo faccia dire a me, perché lo deve dire Lei, ha capito che qui deve essere preciso.
TESTE ***{carabiniere } – Pensavo di essere stato preciso prima.
PRESIDENTE – Non abbastanza.
TESTE ***{carabiniere } – Spero di essere preciso ora. Quando sono arrivato, in tono arrogante cioè gesticolando e in tono scocciato, non so come dire, loro mi chiedevano come mai eravamo arrivati lì e cosa volevamo. Quando venivano accompagnati in macchina per l’identificazione i due mi sembravano agitati, il tono arrogante, non lo so, mi sembravano agitati, non erano più…
*********{accusatore-ritrattatore}, dunque, ha tentato di convincere il Tribunale che egli avesse mantenuto un atteggiamento totalmente passivo, quasi di sottomissione a chissà quale pressione psicologica, peraltro mai esplicitata in forma di minaccia. Evidentemente si tratta di ricordo anche questo alterato, o dichiarazione falsa, perché il verbalizzante è stato più che esaustivo nel ribadire che *********{accusatore-ritrattatore} era intervenuto attivamente al controllo, addirittura con tono “arrogante”, e comunque “scocciato”.
Su questo è opportuno soffermarsi, perché è fondamentale per la contestazione di cui al capo B) della imputazione, ovvero la violenza privata commessa proprio ai danni di *********{accusatore-ritrattatore} (e *****{Accusatrice-ritrattatrice}) da Miniani, attraverso una precisa condotta con specifica finalità: violenza e minaccia allo scopo di intimidire *********{accusatore-ritrattatore} (e *****{Accusatrice-ritrattatrice} e “costringerli a non denunciare o comunque riferire ai Carabinieri giunti sul posto autori e modalità della aggressione e delle lesioni subite da ******{presunta vittima} e*******{chi era con lui e mai accusa-riconosce}”.
Quindi, la domanda da porsi è: quali sarebbero state le violenze, e quali le minacce, a carico del *********{accusatore-ritrattatore}. Ma non solo: se mai ci fossero state, esse avevano quella finalità descritta nel capo di imputazione?
Domande che il Tribunale, nella impugnata sentenza, non si pone, dando per credibili le dichiarazioni di *********{accusatore-ritrattatore}, anche per i presunti riscontri con le dichiarazioni di ********{accusatrice-ritrattatrice} e ***** (che, come vedremo in seguito, non ci sono).
Ma cosa ha riferito *********{accusatore-ritrattatore} in dibattimento, su questo specifico punto? Anzitutto ha mentito, o non ha ricordato, sul proprio comportamento alla presenza dei carabinieri, che non è stato affatto silente, come ha inteso far credere nella sua testimonianza per avvalorare la tesi della soggezione psicologica agli imputati.
In questo senso *********{accusatore-ritrattatore} contraddice se stesso, come spesso è accaduto, perché inizia col dire che il confronto/scontro con la persona con la quale, per prima, ha avuto modo di parlare in quella occasione è avvenuto in una condizione di parità quanto ad aggressività:
(trascr. testimonianza *********{accusatore-ritrattatore}, pag. 95)
P.M. – Questo ragazzo di colore, corpulento, col cappellino, questo qui?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, è questa persona qua. Mi sono trovato a confrontarmi. Nel frattempo io cercavo di spiegare, in maniera sicuramente con toni anche aggressivi, però non… senza… se non fronteggiare fisicamente, senza muovere però un dito nei confronti di nessuna persona, sostenevo appunto… ho sicuramente usato anche delle parole forti anch’io nei confronti di queste persone dando… cercando… più che altro criticando molto la situazione in cui avveniva una cosa del genere all’interno di un edificio utilizzato per altro e dove…
PRESIDENTE – Ma si rende conto? uno fa un’azione, avrà uno scopo, dirà qualcosa, vi incontrate, vi guardate in faccia, Lei incazzato e lui incazzato?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, erano due…
PRESIDENTE – E non parlate?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – No, abbiamo parlato…
PRESIDENTE – E allora dica che cosa dice Lei e che cosa dice lui, il senso.
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Questo non l’ho mai…
PRESIDENTE – Il senso, non le sto chiedendo le parole.
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Il senso… erano due atteggiamenti aggressivi, a parole aggressivi ognuno nei confronti dell’altro, nel senso che io sostenevo…
PRESIDENTE – Lei aggredisce lui verbalmente, lui aggredisce Lei?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, esatto.
PRESIDENTE – A parole, vi dite parolacce?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, appunto è verosimile che ci siamo insultati.
Questo ragazzo, a dire del *********{accusatore-ritrattatore}, gli avrebbe poi assestato alcuni calci e gli avrebbe rivolto una frase del seguente tenore:(trascr. pag. 97)
P.M. – Ricorda la frase precisa che le ha detto quando si è rivolto a Lei?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Appunto quella più precisa è di andarmene a casa finché facevo anch’io in tempo a tornare sulle mie gambe mi pareva fosse questo.
PRESIDENTE – Abbiamo altro da contestare?
P.M. – Sì, gliela ufficio perché non è proprio identica: “Venivo immediatamente aggredito verbalmente da un ragazzo di colore, che mi intimava di allontanarmi con queste parole: «Vai via che il tuo amico è già fortunato a tornarsene a casa con le gambe»”.
In realtà, su chi fosse stato a pronunciare questa frase c’è, come sempre, massima confusione da parte del *********{accusatore-ritrattatore}: (trascr. pag. 98)
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Ricordo appunto un’altra persona che aveva un atteggiamento, un tono altrettanto aggressivo.
P.M. – In che cosa è consistito questo atteggiamento aggressivo, che cosa le ha detto?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sempre una minaccia simile a quella che ho riferito, adesso appunto chi ha riferito una, chi ha riferito l’altra io non lo ricordo questo ora, eppure c’erano queste due persone che si riferivano a me in maniera più aggressiva delle altre, tant’è che le altre non le ho in mente, non ho in mente nessuna faccia, quelle due persone mi sono rimaste in mente le facce perché si sono rivolte a me in maniera più aggressiva di tutti gli altri.
P.M. – Ma cosa volevano con questo atteggiamento aggressivo, che cosa le ha intimato di fare? non ho capito.
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – L’abbiamo detto prima mi pare, di andarmene…
P.M. – Anche quest’altro ragazzo?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore}– Una frase era di andare a casa e tornare sulle proprie gambe, forse riferita a ******** se non sbaglio da questo altro ragazzo, forse andò così e dissi già allora che andò così e l’altra è la frase invece che abbiamo detto appunto prima.
A prescindere dal fatto che *********{accusatore-ritrattatore} non ricordi l’esatto contenuto di queste ipotetiche frasi minacciose, né chi le avesse pronunciate, tantomeno a chi fossero indirizzate, ciò che assume decisiva importanza ai fini della imputazione di violenza privata è la mancanza di una qualsiasi intimazione al silenzio nel momento in cui si erano presentati i carabinieri.
Se infatti si volesse credere al racconto di *********{accusatore-ritrattatore}, le frasi minacciose ed i calci sarebbero da collocarsi in un momento precedente, quando nessuno dei presenti poteva neppure immaginare che sarebbero intervenuti i carabinieri. Dunque, tali condotte non potevano aver alcun nesso con quanto egli avrebbe potuto riferire alle forze dell’ordine.
E’ chiara, a tal proposito, la domanda del Presidente, ed altrettanto chiara la risposta del testimone: (trascr. pag. 101)
PRESIDENTE – Ma qualcuno le ha intimato di non dire niente o no?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – No, no, intimato no, nessuno. Che fossi spaventato dal dirlo è probabile.
PRESIDENTE – Lei era spaventato dal dirlo?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, perché non sapevo esattamente come fosse andata la situazione, non sapevo come…
Se *********{accusatore-ritrattatore} non aveva detto nulla ai carabinieri (ma qualcosa pare avesse detto, stando alla versione del testimone *****{Maresciallo}), la ragione va individuata nel fatto che egli non era a conoscenza di come effettivamente si fossero svolti i fatti, e dunque non aveva intenzione di dare informazioni inesatte. Così può essere interpretata la stessa versione di *********{accusatore-ritrattatore}, il quale è molto esplicito nel circoscrivere le presunte minacce ed i calci in un momento in cui vi era una certa agitazione da parte di tutti, compreso lui.
Successivamente, gli animi si erano calmati, ed è a quel punto che erano sopraggiunti i carabinieri: (trascr. pag. 104)
PRESIDENTE – Quindi l’ha comunque toccato con un atteggiamento…
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – …e andavo assieme.
PRESIDENTE – …amichevole.
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Un atteggiamento amichevole, esatto.
P.M. – E in quel momento quando la cingeva vi siete anche rivolti ai Carabinieri, è in quel momento?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore}– In quel momento, mentre eravamo comunque assieme in maniera più tranquilla, sono arrivati i Carabinieri, sì.
A quel punto, una volta arrivati i carabinieri, *********{accusatore-ritrattatore} non ha riferito di alcuna ulteriore condotta violenta o minacciosa da parte di colui che individua in Minani: poco prima egli infatti sarebbe stato in atteggiamento “amichevole” con il *********{accusatore-ritrattatore}, e successivamente era impegnato nella identificazione. *********{accusatore-ritrattatore} non aveva visto più Minani dopo l’identificazione, perché egli, per primo, si era allontanato, addirittura salutando amichevolmente la persona che sarebbe stata, a suo dire, responsabile di altri comportamenti minacciosi nei suoi confronti: (trascr. pagg. 143-144)
AVV. LOSCO – Mi conferma che dopo che Lei è stato identificato dai Carabinieri si è rivolto al ragazzo oggi identificato in Di Renzo salutandolo e dandogli una pacca sulla spalla?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, l’ho detto prima che li ho salutati, sì.
AVV. LOSCO – Con una pacca sulla spalla?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Pacca sulla spalla… sì, probabilmente non una pacca però comunque forse un gesto fatto, sì, un gesto l’ho sicuramente fatto di saluto.
PRESIDENTE – Amichevole?
TESTE *********{accusatore-ritrattatore} – Sì, dicendo appunto che mi dispiaceva per tutto quello che era avvenuto, sì.
AVV. LOSCO – Nessun’altra domanda.
Tali affermazioni non meritano commenti.
3.4 Conclusioni sulla valutazione della prova dichiarativa derivante dalle dichiarazioni di *********{accusatore-ritrattatore}.
Le conclusioni alle osservazioni sin qui svolte possono essere così sintetizzate:
- A)*********{accusatore-ritrattatore} non è credibile, perché testimone che ha dimostrato in più occasioni di essere reticente, di aver fornito versioni discordanti con altre dallo stesso rese in fase di indagini, e di aver reso dichiarazioni contrastanti con altri testimoni qualificati su punti rilevantidel fatto.
Emblematiche, e per certi versi sorprendenti, in tal senso, le affermazioni usate dal Pubblico Ministero nella sua discussione: “*********{accusatore-ritrattatore} è incerto, ma qualcosa gli sfugge, è reticente, come la {accusatrice-ritrttatrice}********, sono ai confini della falsa testimonianza, ma certamente qualcosa a loro sfugge” (cfr. trascr. ud. 30.09.2015, pag. 26).
Ciò che invece sfugge al Pubblico Ministero, come al Tribunale, che un teste reticente non è altro che un testimone che rende una falsa testimonianza ai sensi dell’art. 372 c.p.p, norma che infatti punisce indistintamente, e dunque equipara, il testimone che afferma il falso, nega il vero ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa sui fatti su cui è interrogato.
Questa è forse la sintesi migliore che si possa dare dell’intera vicenda processuale e della decisione del Tribunale: si è chiesta la condanna, e soprattutto la si è ottenuta, sulla scorta di addirittura due testimoni reticenti.
- B) *********{accusatore-ritrattatore}, pur quasi-reticente, un quasi-falso testimone, è credibile, e in dibattimento ha detto la verità, almeno in parte. Anche in questo caso non si potrà ugualmente giungere alla condanna del sig. Minani, posto che:
1) quanto al capo A) della imputazione, il testimone ha in ben due occasioni – una delle quali è il dibattimento – dichiarato di non aver riconosciuto il volto degli aggressori di ********{presunta-vittima}, ma di poter esclusivamente riferire in ordine alle persone con le quali aveva avuto l’alterco dopo il fatto.
2) quanto al capo B), che tale alterco – e le eventuali minacce da parte dell’imputato – erano avvenute prima dell’intervento dei carabinieri, e dunque che con tale intervento non avevano alcuna attinenza.
*********{accusatore-ritrattatore} ha anche sostenuto, a tal riguardo, di essersi sentito minacciato, di aver avuto in qualche modo timore: sia consentito però dubitare di questa asserita condizione, se è vero, come riferito dal testimone ***{Maresciallo}, che egli, al pari di Minani, aveva assunto un atteggiamento “arrogante” o comunque “scontroso”, che mal si concilia con quello di una persona che dovrebbe essere spaventata.
Egli ha ovviamente cercato di tacere questo importante particolare, perché se avesse detto come effettivamente si era svolto il dialogo con i carabinieri, ed il suo atteggiamento in quella occasione, nessuno avrebbe potuto credere al suo stato di ansia e preoccupazione, essendo le due condizioni del tutto antitetiche.
Per davvero concludere la disamina della versione dei fatti (rectius: delle versioni dei fatti) di *********{accusatore-ritrattatore}, non può tacersi che egli si stato un testimone a dir poco “problematico”, la cui testimonianza, per stessa ammissione del Pubblico Ministero, è stata reticente.
Come tale avrebbe dovuto essere svolta la valutazione della prova dichiarativa che ne è derivata (o meglio, che non ne è derivata).
Ciò non è avvenuto, avendo il Tribunale omesso di tenere nella dovuta considerazione tutti i critici aspetti della prova che qui si è cercato di individuare.
Si auspica che la Corte di Appello voglia, al contrario, riformulare il giudizio sulla tenuta della testimonianza del teste *********{accusatore-ritrattatore}, prendendo in esame tutte le dichiarazioni rese nella diverse fasi procedimentali con la dovuta cautela e rigoroso senso critico, che si ritiene sia invece mancato al Tribunale nella sua valutazione.
Da ciò, non potrà che derivare, o la sostanziale inutilizzabilità della prova dichiarativa per mancanza di credibilità del testimone, ovvero la sua valorizzazione per quanto emerso nel corso del dibattimento e del verbale SIT del 16.10.2013, la cui corretta valutazione dovrà portare quantomeno alla formazione di un serio dubbio sulla partecipazione del sig. Minani ai fatti per i quali ha riportato la gravosa condanna.
LA TESTIMONIANZA DI *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE}.
La testimonianza di **********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} è stata caratterizzata dalla esposizione di ricordi ad intermittenza.
Anche per lei il Pubblico Ministero ha usato il termine “reticente”.
Se così è, ci sarebbe poco da aggiungere. Se non fosse che invece anche alla ******** viene data una patente di credibilità dal Tribunale, ovviamente concentrata sulle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari, quelle che avevano un qualche contenuto utilizzabile in senso accusatorio.[….]
Ciò che induce a dubitare fortemente delle dichiarazioni della ********{accusatrice ritrattatrice}, e della loro utilizzabilità a fini di prova anche per l’eventuale riscontro di altre dichiarazioni, è la diversità di racconto che la ragazza ha reso in dibattimento rispetto alle indagini preliminari.
Prima di analizzare le contestazioni fatte dal Pubblico Ministero, numerose, e si badi bene poste non in aiuto alla memora ma esattamente ai fini della credibilità del testimone come disposto dall’art. 500 comma 2 c.p.p, vanno valorizzate quelle circostanze che la ******** invece ha ricordato senza particolare tentennamenti, ed in particolare quelle che possono avere diretta attinenza con la identificazione degli aggressori: (trascr. Verb. Ud. 15.7.2015, pagg. 9-10-11).
P.M. – Avete provato a chiedere in quel momento lei ed il suo amico a *******{PRESUNTA-VITTIMA} e a *******{COLUI CHE ERA CON LUI E MAI ACCUSA che cosa era successo?
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Sì.
P.M. – Avete ottenuto risposta?
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Ci hanno solo risposto “ci hanno picchiati”.
PRESIDENTE – E non hanno dato nessuna indicazione su chi liavesse picchiati?
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – No, perché hanno detto che c’era talmente tanta gente ed erano anche in panico che non sapevano dire chi fosse stato.
P.M. – All’esterno ha chiesto informazioni.
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Sì.
P.M. – Lei conosce *********{ACCUSATORE-RITRATTATORE}?
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Sì.
P.M. – Era presente e, se sì, dove?
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Sì, l’ho incontrato all’uscita anche lui,nel momento in cui sono tornata indietro l’ho incontrato. *******{accusatore-ritrattatore} lo conosco da tempo, quindi…
PRESIDENTE – Quand’è che è tornata indietro? Io avevo capito che non fosse tornata indietro.
TESTE *********{ACCUSATRICE-RITRATTATRICE} – Come le ho spiegato *******{colui che era con lui e mai accusa} e ******{presunta-vittima} erano in un lato, uno era sanguinante e non mi rispondevano. Quindi nel momento in cui io ho detto “cosa facciamo, cosa non facciamo” ho incontrato *******{colui che era con lui e mai accusa}. E lì ho detto a lui “cosa è successo?” e lui mi ha detto la stessa cosa, che non sapeva assolutamente nulla. C’era una grande confusione, quindi l’unica cosa era chiedere a chi passava cosa fosse successo.
P.M. – Quindi c’era lei, *******{colui che era con lui e mai accusa} e ******{altro test d’accusa che mi scagiona}, quando eravate con ******* e *******{presunta-vittima}, giusto?
TESTE *******{accusatrice-ritrattatrice}- Esattamente.
P.M. – Lei tenta di chiedere un raffronto, una descrizione di ciò che accade, ma loro non sono in grado di riferire. E allora che fa? Lo chiede agli altri?
TESTE *******{accusatrice-ritrattatrice} – Ho chiesto ad ********{accusatore-ritrattatore} e lui uguale, non sapeva assolutamente nulla.
Ciò contrasta in maniera evidente con quanto dice. Nessuno tra ******{presunta-vittima} e ******{colui che era con lui e mai accusa}, persone direttamente coinvolte nella aggressione, ma soprattutto TESTE *******{accusatrice-ritrattatrice} – Ho chiesto ad ********{accusatore-ritrattatore} (che – a suo dire – era invece all’esterno della stessa, ma comunque vicino), erano in grado di dare una pur minima descrizione delle persone responsabili del pestaggio. Anzi, TESTE *******{accusatrice-ritrattatrice} – Ho chiesto ad ********{accusatore-ritrattatore} non era in grado di riferire alla {accusatrice-ritrattatrice} neppure cosa fosse accaduto!
Ciò contrasta con quanto dichiarato dallo stesso ********{accusatore-ritrattatore}, che invece al Tribunale ha riferito di aver assistito alla vicenda sin dai suoi esordi.
Ma soffermiamoci su un dato, quello che qui deve interessare più di ogni altro: ********{accusatore-ritrattatore}, ma anche *******{presunta-vittima}, nell’immediatezza dei fatti, non solo non erano in grado di indicare alcuno tra i presenti come partecipe all’aggressione, ma non avevano dato indicazioni sulle fattezze, seppure generiche, di qualcuno di loro.
E’ degna di nota questa circostanza, perché se a distanza di due mesi dai fatti ********{accusatore-ritrattatore} – nel verbale SIT del 12 aprile 2013 – si era espresso nei termini che abbiamo già visto, circa la descrizione di un soggetto di colore addirittura calzante un cappellino bianco, davvero non si capisce perché non avesse subito riferito queste cose né a *******{accusatrice ritrattatrice} né, come vedremo, a ******, altro testimone di questa fase della vicenda. Viene spontaneo pensare che sarebbe dovuta essere la prima reazione di ********{accusatore-ritrattatore} alle domande della *********{accusatrice-ritrattatrice}: “so quanto è accaduto perché ho seguito la scena dall’inizio, e la persona di colore che abbiamo vicino è quella ha preso parte al fatto”.
Ma così non è stato, semplicemente perché ********{accusatore-ritrattatore}, come ha più volte ripetuto in dibattimento, non è in grado di riconoscere nessuno.
Ciò rafforza l’ipotesi dell’equivoco nella prima verbalizzazione delle sue dichiarazioni, nel senso che la descrizione dell’individuo di colore era riferita non alla fase dell’aggressione ma a quella successiva, del diverbio scaturito a conclusione della stessa.
Quanto poi alle altre circostanze emerse dalla testimonianza della *******{accusatrice ritrattatrice}, non si può non notare come le numerose contestazioni, di cui si è già detto, non fossero posto a fronte di semplici “non ricordo” della testimone, ma al ricordo di circostanze diverse. Come tali, esse devono essere inquadrante nella disciplina prevista dal comma 2 dell’art. 500 c.p.p.
In sentenza sono state ampiamente citate queste contestazioni, con pedissequa riproposizione delle trascrizioni, senza però che da ciò ne venissero tratte le necessitate conseguenze in termini di valutazione della prova dichiarativa.
Quali conseguenze.
In sede di esame e controesame testimoniale, un profilo particolarmente delicato è quello che riguarda la possibilità di procedere a contestazioni nei confronti del testimone reticente. Come noto la contestazione è prevista e disciplinata dall’art. 500 c.p.p. ed è espressamente prevista solo nel caso in cui il testimone abbia già deposto e, in tal caso, laddove la dichiarazione resa prima del dibattimento risulti difforme. Una volta effettuata la contestazione il teste potrà confermare la dichiarazione resa in dibattimento (ma la dichiarazione difforme rilasciata nel corso delle indagini ne minerà l’attendibilità) ovvero rettificarla in modo da renderla conforme a quella dibattimentale.
La giurisprudenza ha, a più riprese, avuto modo di occuparsi dell’ammissibilità e del valore della contestazione effettuata ad un testimone che risulti reticente in dibattimento e che dichiari di non ricordare. A fronte della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, infatti, il teste potrebbe confermarle semplicemente ed in tal modo potrebbe alterarsi considerevolmente il principio dell’oralità che dovrebbe ispirare l’istruttoria dibattimentale.
La questione di diritto, in sostanza, è quella di comprendere, ove siano ammesse le contestazioni al testimone reticente, quale valore attribuire alla dichiarazione di conferma di quanto riferito in fase predibattimentale.
La Suprema Corte ha espresso principi estremamente elastici in tema di utilizzabilità delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone che affermi di non ricordare nel corso dell’esame dibattimentale.
In particolare, ha avuto modo di chiarire: “Il problema che pone l’art. 500 c.p.p. (e la censura dedotta dal ricorrente) consiste, sostanzialmente, nello stabilire (salvo le tre eccezioni previste nei commi quarto, sesto e settimo) se e quale valore debba darsi alle precedenti dichiarazioni utilizzate per la contestazione e deriva dal fatto che l’atteggiamento del teste può essere vario in quanto:
– può limitarsi a confermare quanto precedentemente dichiarato o a rettificare quanto affermato in dibattimento, conformandosi, quindi, alle precedenti dichiarazioni: in tale ipotesi, poichè il teste ha confermato, nel dibattimento, quanto precedentemente dichiarato (magari rettificando le dichiarazioni dibattimentali), nessuno dubita che il giudice – salva sempre ovviamente la valutazione di attendibilità – debba tenere conto delle suddette dichiarazioni proprio perchè si tratta di dichiarazioni conformi sulle quali non vi è contrasto alcuno;
– può rendere dichiarazioni contrastanti con quelle rese precedentemente: in tal caso, l’art. 500 c.p.p., comma 2 stabilisce, a chiare lettere, che le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate solo ai fini della credibilità del teste;
– infine, il teste, spesso a causa del lungo periodo di tempo dopo il quale viene chiamato a deporre, in dibattimento dichiara di non ricordare il fatto o la circostanza su cui viene esaminato ma, una volta effettuata la contestazione, afferma che, se quella circostanza o fatto che non ricorda, l’ha dichiarata in sede di indagini, allora essa è vera. Quest’ultima dichiarazione produce due effetti: a) il teste afferma e certifica la veridicità di quanto precedentemente affermato; b) di conseguenza, la suddetta dichiarazione, essendo stata effettuata in dibattimento, diviene pienamente utilizzabile, fatta salva, ovviamente, la prudente valutazione del giudice. In altri termini, il giudice si trova di fronte ad una duplice affermazione del teste che, da una parte, dichiara che quello che ha affermato precedentemente è vero e, dall’altra, che, in quel momento, stante il tempo trascorso (o per altri motivi), non è in grado di ricordare il fatto su cui è stato esaminato. In questa situazione di non contrasto fra le due dichiarazioni (il “non ricordo”, infatti, ha una valenza neutra), non può trovare applicazione l’art. 500 c.p.p., comma 2 ma solo le regole generali in ordine alla valutazione dell’attendibilità del teste sulla dichiarazione precedente resa e dallo stesso teste veicolata nel dibattimento grazie al fatto che ha dichiarato che quello che dichiarò è vero. (Cassazione penale sez. II 21 febbraio 2012 n. 10483).
Il problema che si pone con la deposizione della teste *******{accusatrice -ritrattatrice} è diverso, perché lei ha dichiarato, nelle diverse fasi in cui è stata sentita (in dibattimento ed in indagini), circostanze su medesimi fatti del tutto contrastanti.
Basti ricordarne alcune: (trascr. pagg. 14-15)
P.M. – Torno a ricostruire. Le rifaccio la domanda, lei ha risposto, lei ha detto, perché perdo il filo ed ho bisogno di ricostruire un attimo il discorso, quindi ********{accusatore-ritrattatore} chiede che cosa è successo e nessuno gli dà spiegazioni. Le rifaccio la domanda: viene aggredito ********{accusatore-ritrattatore}, viene picchiato?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No, assolutamente.
P.M. – Le faccio una contestazione, stesso verbale del 17 ottobre 2013, “Davanti all’ingresso della Statale c’erano ancora diverse persone, circa trenta-quaranta, e genericamente rivolgendosi a queste persone ********{accusatore-ritrattatore} chiedeva testualmente che cosa è successo. Mentre qualcuno stava per iniziare a spiegare, un ragazzo di colore si faceva velocemente largo tra la gente e prendeva immediatamente a calci sulle gambe ********{accusatore-ritrattatore}“.
P.M. – Ricorda cosa ha risposto********{accusatore-ritrattatore}, se ha risposto, quando è stato percosso?
TESTE ********{accusatore-ritrattatore} – No.
P.M. – Proseguo nella contestazione, subito dopo, “il ragazzo di colore urlava molto vicino al viso di ********{accusatore-ritrattatore} dicendo frasi che non ricordo letteralmente ma sono sicura che fossero violente ed aggressive e che il senso fosse di dovercene andare subito”.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – Quello che ricordo è questo, appunto qualcuno che diceva di andarcene però niente di più.
PRESIDENTE – Basta così. Di questo altro particolare, le ha fatto testè una contestazione, non ricorda nulla o ricorda qualcosa in particolare? Ricorda il mutamento disituazione? Se lo ricorda? Non lo ricorda minimamente?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – Quello che ricordo l’ho appena detto.
PRESIDENTE – Lei pensava ad altro insomma quella sera. Okay. Andiamo avanti.
P.M. – Lei ricorda che cosa ha detto il ragazzo di colore ai carabinieri e gli altri quando sono intervenuti i carabinieri?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No.
La posizione della teste non muta neppure alle domande della parte civile, ed in questo senso si può notare una coerenza nelle sue dichiarazioni, che non pare apprezzata dal Tribunale: (trascr. pag. 39)
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – Ripeto, io ricordo di essere venuta qui più volte, abbiamo parlato più volte di chi potessi ricordare, e quindi sono le persone. Ma ripeto io non riconosco assolutamente nessuno.
PRESIDENTE – Lei continua a rispondere in maniera non propria, io sono costretta, la legge mi impone di diffidarla, signorina, perché, ripeto, tutto può essere ma lei sta continuando a ripetere persino le stesse parole, lei sembra un disco rotto. Continua a ripetere “ripeto che c’era…”, “ripeto che…”... Allora, risponda alle domande, e ci rifletta, perché lei ha una testa, le ha chiesto un’altra cosa l’avvocato. Quindi lei rifletta un attimino, e non mi risponda uguale a tutte e altre volte. Perché guardi che noi avremo il problema di valutare e sue dichiarazioni, la sua attendibilità, ce l’abbiamo prima di tutto noi il problema. Quindi veda un attimino… Le ripeta la domanda, Avvocato. Abbiamo capito che non ricorda il contenuto.
Non si comprende il senso di questo intervento da parte del Presidente: il testimone dice ciò che è ha sempre detto, e questo è un fatto normale; sarebbe meritevole di censura, e di presa di posizione del Tribunale, il contrario, ovvero se il testimone fornisse, nella stessa testimonianza, versioni discordanti.
Ciò che tuttavia desta maggiori perplessità, che invece non sembrano aver colto il Tribunale, è il momento del riconoscimento fotografico, posto che in aula la *********{accusatrice-ritrattatrice} ha escluso che vi fossero persone viste durante la serata. (trascr. pag. 29-30-32):
P.M. – Chiederei alla Teste di sfogliare le pagine e le chiedo se riconosce qualcuna delle persone che era presente il giorno…
PRESIDENTE – Le stiamo proponendo un atto che si chiama individuazione fotografica, quindi lei guarda con attenzione le foto, ci dice se qualcuna di queste effigie le dice qualcosa e che in contesto è in grado di collocarla.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice}– No.
PRESIDENTE – Si dà atto che la Teste dichiara che non riconosce nessuno.
P.M. – Non riconosce nessuno?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No.
PRESIDENTE – Non ha mai visto nessuna di quelle persone.
P.M. – Adesso farei due cose, innanzitutto una contestazione.
Lei alla domanda, quando è stata sentita dai carabinieri il 17 ottobre sezione di Polizia Giudiziaria ha detto “Per quanto riguarda la visione dell’album che mi viene mostrata in questa sede dichiaro di riconoscere con assoluta certezza il ragazzo descritto con gli occhiali nella foto numero 8, mentre il ragazzo di colore è quello della foto 17”
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – Posso riguardare?
P.M. – Certo.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – La numero 8 non mi dice niente. E la numero…?
P.M. – La numero 8 e la numero 17.
TESTE PASTORELLO – No.
P.M. – Poi vorrei esibire un altro album alla Teste, contiene 23 fotografie realizzato il 18 aprile 2013 ed è stato esibito alla Teste il 18 aprile 2013. Chiedo di poterlo esibire.
PRESIDENTE – Sì, lei lo guardi.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – Devo guardare se riconosco qualcuno?
PRESIDENTE – Certo. E’ un’individuazione fotografica, guardi le foto e ci dice, può darsi che li conosca anche a prescindere da questa situazione.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No.
PRESIDENTE – La Teste non riconosce nessuno.
P.M. – Lei non conosce nessuna delle persone che sono riprodotte in quell’album?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No.
P.M. – Allora faccio un’unica contestazione, verbale di individuazione fotografica mediante visione di album fotografico 18 aprile 2013, Milano, Nucleo Informativo dei carabinieri “la persona da me descritta in verbale di sommarie informazioni quale una delle persone che ha proferito nei miei confronti la frase ‘bacia la terra dove cammini ed è già tanto che non fai la fine degli altri due tuoi amici’ descritta da me come un soggetto alto circa un metro e 70, 1.65, corporatura normale con addosso occhiali da vista con montatura nera e lenti grandi ed un berrettino di lana di colore scuro, è senza ombra di dubbio colui che è ritratto nel fotogramma numero 13″. Prima di leggere la seconda parte guardi il fotogramma numero 13 per favore.
P.M. :Non riconosce nessuno?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No.
P.M. – Inoltre proseguo nella contestazione “la persona sempre da me descritta nel verbale di sommarie informazioni quale una delle persone che ha preso a calci l’Andrea, da me descritto come un soggetto di colore alto circa un metro e 70, corporatura robusta è senza ombra di dubbio colui ritratto nel fotogramma numero 4″. Guardi per favore il fotogramma numero 4.
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – No, non mi dice niente.
P.M. – Chiedo anche qui, purtroppo non è nitida, ma le chiedo se riconosce la firma che io trovo posta nella foto.
PRESIDENTE – Quindi c’è sempre l’originale e poi una copia che viene fatta firmare alla Teste. E’ sua la firma?
TESTE ********{accusatrice-ritrattatrice} – È molto diversa da… no, questa assolutamente no.
Anche la visione dell’album originale, con la firma in originale, che verrà mostrata nel prosieguo della udienza, porta al medesimo risultato, di sostanziale disconoscimento della firma apposta sulla foto che ritrae Minani.
Da ciò, e da tutto quanto sin ora detto, si devono trarre le necessari conclusioni.
********{accusatrice-ritrattatrice}, seppure nelle sue amnesie, ricorda bene che nessuno dei presenti, neppure nei giorni successivi, ebbe a ricordare nulla delle fattezze dei soggetti coinvolti attivamente nell’aggressione a *******{presunta-vittima}. Ciò deve anzitutto indurre a valutare con estrema cautela tutto quanto emerso dalle testimonianze di a *******{presunta-vittima} e **********{accusatrore-ritrattatore} in punto di individuazione ed di identificazione.
In secondo luogo, ciò che qui deve anche interessare è il mancato riconoscimento in aula, così come nella fase delle indagini, dell’imputato Minani, con addirittura un disconoscimento di sottoscrizione in un atto di indagine, che invero avrebbe dovuto destare un qualche interesse sulla conduzione delle stesse.
Di ciò, invece, non si rinviene alcun cenno nella sentenza, le cui motivazioni sono tutte rivolte a spiegare, e giustificare, le amnesie della testimone.
Si osserva, ancora una volta, uno sforzo argomentativo del Tribunale per superare le evidenti criticità della testimonianza con il ricorso ad argomenti poco suggestivi e non dimostrati, come il passare del tempo dai fatti.
Tale criterio, invero, viene utilizzato diversamente a seconda dei casi: per *******{presunta-vittima}, il passare del tempo consente di acquisire memoria di essi; per ********{accusatore-ritrattatore} e ********{accusatrice-ritrattatrice}, invece, per offuscarla, sino a perderla completamente.
La geometria variabile dei criteri di valutazione dei processi memonici dei testimoni porta ad un unico risultato: far valere con maggiore evidenza ciò che è più confacente alla tesi d’accusa.
Se poi si volesse attribuire, ancora una volta, rilevanza alle dichiarazioni rese dalla ********{accusatrice-ritrattatrice} nella fase delle indagini, anche qui saremmo fuori dall’ambito della contestazione di cui al capo b) della imputazione, e ciò per le stese ragioni esaminate nel caso delle dichiarazioni di ********{accusatore-ritrattatore}.
Anche la ragazza, infatti, colloca le eventuali frasi minacciose di Minani in un momento precedente l’arrivo dei carabinieri, privandole di fatto da quella finalità di coartazione della sua volontà, con la violenta opera di dissuasione dal riferire ai militari i dettagli dell’accaduto.
Pertanto, non è dato in ogni caso rinvenire nelle parole proferite nei suoi confronti lo specifico scopo per cui si contesta a Minani la violenza privata, ovvero intimidire i testimoni al fine di non rendere alle forze dell’ordine dichiarazioni sull’aggressione, ed eventualmente sulla sua identificazione.
In conclusione, anche sotto tale profilo, vi è un evidente errore della impugnata sentenza circa la lettura delle dichiarazioni della ********{accusatrice-ritrattatrice}, che seppure fossero state ritenute attendibili per quanto emerso nella prima fase delle indagini, la loro corretta valutazione avrebbe dovuto indurre il Tribunale ad escludere l’elemento soggettivo del reato di cui al capo b) della imputazione.
- LA TESTIMONIANZA DI ***** . RILEVANZA SULLA IDENTIFICAZIONE DI MINANI QUALE SOGGETTO RESPONSABILE DELLE VIOLENZE E MINACCE DI CUI AL CAPO B) DELLA IMPUTAZIONE.
Anzitutto va precisato che ******, sentito all’udienza del 20.5.2015, ha riferito espressamente di non aver assistito alla fase esecutiva dell’aggressione a ********{presunta-vittima}. (trascr. pag. 6)
P.M. – Lei ha visto l’aggressione a ********{presunta-vittima}, ha visto che lo picchiavano?
TESTE *****– No.
******* è intervenuto – a suo dire – solo successivamente, insieme alla *********{accusatrice-ritrattatrice}, in prima battuta per soccorrere ******{presunta-vittima} e *******{colui che era con lui e mai accusa}, e successivamente per chiedere ai presenti nelle vicinanze cosa fosse accaduto.
Quale sunto della dinamica degli eventi si può qui citare la versione resa in udienza da ******: (trascr. pag. 13)
TESTE ********* – Questo è successo prima però. Allora, siamo usciti dall’Università, abbiamo visto questa rissa ed abbiamo cercato di capire; a quel punto, abbiamo incontrato della gente che continuava a dirci di andarcene, di andar via; c’erano *******{presunta-vittima} e ******{colui che era con lui e mai accusa} che se ne dovevano andare e c’erano questi tipi checontinuavano ad urlargli contro. A quel punto, ci siamo messi in mezzo per capire che cosa stava succedendo e qualcuno ci ha urlato addosso qualcosa, tipo “andatevene anche voi” ed a quel punto ci siamo allontanati.
P.M. – Ma un invito gentile o un invito minaccioso?
TESTE ***** – No, non è stato un invito gentile per niente.
P.M. – Un invito minaccioso?
TESTE ***** – Sì.
PRESIDENTE – Un’intimazione?
TESTE ***** – Sì. A me personalmente, no; a ******, sì.
Anche questo è un punto fermo: l’intimazione ad andar via non era stata rivolta a lui, bensì alla ********{accusatrice-ritrattatrice}. Neppure a ********{accusatoree-ritrattatoree}, dunque, che dovrebbe essere insieme a ***** e ********{accusatrice-ritrattatrice} in quel contesto.
Sulle specifiche parole proferite in quest’ultima fase, il P.M. ha contestato le precedenti dichiarazioni rese da***** nella fase delle indagini: (trascr. pagg.15-16)
P.M. – C’è un verbale dell’8 novembre 2013 della Sezione Polizia Giudiziaria; è una piccola differenza che vorrei ricordare al Teste. Lei deve spiegare al Presidente se è più corretto quello che ha detto all’epoca oppure quello che sta dicendo adesso. All’epoca ha detto: “Vai, vai – quindi ha invitato la *******{accusatrice-ritrattatrice} ad andar via – che è già tanto che torni a casa sulle tue gambe”. Ora le chiedo, ricorda oppure è corretto quello che sta dicendo oggi?
TESTE ***** – Non lo ricordo, ma è molto probabile che, se l’ho detto allora, era più veritiero perché allora era più fresco il ricordo.
Il passaggio successivo, fondamentale per quanto qui interessa la posizione di Minani, è la descrizione di colui il quale avrebbe pronunciato tali parole: (trascr. pag. 17-18)
PRESIDENTE – Procediamo a contestazione sempre dallo stesso verbale.
P.M. – Sì, domanda per esteso, a pagina 2 del verbale: “Cosa è successo all’arrivo dei Carabinieri?”, la risposta la leggo tutta: “Ricordo che qualcuno del gruppo riusciva a rientrare, più che altro quelli che si trovavano più distanti dai miei amici; mentre gli altri, rivolgendosi ai Carabinieri, dicevano ‘non è successo nulla’ facendo finta che nulla fosse accaduto. Tra questi, c’era un ragazzo con gli occhiali e la barba che indossava un cappello nero. La mia amica ********{accusatrice-ritrattatrice}, rivolgendosi a costui, gli diceva ‘fino a due minuti fa, tiravi calci e adesso non è successo nulla’”. Questa persona, immediatamente dopo, Lei la indica come la stessa che ha detto a *******{accusatrice ritrattatrice} “vai via, è già tanto che puoi andar via sulle tue gambe”. All’epoca ha detto questo Lei, lo ricorda?
TESTE RUSSO – Sì, sì.
P.M. – Ricorda che ********{accusatrice-ritrattatrice} ha detto quella frase a lui?
TESTE ****** – Sì.
PRESIDENTE – Quindi, conferma le dichiarazioni che rese a suo tempo?
TESTE ***** – Sì, sì, adesso mi ricordo benissimo che eravamo vicino alla fermata del BikeMI, del car sharing e sono arrivati i Carabinieri che chiedevano e loro dicevano che non era successo niente.
Già questa descrizione consente pacificamente di ritenere che la persona coinvolta in questo scontro verbale non fosse Minani (eventualmente con cappellino bianco, come riferito da ********{accusatore-ritrattatoree} e *******{presunta-vittima}; certamente di colore).
Inoltre, tale ricostruzione permette di inquadrare, indirettamente, anche colui il quale “tirava calci”, che sempre in ipotesi d’accusa, fatta propria dal Tribunale, dovrebbe essere Minani, e che evidentemente non è.
Infatti, in maniera ancora più esplicita, ***** lo esclude, procedendo ad individuazione fotografica sull’album di 20 fotografie, già esibito al teste in fase di indagini: (trascr. pagg. 23-24)
P.M. – Lentamente, guardi le foto e dica al Collegio se ricorda qualcuna delle persone che ha incontrato quel giorno, o se conosce qualcuno. Piano, non c’è fretta.
PRESIDENTE – La legenda ce l’ha Lei?
P.M. – L’ho piegata e l’ho chiusa, ma comunque ce l’ha anche Lei.
TESTE *****– (consulta gli atti) La numero 4 è il ragazzo che ha urlato in faccia a ********{accusatrice.ritrattatrice}.
P.M. – Quello che ha detto “vai, vai” eccetera?
TESTE ***** – Sì.
PRESIDENTE – Quindi il Teste dice che la foto numero 4 è quella della persona che ha urlato in faccia a Martina di andarsene e che era già fortunata ad andarsene sulle sue gambe.
TESTE RUSSO – Esatto.
PRESIDENTE – E diamo atto che la foto 4 corrisponde a {non imputao Minani}.
P.M. – Prosegua nella visione delle foto.
TESTE RUSSO – Ho solo un dubbio sulla 7, che potrebbe essere il ragazzo che è venuto dopo a parlarci; però non ne sono sicuro.
PRESIDENTE – Diamo atto che la 7 corrisponde alla foto di tale ******{nessuno degli imputati}
P.M. – Che potrebbe essere quello che lo ha raggiunto dopo e gli ha descritto…
PRESIDENTE – E gli ha spiegato che cosa fosse successo. Però non ne è sicuro ha detto il teste.
Anche in aula d’udienza, su specifica domanda del Pubblico Ministero, ****** non ha riconosciuto Minani, nel senso che non lo ricorda presente alla festa
Pertanto, conclusivamente, dalla testimonianza di ***** emerge che:
1) Minani non pronuncia le frasi intimidatorie di cui è stata riportata la descrizione del testimone in fase di indagini;
2) Minani non è la persona che colpirebbe con calci****** {accusatore-ritrattatore}., perché questa persona è quella che avrebbe pronunciato le suddette frasi;
3) Minani non sembra essere stato neppure notato da **** nel contesto dei fatti, altrimenti avrebbe ragionevolmente ricordato, in una delle sue dichiarazioni, quantomeno la colorazione della sua pelle.
In questo senso, la testimonianza di **** va intesa totalmente a discarico dell’imputato Minani, quantomeno sotto il profilo della identificazione dello stesso quale responsabile delle condotte di cui al capo B) della imputazione.
- I TESTI DELLA DIFESA.
****, ******** e ****** sono stati i testi introdotti dalla difesa in relazione al comportamento di Minani durante la festa e nei momenti più vicini ai fatti di cui è processo.
Non è vero che, come si afferma in sentenza, costoro non avrebbero apportato elementi utili per la posizione dell’imputato.
Concordemente, ed in particolare *****, ha affermato che Minani era con lui vicino al bar nel momento in cui aveva avuto inizio quello che egli definisce “parapiglia”, e che evidentemente è la fase iniziale dell’aggressione di *******{presuntna-vittima}, con l’accompagnato forzato all’esterno dei locali dell’università.
E’ una circostanza questa non di poco momento se si considera la stessa presa di posizione del Tribunale sulla condotta attribuita al sig. Minani, che sarebbe eventualmente da collocarsi proprio nella fase iniziale (“l’imputato Minani faceva parte del gruppo degli aggressori ed era uno di quelli che partecipava attivamente al pestaggio nella fase del trascinamento all’interno all’esterno dell’università”).
Ma ciò non può essere accaduto, perché egli era al bar con l’amico, ben distanziato dai fatti.
E ciò è in linea con quanto dichiarato dallo stesso Minani in sede di esame dibattimentale.
In questo senso la testimonianza di ***** va intesa quale vera e propria prova d’alibi, tenuto conto delle specificazioni circa la materialità della condotta del sig. Minani che si può riscontrare nella sentenza.
D’altra parte, sarebbe francamente incomprensibile e illogico pensare che una persona, mentre chiacchiera tranquillamente con un amico al tavolo di un bar, si allontani per partecipare attivamente ad un pestaggio di cui non conosce la scaturigine, dunque le ragioni dello stesso, né tantomeno le persone coinvolte.
Anche sotto tale profilo, dunque, in relazione alla valutazione delle prove dichiarative a discarico introdotte dalla difesa, la sentenza impugnata deve essere oggetto di censura e riforma.
CONCLUSIONI.
Come si è fin qui potuto notare, la difesa ha scelto di non prendere in esame, ai fini della impugnazione della sentenza di primo grado, le lunghe argomentazioni che il Tribunale ha inteso proporre al fine di inficiare di attendibilità le dichiarazioni dell’imputato.
La scelta è stata consapevole e ponderata, e non dipende da una sorta di quiescenza alle tesi sostenute ed alle conclusioni raggiunte dal Tribunale. Tutt’altro.
Minani, più di ogni altra persona sentita nelle varie fasi del procedimento e del processo, ha mantenuto un propria versione coerente e lineare sin dall’origine della sua vicenda cautelare.
Si è sempre reso disponibile, a cominciare dalla fase delle indagini preliminari, ad offrire le proprie conoscenze rispetto a quella serata, non sottraendosi neppure all’esame delle parti e del tribunale in fase processuale.
Tale impegno, tuttavia, non è valso neppure al riconoscimento delle attenuanti generiche, di cui Minani sarebbe stato ampiamente meritevole, visto il suo corretto e leale comportamento nel corso dell’intero procedimento.
Il Tribunale, invero, ha speso molte delle proprie energie argomentative più a confutare la tesi dell’imputato e a screditarne la credibilità, piuttosto che focalizzare la sua attenzione, come avrebbe dovuto, sulle problematiche testimonianze di alcuni testi d’accusa, per i quali vi sono ben più solidi sospetti sulla loro mancanza di credibilità, non fosse altro per il non marginale dettaglio che questi sarebbero chiamati per Legge ad affermare il vero, Minani no.
Il sig. Minani, a parere di questa difesa, ha espresso con lucidità, coerenza, linearità, la propria versione dei fatti, sulla quale ha mantenuto una sola parola sin dal drammatico inizio della presente vicenda giudiziaria, con l’applicazione della misura cautelare di massimo rigore.
E’ arduo sostenere – come fa il Tribunale – la mancanza di credibilità dell’imputato su presupposto che le sue dichiarazioni sarebbero in contraddizione, e non riscontrate, da quelle di testi come {accusatore-ritrattatore}. e *******{accusatrice-ritrattatrice}. Questi soggetti, volendo citare le parole dello stesso Pubblico Ministero, sarebbero stati addirittura reticenti, o quantomeno hanno dimostrato enormi ed incredibili difetti di memoria su circostanze fondamentali.
Parimenti arduo ritenere fondate le deduzioni che hanno portato il Tribunale a credere che Minani avesse partecipato all’aggressione, fra le quali il presunto comportamento che egli avrebbe mantenuto subito dopo i fatti con *******{accusatore-ritrattatore}. e ********{accusatrice-ritrattatrice}, o addirittura a distanza di ore dagli stessi (con il teste{accusa} *****), comportamento definito “agitato ed aggressivo”.
Ora, pur volendo ammettere che Minani si fosse posto in maniera scontrosa o aggressiva con alcuni testimoni, da ciò non si potrà dedurre, attraverso un inaccettabile sillogismo, che ciò sia da ricondurre alla sua partecipazione ad un pestaggio, e addirittura ne costituisca la prova.
Il voler introdurre tale presunzione disvela tutta la difficoltà del Tribunale nel superare le criticità della prova dichiarativa a carico, tutt’altro che solida.
Nel caso di prove chiare, logiche, precise, infatti, non si sarebbe avvertita la necessità di ragionare attraverso il ricorso a presunti atteggiamenti o comportamenti che non hanno nulla a che vedere con le violenze commesse ai danni del*******{presunta-vittima}.
Se poi ci si volesse confrontare sul campo delle deduzioni, allora è ben più verosimile credere che se Minani fosse stato uno degli autori materiali di tali violenze sarebbe sparito immediatamente dal luogo dei fatti all’arrivo dei carabinieri, come è accaduto per molte altre persone lì presenti (teste Russo, verb. Udienza del 20.5.2015, pagg. 13, 14 trascr.: Presidente: Lei l’ha vista la pattuglia che è arrivata?
*****: Si. A quel punto, si sono tutti allontanati e noi abbiamo raggiunto *****{colui che era con lui e mai accusa} e *******{presunta-vittima}….).
Ora, secondo una deduzione dotata di maggiore logica rispetto a quelle del Tribunale, si deve ritenere che se Minani è rimasto sul posto, correndo il concreto di rischio di essere riconosciuto come uno dei co-rissanti, pur potendo sfruttare il momento per allontanarsi con le altre persone, egli non avesse in realtà nulla da temere.
Quello delle deduzioni, dunque, è un campo di analisi che, pur essendo certamente suggestivo, non è in alcun modo appagante, dovendo qui essere adottato un metodo di accertamento delle responsabilità che presuppone l’assoluta certezza della prova, come imposto dal principio codificato dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”.
L’istruttoria dibattimentale ha invece prodotto molteplici e più che ragionevoli i dubbi sulla responsabilità penale del sig. Minani, e ciò per le gravi criticità delle prove dichiarative a suo carico e per la non adeguata valutazione e valorizzazione di quelle a discarico.
E’ per queste ragioni, dunque, che si chiede la riforma della sentenza di primo grado, confidando nell’accoglimento delle richieste formulate con il presente atto di appello.
Con osservanza.
Bologna, lì 13 gennaio 2015
Avv. Ettore Grenci
sintesi dei ricorsi d’appello
pre scriptum:
la parte tra le parentesi graffe è aggiunta del sottoscritto per far capire le parti in causa, perchè non mi interessa pubblicare i nomi anche dei nostri denuncianti.
Ta le parentisi quadre e puntini [….] le omissioni che per brevità non inserisco.
QUI SOTTO LA SINTESI DELLA RICOSTRUZIONE, FATTA DA UNO DEI MIEI DUE AVVOCATI DI FIDUCIA.
” ESTRATTO DEL RICORSO DELL’APPELLO”
Il comportamento dell’imputato.
Secondo il tribunale il comportamento che Minani tenne in seguito all’aggressione a ******{presunta vittima} non sarebbe logicamente comprensibile se non ammettendo che lo stesso avesse in precedenza partecipato all’aggressione a ******{presunta vittima}
Di che comportamento parla il tribunale? Del contegno agitato dimostrato nell’alterco con ******{accusatore ritrattatore} e del repentino mutamento di atteggiamento all’arrivo dei carabinieri.
La prima osservazione da fare è che il comportamento del Minani fu in quel frangente pressoché identico a quello del Di Renzo, originariamente coindagato per le lesioni ma portato a giudizio soltanto per il reato di violenza privata, evidentemente applicando un differente parametro di logicità.
Si tratta in ogni caso di una conclusione assolutamente arbitraria.
Il racconto dell’imputato reso in interrogatorio e confermato nell’esame dibattimentale da’ infatti conto di un comportamento che, dato il soggetto e il contesto, pare del tutto logico.
Minani ha raccontato di essersi recato alla festa in università dove aveva numerose amicizie: la festa si svolgeva nello spazio compreso tra l’atrio d’ingresso posto subito dopo l’entrata pedonale di via Festa del Perdono, il corridoio che conduce alle scale centrali e l’atrio lì posto, dove era stato allestito un punto di ristoro. […..]quando si accorse del formarsi di un rumoroso assembramento di persone all’altezza dello stretto corridoio che conduce all’atrio di uscita. Incuriosito, si allontanò dagli amici (che hanno confermato) e andò a vedere cosa stesse accadendo.
Pur parzialmente impedito dalla calca che si era formata, riuscì a notare una rissa in corso tra alcune persone e a seguirne lo sviluppo nell’atrio e poi fuori. Continuò, per quanto possibile, a seguire l’azione anche quando il parapiglia si spostò all’esterno. Qui ebbe modo di percepirne la violenza. Percepì anche che causa, almeno in parte, del fatto era il comportamento di chi sembrava avere la peggio il quale, mentre veniva spinto fuori, continuava a resistere e farsi sotto agli altri e insultarli, provocandone la reazione.
Le persone si allontanarono e Minani rimase sul posto, certamente colpito dalla scena cui aveva assistito.
D’un tratto qualcuno torna indietro, evidentemente molto alterato “*******{accusatore ritrattatore} nel momento in cui ho chiesto chi fosse stato è la prima persona che mi è venuta a fronteggiare … Presidente.: Lei aggredisce lui verbalmente, lui aggredisce lei? (“*******accusatore ritrattatore}: si, esatto. Presidente: a parole, vi dite parolacce? (“*******accusatore ritrattatore}: sì, è verosimile che ci siamo insultati” trascr. udienza 16 aprile 2015 pag. 94 e 95).
A questo punto ha luogo un alterco breve e violento tra Minani e (“*******accusatore ritrattatore}: la versione di Minani differisce da quella di (*******accusatore ritrattatore} perché ognuno dei due sostiene di essere stato aggredito per primo dall’altro, ma la sostanza non cambia, almeno per quanto riguarda la logicità e credibilità della spiegazione del proprio comportamento da parte di Minani. Ha appena assistito a una brutta rissa, percepisce che l’insistenza della parte soccombente ne ha come minimo aggravato le conseguenze, ritiene che sia un bene che la persona che aveva visto insistere si sia allontanata perché la permanenza del gruppo soccombente avrebbe potuto aggravare le conseguenze. A questo punto cosa succede? Che alcuni di quelli che si erano allontanati, tornano indietro, si rifanno sotto: chiedono perentoriamente spiegazioni a lui che tra l’altro non ha responsabilità nel fatto: ecco perché Minani si arrabbia .
Altrettanto comprensibile senza dover supporre il concorso nelle lesioni a *******{presunta vittima} è il comportamento tenuto all’arrivo della pattuglia.
Minani è un attivista politico piuttosto in vista ed è conosciuto dalle forze dell’ordine: sa che l’arrivo di una pattuglia della polizia può complicare la posizione di uno come lui, a prescindere dalla reale dinamica dei fatti (lo sa per esperienza perché in almeno tre occasioni è stato imputato e poi assolto), come puntualmente verificatosi. Non era il caso di continuare a litigare sotto gli occhio della pattuglia nel frattempo sopraggiunta.
E’ per questo più che logico motivo che, non appena si accorse dell’arrivo dei carabinieri mutò atteggiamento smettendo di discutere con ********{accusatore ritrattatore}.
Avrebbe piuttosto fatto bene il tribunale a valorizzare in termini del tutto opposti il significato del comportamento processuale di Minani, comprensibile solo ipotizzandone l’innocenza.
Sottoposto a custodia cautelare in carcere decise di chiedere l’interrogatorio al pubblico ministero, ancora nella prima fase delle indagini, senza conoscere che in minima parte gli elementi di indagine raccolti. Rispose a tutte le domande rendendo lo stesso racconto confermato nel processo: non avendo fatto nulla non ha potuto indicare testimoni che ricordassero ciò che non aveva fatto {…}.
Caso più unico che raro è stato lo stesso imputato a chiedere il giudizio immediato, rinunciando alla possibilità di accedere ad un rito alternativo: patteggiando avrebbe eluso il rischio di vedersi condannato al risarcimento del danno, che, in un processo in cui la parte civile ha richiesto oltre 100mila euro, non è un dettaglio.
Ha partecipato a tutte le udienza, compresa quella in cui ha deposto la persona offesa, che non lo aveva riconosciuto in fotografia, così accettando il rischio di essere riconosciuto in aula.
Chi abbia un minimo di esperienza di processi penali, sa che questo non è il comportamento tipico di chi abbia, come si dice, la coscienza sporca.
Testi a difesa.
La difesa ha introdotto la prova dichiarativa consistente nel ricordo di tre persone, amici dell’imputato.
Si tratta di tre persone che ricordavano di trovarsi in compagnia di Minani nel momento nel momento in cui scoppiò la rissa{…}
Dice il tribunale che si tratta di testimonianze non decisive. E’ vero, ma proprio per questo si tratta di dichiarazioni altamente credibili: come può darsi la prova di non aver partecipato ad un fatto cui si è soltanto assistito? Pensa davvero il tribunale che sarebbe stato possibile trovare una persona che, a distanza di oltre sei mesi da una rissa avvenuta nella confusione di una festa pubblica, ricordasse cosa stesse facendo Minani, che non faceva niente di speciale se non guardare, mentre ******{presunta vittima}veniva spinto fuori dall’università?
Minani è stato condannato per aver partecipato alla fase di spingimento verso l’esterno{…} Questa fase fu intensa, ma brevissima: durò circa dieci secondi (“Al giorno d’oggi, posso specificare che l’azione del gruppo di venti persone che portavano fuori il ******{presunta vittima} è avvenuta in maniera concitata, all’incirca in un arco di 10 secondi” *******{accusatore ritrattatore}, sit rirattazione16 ottobre 2013, confermate in dibattimento da accusatore-ritrattatore) e seguì ad una discussione tra ******{presunta vittima} ed un’altra persona (certamente non Minani) di durata simile.
*******{accusatore ritrattatore} ha soltanto riferito di essere tornato nei pressi dell’università, decisamente alterato,in cui era stato coinvolto ******{presunta vittima}, e di essere incappato in Minani con cui ingaggiò una serrata discussione. Minani, concordemente, ha riferito di essere venuto a contatto con ********{accusatore ritrattatore}, tornato minacciosamente indietro. Ne nacque una discussione accesa e breve, ricostruita in termini non univoci, nella misura in cui Minani e ******{accusatore ritrattatore} ne attribuiscono l’uno all’altro la responsabilità. Quel che è certo è che l’arrivo dei carabinieri vi pose fine, perché Minani stimò opportuno chiuderla senza ulteriori conseguenze. Come ampiamente ricostruito, il disappunto di Minani, che aveva assistito alla fase precedente, derivava dalla constatazione dell’imprudenza e della protervia manifestate da ********{accusatore ritrattatore} che, alterato, gli si fece sotto pur essendo egli estraneo ai fatti avvenuti e nonostante, con il rischio di fomentare ulteriormente gli animi. Vistosi ingiustamente aggredito, Minani si difese (secondo la sua versione) o perse momentaneamente la calma (secondo la versione di *******{accusatore ritrattatore}); nulla di tanto grave da impedire a Minani di riacquistare la calma all’arrivo dei carabinieri.
Ecco spiegato il comportamento dell’imputato in questa fase, che non fu né volle essere di minaccia ma di riconciliazione.
[…]
Si chiede sotto quest’aspetto che sia valorizzato il comportamento processuale dell’imputato, improntato ad una schietta e costatante partecipazione.
Inoltre, pur non avendo concorso nel fatto e non avendo quindi responsabilità rispetto cui mostrare resipiscenza, nonostante tutte le sofferenze causategli dalla presente vicenda processuale, Minani, in sede di interrogatorio di garanzia, durante l’interrogatorio del pubblico ministero, e poi ancora in dibattimento, ancora prima di parlare in propria difesa, ha voluto dimostrare vicinanza umana alla persona offesa e condanna per i fatti accaduti.
Avv. ….. …..
DI SEGUITO, ESTRAPOLATI DELLA SINTESI DEL RICORSO DELL’ ALTRO AVVOCATO DI FIDUCIA, CHE COME MOLTI ALTRI, E PIU’ DI TUTTI, HA SEGUITO L’INCHIESTA E LA VICENDA E SI INSERISCE TECNICAMENTE, A PARTIRE DALLA FINE DEL PRIMO GRADO, (difesa Minani) IN PIENA SINTONIA CON IL PRIMO AVVOCATO.
Proposto da: Avv. Ettore Grenci del Foro di Bologna, difensore di fiducia del sig. Lorenzo Kalisa Minani, nato a Milano, il 15.6.1983{…}
2° RICORSO
Premessa.
Il processo penale di primo grado a carico del sig. Minani ha avuto quale principale, se non unico, riferimento probatorio le testimonianze della persona offesa e di altri soggetti che, a vario titolo, si trovavano nel medesimo contesto spaziale e temporale di quest’ultima tra il 14 ed il 15 febbraio 2013.
[….]
In realtà, le indagini sono state molto più complesse e ad ampio raggio, con massicce operazioni di intercettazioni telefoniche (ben sedici CD-DVD di brogliaggi), che tuttavia non hanno portato alcun concreto contributo alla tesi accusatoria, tanto da non essere confluite, attraverso rituale perizia, al fascicolo del dibattimento.
Per quanto riguarda il fatto storico che ha portato all’indagine prima, ed al processo poi, può esser qui condivisa, a grandi linee, il pestaggio a carico di *****{presunta vittima}, probabilmente “reo” di aver imbrattato un manifesto di natura “politica” nel corso di una festa all’interno della sede dell’Università di Milano.
La lettura delle varie testimonianze sul punto porta a ritenere che vi siano stati due momenti del litigio: uno all’interno dei locali in cui si svolgeva la festa, ed un secondo all’esterno. {..}
Inoltre, dopo l’azione ai danni del *****{presunta vittima}, vi sarebbe stato un secondo diverbio tra gli imputati ed alcuni testimoni (in particolare *****{accus-ritrattatore} e *****{ amica che negherà al processo l’autenticità della sua firma nei verbali d’accusa}), da cui è scaturita l’accusa di cui al capo B) dell’ imputazione, questa volta contestata ad entrambi gli imputati Minani e Di Renzo.{….}
Il destino giudiziario dell’imputato è dunque indissolubilmente legato al ricordo delle persone presenti ai fatti, che hanno reso dichiarazioni sia nel corso delle indagini che nel processo{….}
Un concetto scientificamente accertato, dunque, di cui magistrati ed avvocati conoscono la fondatezza e portata per la loro esperienza quotidiana nelle aule d’udienza, e che, prosaicamente, così può riassumersi: la memoria dell’essere umano funziona generalmente abbastanza male.
Nel processo a carico del sig. Minani, la memoria della maggior parte dei testimoni, le cui dichiarazioni sono state assunte a prova inconfutabile dei fatti e della responsabilità penale degli imputati, ha funzionato malissimo.[….…]
CONCLUSIONI.
Minani, più di ogni altra persona sentita nelle varie fasi del procedimento e del processo, ha mantenuto una propria versione coerente e lineare sin dall’origine della sua vicenda cautelare.
Si è sempre reso disponibile, a cominciare dalla fase delle indagini preliminari, ad offrire le proprie conoscenze rispetto a quella serata, non sottraendosi neppure all’esame delle parti e del tribunale in fase processuale.
Tale impegno, tuttavia, non è valso neppure al riconoscimento delle attenuanti generiche, di cui Minani sarebbe stato ampiamente meritevole, visto il suo corretto e leale comportamento nel corso dell’intero procedimento.
Il Tribunale, invero, ha speso molte delle proprie energie argomentative più a confutare la tesi dell’imputato e a screditarne la credibilità, piuttosto che focalizzare la sua attenzione, come avrebbe dovuto, sulle problematiche testimonianze di alcuni testi d’accusa,per i quali vi sono ben più solidi sospetti sulla loro mancanza di credibilità, non fosse altro per il non marginale dettaglio che questi sarebbero chiamati per Legge ad affermare il vero, Minani no.
ll sig. Minani, a parere di questa difesa, ha espresso con lucidità, coerenza, linearità, la propria versione dei fatti, sulla quale ha mantenuto una sola parola sin dal drammatico inizio della presente vicenda giudiziaria, con l’applicazione della misura cautelare di massimo rigore.
E’ arduo sostenere – come fa il Tribunale – la mancanza di credibilità dell’imputato su presupposto che le sue dichiarazioni sarebbero in contraddizione, e non riscontrate, da quelle di testi come *****e *****. Questi soggetti, volendo citare le parole dello stesso Pubblico Ministero, sarebbero stati addirittura reticenti.
Parimenti arduo ritenere fondate le deduzioni che hanno portato il Tribunale a credere che Minani avesse partecipato all’aggressione, fra le quali il presunto comportamento che egli avrebbe mantenuto subito dopo i fatti con ****{accusat ritrattatore} e ******, o addirittura a distanza di ore dagli stessi (con il teste ****), comportamento definito “agitato ed aggressivo”.
Ora, pur volendo ammettere che Minani si fosse posto in maniera scontrosa o aggressiva con alcuni testimoni, da ciò non si potrà dedurre, attraverso un inaccettabile sillogismo, che ciò sia da ricondurre alla sua partecipazione ad un pestaggio, e addirittura ne costituisca la prova.
Il voler introdurre tale presunzione disvela tutta la difficoltà del Tribunale nel superare le criticità della prova dichiarativa a carico, tutt’altro che solida.
Nel caso di prove chiare, logiche, precise, infatti, non si sarebbe avvertita la necessità di ragionare attraverso il ricorso a presunti atteggiamenti o comportamenti che non hanno nulla a che vedere con le violenze commesse ai danni del *****{ presunta vittima}.
Se poi ci si volesse confrontare sul campo delle deduzioni, allora è ben più verosimile credere che se Minani fosse stato uno degli autori materiali di tali violenze sarebbe sparito immediatamente dal luogo dei fatti all’arrivo dei carabinieri,come è accaduto per molte altre persone lì presenti (teste **** verb. Udienza del 20.5.2015, pagg. 13, 14 trascr.: Presidente: Lei l’ha vista la pattuglia che è arrivata? TESTE ****: Si. A quel punto, si sono tutti allontanati e noi abbiamo raggiunto ****{presunta vittima} e *****….).
Ora, secondo una deduzione dotata di maggiore logica rispetto a quelle del Tribunale, si deve ritenere che se Minani è rimasto sul posto, correndo il concreto rischio di essere riconosciuto come uno dei co-rissanti, pur potendo sfruttare il momento per allontanarsi con le altre persone, egli non avesse in realtà nulla da temere.
Quello delle deduzioni, dunque, è un campo di analisi che, pur essendo certamente suggestivo, non è in alcun modo appagante, dovendo qui essere adottato un metodo di accertamento delle responsabilità che presuppone l’assoluta certezza della prova, come imposto dal principio codificato dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”.
L’istruttoria dibattimentale ha invece prodotto molteplici e più che ragionevoli i dubbi sulla responsabilità penale del sig. Minani, e ciò per le gravi criticità delle prove dichiarative a suo carico e per la non adeguata valutazione e valorizzazione di quelle a discarico.
E’ per queste ragioni, dunque, che si chiede la riforma della sentenza di primo grado, confidando nell’accoglimento delle richieste formulate con il presente atto di appello.
Con osservanza.
Bologna, lì 13 gennaio 2015
Avv. Ettore Grenci
Mandato d’arresto 3-4/09/2013
Pag.6 *{in grassetto la parte del mandato e nell’ altra grafica i miei commenti }Della ricostruzione, anche nel mandato d’arresto, si capisce che per noi si metterà malissimo. Per i reati art 110,582,583,585,( più persone [..]in concorso colpivano ripetutamente con calci e pugni ****** cagionandogli lesioni gravissime,[deformità fronto-orbitaria del capo ( deformazione permanente del viso) tale da richiedere un importante intervento chirurgico[…]. Fatto pluriaggravato:
- per la natura (pluriaggravata) delle lesioni arrecate
- perchè commesso da più persone
- perchè commesso per un motivo futile[..]grave sproporzione tra azione delittuosa caratterizata da gravissima violenza e il motivo.[..]imbrattamento manifesti politici.
– Il pm giustifica appieno la doppia versione della vittima pag.3 “ La vittima nel verbale 27 febbraio, ha riferito di non essere in grado di riconoscere gli autori dell’aggressione, per lo stato confusionale causato dai violenti colpi...”[..] “ha manifestato dubbia e prudente possibilità che sarebbe in grado di riconoscere l’aggressore cui si era inizialmente spintonato[…]” e gli accusatori a detta sua sono considerati “prudenti”; se le varie versioni già non combaciavano dalle sintesi dei verbali, diventano uno “scrupolo” le titubanze dei testi d’accusa e la calunnia l’impensabile( quasi un reato pensarlo ) pag.6 le deposizioni delle vittime e delle altre persone che hanno assistito ai fatti, comprese quelle che hanno riconosciuto il MINANI e DI RENZO, devono essere considerate intrinsicamente attendibili, non solo perchè per nulla inficiate dal sospetto che siano frutto di un intento calunnioso ( neppure ipotizzabile ), ma anche perchè lineari e coerenti...il fatto che solo uno, ed in seguito due,(e a modo loro), ci accusano, dimostra per il pm che sia tutto veritiero! Quanto alle esigenze cautelari si raggiunge il massimo in quanto entrambi studenti ( io conseguito la laurea nel 2009 anche se per il pm e quindi taluni giornali nel settembre 2013 sarei il bivaccatore della Statale, eterno fuoricorso, che infiltrandomi tra un corteo e l’altro terrorizzo poveri studenti che vogliono realmente,al contrario mio ,studiare ecc) pag.9 è ragionevole ritenere che gli indagati, se posti a conoscenza del procedimento in stato di libertà, si adopererebbero con efficacia per frustrarne gli obiettivi….gli ignoti compartecipi del reato sono anch’essi universitari. Uniti a MINANI e DI RENZO da comuni appertenenze politiche (poi se sono ignoti come fa a sapere chi sono?).insomma pur di sbattere in carcere noi PRESCIDONO da un bel pò di questioni (reiterazione reato e pericolo di fuga impossibile da avvolorare allora se la cava con un vago quanto ipotetico e presunto rischio inquinamento prove…)
Infine,sempre per avvalorare la carcerazione preventiva pag.9 benchè formalmente incensurati ( non ne faccio e mai fatto un valore assoluto ma per una “persona di legge” e in questa fattispecie l’incensuratezza diviene una formalità!) ….attivi nel movimento di estrema sinistra, hanno collezionato vari precedentidi polizia …consumati nell’ambito di iniziative pubbliche…in particolare MINANI è stato recentemente arrestato e sottoposto ad un periodo di custodia cautelare in carcere – di seguito commutato in misure di minore afflittività – per reati consumati nei pressi del cantiere TAV di Chiomonte ( To ). Addirittura il riesame del tribunale di Torino non riconobbe la possibilità di mantenere la custodia in carcere poche settimane dopo e lungo periodo di domiciliari restrittivi adempiuti pienamente dal sottoscritto) e si arriva all’ inadeguatezza di altre misure…neppure gli arresti domiciliari che presuppongono nel destinatario una capacità di autocontrollo....
{….}Il delitto di lesioni personali gravissime è punito con la pena detentiva massima di 12 anni, che si abbatterebbe alla misura di 7 anni nel caso – invero in contrasto con le emergenze della vicenda concreta- le lesioni , ampiamente superiori ai 40 giorni, fossero ritenute soltanto gravi.{….}
Il GIP così motiva la convalida dei nostri arresti: 2 righette! “[…]sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sono pienamente condivisibili e non necessitano di particolare commento”.
Riflessioni (continua)
Inoltre per non cadere in patetici vittimismi e fatalismi, a causa della confusione creatasi “in giro”, ritengo importante, allegando anche alcuni atti, evidenziare di che tipo d’inchiesta si è trattato, e di come noi l’abbiamo gestita ribadendo la nostra piena e totale estraneità ai fatti addebitatici ( non mi riferisco solo al pm e giudici ).
Questo, peraltro, con scavalcamenti ed enormi ricadute sui diretti interessati, con limiti dettati da incapacità totale di cercare di gestire certe situazioni a mio avviso normalissime, da infantili arroccamenti, settarismi, becere colpevolizzazioni, per altro insinuate e mai dette direttamente al diretto interessato. Ciò ha portato ad immobilismi ed accettazione delle “verità di comodo e ufficiali” che aleggiavano e venivano insinuate(talvolta sbraitate) sin dall’inizio anche e sopratutto da chi avrebbe dovuto essere quantomeno nel “campo opposto”: purtroppo questa non è una critica ma un’amara ed evidente constatazione.
Inizialmente, oltre al racconto di talune vicende, soprattutto per chi giustamente non è “interno” a certe logiche e dinamiche, alcune spiegazioni e polemiche potranno sembrare inutili ( e probabilmente in una certa misura lo sono infatti ho fatto di tutto per evitarle ) ma personalmente credo che ora siano inevitabili date le tante “dicerie” fomentate dal silenzio complice e perchè credo che si deve “uscire dall’anonimato delle storie che non si possono raccontare solo perchè troppi la vedono come un tabù”, dalle mistificazioni e dalle troppe calunnie e cercare di recuperare una storia collettiva attraverso quella personale e non viceversa.
Mancando sempre più, per fortuna, nel pratico esempi recenti lampanti di “inchieste particolari” su compagni ( vale la pena ricordare che di inchieste come questa, ovvero “montate ad arte”, ce ne sono purtroppo tantissime )…diviene ad oggi non secondario l’obiettivo chiaro di porre fine alla cosiddetta repressione pstrisciante ( con doppi e tripli processini alle spalle di chi è in carcere e defilandosi poi) quella per intenderci delle compagnerie che iniziano abbracciando chi parzialmente chi totalmente tesi di procure, e continuano con mezze verità, confusioni, troppi personalismi, non detti continui ,calunnie e liquidatorietà che possono funzionare grazie all’ evitare un confronto reale con il sottoscritto. Infine, porre risposte ai “sani interrogativi dei più” lasciati come tali, non da parte del sottoscritto, per non affrontare la situazione, ma perché nelle risoluzioni “a capannelli”( come in parecchi hanno tentato fino all’inverosimile di fare) non ho mai creduto e quindi non mi sono prestato e continuo così.
Non è certo un controprocesso (e se viene visto così devo dire che a questo punto una simile critica/accusa pretestuosa neanche mi interessa ) anche se tra gli inacettabili accadimenti avvenuti, comprese ahimè di fallimentari e pesanti tentativi di improbabili gestioni affatto richieste e defilazioni poi ( e nonostante il sottoscritto abbia provato in tutti i modi di ricucire gli strappi, porre rimedio a divisioni e spudorate stupidaggini e difendere un po’ tutti anche a mio discapito) è arrivato almeno il momento di “saziare le parecchie curiosità positive” di molti, per cercare delle risposte serie.
Purtroppo per iscritto,nel bene e nel male, non rende nell’interezza di come sono le vicende e gli andamenti ( tranquilli sono assolutamente molto peggio di come le riporto )e tocca ad essere sicuramente troppo “raffazzonato, sintetico e asettico” ma, le vie facili non esistono, e, non è un dettaglio, le vie migliori mi sono state tutte negate in questa città per un motivo o per l’altro ( prima era troppo presto, poi troppo tardi e via dicendo..) e pretendere metodi “migliori” da me,a parte che non ne esistono ad oggi, francamente alla luce dei fatti mi apparirebbe infondato. Inoltre, questo , è un tentativo di semplificazione alle enormi difficoltà imposte che mi sono trovato ad affrontare dato lo “svilimento” , la depoliticizzazione , le mistificazioni continue e non solo mediatiche della inchiesta.
Ci tengo a precisare che, ciò che scrivo, non rappresenta nulla di nuovo per gli inquirenti ( visto che in molti si sono prodigati, scrivendo resoconti ( o report!!! come va di moda chiamarli) dalle tastiere dei loro inseparabili pc e chiacchierando ai telefoni, ad informarli via via ) che ahimè sanno di tutto questo “chiacchiericcio imbarazzante”e non certo per colpe mie ma per completezza di spiegazione dovrò, mio malgrado, quantomeno citarne qualcuna.
Per sbaragliare il campo da “equivoci”, per chi è ignaro di parecchie vicissitudini, doveroso è, al momento attuale , spiegare e rivendicare ancora una volta il mio iniziale “silenzio sulla questione rissa” ( o pestaggio/aggressione secondo accusa e calunniatori vari) anche perchè farne un punto centrale della vicenda-inchiesta era del tutto fuorviante. Infatti, sin dal primo momento, nonostante formalmente lo sia,io non ho mai visto come episodio centrale e-o scatenante gli arresti la rissa in questione ( su questo paradossalmente anche la Corte è stata d’accordo dato che in 2/3 ore di controesame ha glissato focalizzandosi su particolari altri e dettagli non riguardanti la “questione rissa”, ma non era un processo per una rissa?)e ciò in controtendenza con chi, nella finta gestione fatta di assemblee davvero prima deliranti e confusionarie e poi irresponsabilmente consapevoli, prendevano parola dicendo per altro tutto e il contrario di tutto in linea con le tesi della Procura-giornali permettendosi di parlare a nome nostro! In più, l’inammissibilità di queste posizioni, che non hanno mai trovato una minima sintonia con le nostre, come prima grossa “cantonata” partivano da concetti nettamente incompatibili ( sottaciuti spesso, tanto quanto pilastro di ogni reale decisione alle nostre spalle )!
Dunque non si può “concentrarsi” sui dettagli tralasciando in maniera tragicomica i punti centrali della questione come va di “moda”!
Sebbene di atteggiamenti positivi (di singoli) e di alcune realtà c’è ne sono stati parecchi, e verranno giustamente citati nel cercare di dare interezza al quadro totale, risulta purtroppo necessario focalizzarsi su quelli da non tenere e su quelli che sembrano avere dell’incredibile, ma così è! Il nocciolo della questione sta non solo nell’indignazione o ancora peggio nella “forza della ragione che non basta” o altro, ma nel come è potuto succedere tutto ciò alimentando sempre più alcuni meccanismi: questo, a mio avviso, ha spiegazioni logiche ( laddove c’è una logicità) e ben precise.
Partendo dai grossolani errori immediati e reiterati, posti in essere dalla cattiva gestione, o meglio non gestione, della fantomatica solidarietà( “la solidarietà non si può dare perchè c’è una testa rotta” forse la loro..”sta volta l’hanno fatta grossa”e,non poteva mancare, il “SONO INDIFENDIBILI”..ciò veniva detto dai “compagni di lotta e di Procura” mentre eravamo in carcere alle spalle nostre che nei vari modi hanno aizzato l’opportunista strada degli intrighi e campagna di desolidarizzazione salvo negarlo e colpevolizzando tutto e tutti, gli altri!), da una questione generale si è arrivati a questione per pochi con ricadute su pochissimi; passando da un protezionismo “idealistico” e settatrio iniziale tutto negativo ( peraltro mai richiesto, neppure dai nostri famigliari ) senza mai affrontare la centralità della vicenda politica e reale che ha finito per avere la “svolta” ancora quando ero in carcere, quindi i tentativi subdoli e maldestri( anch’essi vani e non riusciti ) di promuovere la differenziazione degli imputati, ricordo per di più che siamo stati processati in due e non ottanta! Un ingigantimento iniziale come se fosse “il processo del secolo”di taluni rispetto a questa inchiesta affrontabile e voluta affrontare da noi fin da subito ( di contraltare chi purtroppo ha seguito la linea acriticamente della campagna mediatica di vero e proprio “linciaggio e sciacallaggio nei nostri confronti” ) e uno sminuimento enorme legato ad un opportunismo portato all’esasperazione ( quando cala l’attenzione mediatica come sempre perchè non vi è più interesse ).
Dunque in conclusione laddove non si dovrebbe andare “dietro” i giornali, telegiornali e via dicendo si va un po’ troppo dietro e viceversa.
Le volontà impietose, goffe, deliranti e mai rivendicate ( se non con la pratica dell’ambiguità )che partivano da un altro assunto sbagliato ovvero di voler imporre una “pseudo linea dall’esterno” , non hanno tenuto conto nè del reale andamento nè del battagliamento che fin dall’inizio, anche attraverso le nostre dichiarazioni rese davanti al gip, se proprio ce n’ era bisogno, indicavano palesemente la strada intrapresa e quindi la “linea almeno sull’ abc da tenere fuori” e le strade realmente percorribili; questo è indicativo più di ogni altra parola.
Il mio essere “andato oltre” le bassezze infinite e gli opportunismi ad oltranza non può essere confuso con accettare, o ancor peggio, avvallare tutta una serie di metodi in cui non solo non mi rivedo ma la penso e di conseguenza agisco ed ho agito all’estremo opposto ( evitare le polemiche che innescano un clima esasperato e la logica del tutti contro tutti); dunque alle “farneticazioni e agli abbagli individuali e collettivi” ho sempre dato l’importanza che meritavano: nulla. Purtroppo così non è andata ed hanno trovato ampie legittimazioni, taciti consensi di fatto o “critiche”passive.
Il primo attacco pretestuoso a questo scritto potrebbe essere quello di tacciarlo come un becero sfogo, ma in più di 4 anni ( data da dove partono gli arresti) i tentativi di risolvere diversamente ed in maniera meno drastica tale questione sono stati parecchi da parte del sottoscritto (ma prima era troppo presto, poi troppo tardi poi diventava una questione di metodo….purtroppo per chi non ha da guadagnarci personalmente e politicamente, e vuole esaltarsi con storielle a lieto fine, rimarrà profondamente amareggiato).. e ammesso e non concesso che sia uno sfogo, sarebbe davvero una magra consolazione,oltre che ,per dirla in latino: una gran minchiata! Soprattutto non si può volere gestire l’ingestibile con chi non voleva e non vuole realmente affrontare prendendo a pretesto ogni cosa!
Tra le cose impietose vedo una velata nonchè sfacciata liquidatorietà addirittura nell’ “etichettare “, anche dopo sentenza di primo grado, questa vicenda con la definizione “è una brutta storiaccia” ( per non parlare del resto)che se non comportasse le conseguenze del caso, comprese di enormi risarcimenti, farebbe parecchio ridere. Anticipo, e lo dico seriamente, che è chiaro che si tratta di brutta storiaccia , ma banalizzare dopo non aver voluto realmente capire fino in fondo, supera abbondantemente il ridicolo,ovvero un “fare spallucce” sulla pelle degli altri senza nemmeno capire e-o voler capire di cosa si tratta: troppo facile! Ammettiamo per assurdo che si possa parlare di “una brutta storiaccia” e basta, perchè non cercare di affrontarla? Contro le “brutte storiaccie giudiziarie” non mi risulta siano mai bastate le pacche sulle spalle,il chiacchiericcio,i pietismi, incrociare le dita, le “indignazioni” miste a rassegnazion,sghignazzamenti e colpevolizzazioni tacite e vigliacche. Per me a dirla tutta “la brutta storiaccia” ha inizio qualche settimana dopo i sei mesi di preventiva quando realizzo appieno come è la situazione ( ed è li che subisco la prima condanna ) ovvero quando “incastrato” su tutti i livelli” , il tanto acclamato “non vediamo l’ora che esci” ..“insieme faremo grandi cose…”, a Milano si concretizza con una cena, due chiacchierate ( senza consequenzialità tra l’altro) e poco più… ;unito all’effetto di vedere quanta “trippa nel cervello ci sia nell’effetto tutti contro tutti” appena si accennava di e su questa vicenda-inchiesta anche dopo la fine della mia “preventiva” ovvero “solo”( in un certo senso ) e “ancora” ( nel senso di chi si aggrappava su tesi d’accusa senza nemmeno rendersi conto) 6 mesi dopo gli arresti: se un centesimo della rabbia reciproca “e a testa bassa” fosse stata incanalata nel rispondere, al di là dell’emergenzialità e della facciata, a quest’inchiesta si sarebbe data una “risposta” degna di tale nome invece che regalarsi ad“un trappolone” che ha funzionato, purtroppo, fin troppo bene e in questo senso, ampiamente meglio di quello che si aspettavano!
Dunque, nel concetto appena espresso, senza neanche rendersene conto (almeno spero), a Milano e altrove poi, in parecchi hanno “proseguito” uno dei lavori dell’accusa. Il tentativo di mettere gli uni contro gli altri ( salvo di facciata sposare ipocritamente alcune “cause”), accettare volenti o nolenti verità di comodo ha funzionato, bisogna ammetterlo/comprenderlo se no non si va da nessuna parte!
Far finta di nulla quando,il menager-rettore della Statale ( il fanatico delle telecamere dei tornelli video-camere per l’accesso alle biblioteche ed università pubbliche ) “sventaglia “ di continuo l’inchiesta con l’avallo di giornalisti particolarmente subdoli e asserviti al Tav ecc, “perdersi in un bicchiere d’acqua” di fronte a troppe cantonate e compromissioni, prendere a pretesto ogni “scusa” per non tentare nemmeno di affrontarla questa “brutta storiaccia“ , chiudersi nel “parlarne e straparlarne” solo in maniera “privata” o sotto forma di “sfogo” o “allusioni”, etichettarla e “venderla” come una “storia ingestibile”, dare “colpevolizzazioni” gli uni agli altri, rendere vani gli sforzi dei più e sminuirne le utilità, ed in fine in fase di dibattimento processuale durato un anno con lunghe udienze ,essere parecchio “neutri” o nel migliore dei casi “tifosi esterni” di una vicenda che, in prima e in ultima istanza, realmente poteva capitare a chiunque sia “anche minimamente esposto”, beh non è proprio, per usare un eufemismo, il “rispondere alla repressione”.
Chiaramente dopo i taciti ed espliciti consensi all’accusa,si arriva all “ultima arma” : cercare di svilire chi ne prende o ha preso posizione unita alle reticenze nei confronti di chiunque voglia dare una risposta contro un qualcosa di drammaticamente semplice: una farsa politico-mediatico-giudiziaria con pesanti conseguenze reali.
Un inchiesta, che dal pm, giornalisti e tutta l’accusa ha trasformato e fatto un’elemento di forza la compiacenza dei militanti e l’estraneazione opportunistica della maggiornaza silenziosa che col passare del tempo si è sdraiata in una posizione “ponzio-pilatesca” fino all’estremo: ecco che l’inchiesta tabù per i più d’altronde si capisce: è una brutta storiaccia!
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