CASSAZIONE

Il giorno lunedì 30 novembre 2020 si dovrebbe concludere l’iter giudiziario del processo montatura per rissa all’Università Statale di Milano avvenuta il 14 Febbraio 2013.
La Corte d’appello ha fornito le lunghe motivazioni della condanna dopo più di 2 anni, a fronte dei 60 giorni previsti, senza fornire spiegazione alcuna del grave ritardo.
Da poco è stata fissata l’udienza per il terzo grado.
L’incontro pubblico che avevo in programma pre-Cassazione è slittato a causa dei protocolli in vigore che prevedono divieti di riunioni-assembramento e verrà riprogrammato in seguito quando sarà possibile.
Invito a leggere chiunque sia interessato questa parziale ricostruzione processuale ed extra processuale dell’ inchiesta in questione, costruito cercando di raccontare i fatti e provando ad avere una visione reale e priva di fatalismi.
Invito poi a diffondere il contenuto di questo scritto qualora si ritenga opportuno farlo.
Quanto racconto vuole anche rivendicare, a seguito delle due sentenze di condanna, con atti e ricorsi “alla mano”, la totale estraneità alle accuse rivolte verso di me e il mio coimputato.
( Milano 28/11/2020 )Lollo
RESOCONTO
  • L’ evento preso a pretesto

L’evento che ha portato alle indagini e al processo di seguito descritto è così condiviso dalle parti in causa.

Una rissa ai danni di ****{presunta vittima} che visibilmente ubriaco e alterato ha strappato dei manifesti No Tav ad una festa. L’incrocio delle testimonianze raccolte porta a sostenere che il litigio si sia sviluppato in tre momenti.

Il primo si verifica quando questi viene portato fuori dalla festa da alcune persone, il secondo vede scatenarsi una rissa di qualche secondo e l’immediato allontanarsi delle persone coinvolte a vario titolo, infine il terzo avviene svariati minuti dopo e vede il ritorno di alcuni degli amici della presunta vittima che chiedono spiegazioni.

Il mio ricordo era ed è rimasto il seguente.

Io e il mio coimputato eravamo in tutt’altro luogo durante il primo momento e il secondo momento descritti, (come confermato da tre testi della difesa che spontaneamente dichiareranno la medesima cosa, prima e durante il processo). Ad un certo punto la festa si svuota e ci riversiamo all’esterno quasi tutti dato l’insolita situazione. Osservo da lontano l’accompagnamento all’esterno di quello che chiamerò presunta vittima.

Impedito dalla calca di persone non vedo cosa accade. Chiedo ad un amico di dirmi cosa stasuccedendo, nessuno dei due capisce. Amico che poi assumerà il ruolo di testimone della difesa e, il giorno seguente al mio arresto, appena appresa la notizia, si recherà degli avvocati rendendosi disponibile come primo teste di difesa, con questo importante ricordo.

Torno agli eventi: quando guadagniamo l’uscita intuisco che c’è stata una rissa.

Osservo che il gruppo soccombente è preso a male parole da tutti i presenti ed io domando cosa stia accadendo, ottenendo le seguenti risposte: “Era qualcuno che strappava manifesti NoTav”, “Ilsolito molesto ubriaco” e altre risposte analoghe. Resto defilato. La calma è ampiamente ristabilita. Ad un certo punto alcuni amici della presunta vittima, tra cui scopriremo esserci quello che chiameremoaccusatore-ritrattatore, tornano indietro per avere spiegazioni , il che evidenzia che non avevano idea di cosa fosse successo. Facendosi insistenti, vengono presi a male parole da molti dei presenti e decidonoperciò di non provare nemmeno a rientrare alla festa. Ad un certo punto uno di loro, a quanto pare non soddisfatto delle risposte, si dirige altrove. Si rivolge a me in modo aggressivo, nonostante io sia defilato e tranquillo, chiedendomi cosa sia successo. Inizio col dirgli che, visto il clima che si eravenuto a creare, non era il caso di tornare alla festa e che era imprudente rischiare di fomentare gli animi. Il dialogo si riscalda e vengo aggredito. Mi difendo, roba di pochi secondi. Poco dopo arrivano le pattuglie. Vengo chiamato da un agente mentre ero sul ciglio della strada per tornare a casa con la moto. L’agente risponderà durante il dibattimento che ero lucido e gli davo del Lei. Mi chiede cosa sia successo. Rispondo che ho saputo che c’è stata una rissa, che ora la situazione è calma da parecchi minuti e che non ho visto nulla e non so nient altro. Un altro agente, un po’ più lontano, chiede probabilmente la stessa cosa all’amico della vittima di cui riferivo prima. L’agente in modo garbato mi chiede il documento per riferire alla centrale operativa di aver parlato con qualcuno e che sta andando via, dicendomi che non vuole entrare nei locali dove si svolge la festa per non rischiare di fomentare gli animi con la loro presenza in divisa. Insiste un po’ ribadendo che deve riferire ai suoi superiori e argomenta in modo convincente. Tutto qui.

A quel punto gli fornisco il documento richiesto mentre l’altra persona non ne è in possesso e l’agente perciò segna i suoi dati sulla parola. In quel momento molti miei conoscenti e amici mi chiedono per quale motivo sono stato identificato: uno in particolare si avvicina un po’ di più chiedendomi “Tutto a posto Lollo?”. Al che la pattuglia dopo questo breve scambio va via ed io, dopo qualche saluto con calma ritorno a casa.

Sei mesi dopo, io e l’amico che mi aveva chiesto se fosse “tutto a posto”, veniamoarrestati!

La sera dopo gli arresti, data la portata che ha da subito assunto l’inchiesta, ci sarà un presidio di solidarietà, molto partecipato fuori da San Vittore.

  • L’arresto

 Il giorno successivo, in carcere, con un divieto assoluto di incontro con il mio coimputato, noto che la vicenda assume totalmente un carattere politico e di semi-montatura. All’epoca la chiamavo così, per non farla troppo lunga. Mi sbagliavo in effetti; questa è una totale montatura. Titoloni in prima pagina e telegiornali hanno avviato una campagna enorme di diffamazione, menzognera e criminalizzante nei nostri confronti e contro chi partecipa alle mobilitazioni, con particolare risalto alla lotta No tav.

Gli accostamenti sono beceri, grossolani e continui. Inoltre si palesano grosse anomalie e contraddizioni anche nei primi racconti giornalistici sull’evento apertamente distorto e pompato. I primissimi atti di indagine e i verbali che leggo anche nell’immediato “spiegano” in poche righe ancor meglio il “tiro”. E’ tutto chiaro fin da subito e andando avanti lo sarà ancor di più. All’inizio dell’indagine partecipano addirittura procure che si interessano di “antiterrorismo”. Giorni seguenti in Tribunale ci sarà una conferenza stampa pubblica che dibatte sull’evento, chiaramente parla solo l’accusa.

Provo ora a concentrarmi su altri dettagli.

 Io e il mio coimputato siamo venuti a conoscenza delle lesioni gravissime che avrebbe avuto la parte offesa sei mesi dopo gli eventi, in seguito alla lettura del mandato di arresto. Come altri soggetti d’altronde, gli amici e conoscenti che erano con lui (risulta dai verbali e da quello che hanno sempre dichiarato) che non avevano riscontrato tale gravità.

Addirittura lo stesso ****{ presunta vittima}, si è accorto della gravità delle lesioni ben due settimane dopo, quando si è recato al pronto soccorso per farsi refertare e quando ha presentato la formale denuncia-querela d’ufficio (all’epoca contro ignoti non ricordando i presunti aggressori), gettando fin da subito e ancora adesso, poca chiarezza, circa ulteriori aspetti di primaria importanza, quantomeno sulla tardiva tempistica per le presunte importanti lesioni ricevute, a suo dire, quella sera durante gli eventi di cui si discute in questo processo. Questo sarebbe un fatto centrale che nemmeno ho mai fatto presente. Davanti a tante irregolarità ed evidenze è quasi divenuto un ulteriore argomento secondario. Strano che le Corti milanesi non lo abbiano approfondito.

Prima della convalida formale dell’arresto, pur avendo solo i primissimi atti d’accusa, decido tuttavia di rilasciare una dichiarazione spontanea al G.I.P al quale esprimo quattro concetti principali:

in prima istanza esprimo il dispiacere per le condizioni del ragazzo ferito, ribadendo che l’ho appreso dagli atti;

Affermo che ho notato già anomalie nel mandato e il fatto che gli accadimenti non si erano assolutamente svolti come ricostruiti dai primi atti d’accusa;

mi riservo di rispondere direttamente al PM titolare del fascicolo, anche per baipassare la passacarte della G.I.P.;

infine dichiaro la mia totale estraneità agli addebiti.

 Non accenno in alcun modo al mio coimputato, in quanto ho il divieto di incontro e non ho idea di cosa intenda fare. Si dimostrerà in completa sintonia con me su questi importanti, delicati e non barattabili principi, che poi è quello che conta per me.

Ovvero la volontà di ribadire l’estraneità, di non “cedere” a patteggiamenti né ad accusare altri neppure velatamente.

Posizione non chiara, fin da subito e nel tempo, quella di chi ha depotenziato la solidarietà con forza.

Ha accentrato con posizioni privatistiche (volendo estromettere dal confronto con qualunque altra realtà), ha mantenuto una pseudo volontà di “dettar la linea” da fuori per un mai compreso “pragmatismo” che millantavano verso tutti ma di fatto non prendeva mai posizione pubblicamente (il che già basterebbe). Ha consigliato continuamente di patteggiare -cioè auto accusarci e rimetterci all’accusa- con “l’opportunismo di negare un’inchiesta politica e perché non c’è nulla da fare” motivando che è “ una brutta storiaccia ” fatto salvo uno spasmodico “ noi ci siamo”, gestito improbabili assemblee finte mentre eravamo in carcere, prendendo decisioni “puriste” alle nostre spalle, apertamente depistando il cuore della vicenda spingendo dunque all’immobilismo, all’ulteriore confusione e nel loro farneticare contorto, arrivando pure ad incolpare gli organizzatori della serata e quant’altro. Chiaramente al dibattimento processuale defilati tutti, salvo qualche apparizione di facciata: non è un caso che gli aggiornamenti, per un fatto pubblico e molto dibattuto, eravamo costretti a farli noi imputati. Il sottoscritto, anche per evitare inutili e infinite polemiche e riportare il grosso problema alla questione principale, li ha per anni difesi nonostante questo atteggiamento inspiegabile.

Ovvero in breve quello che è il creare un clima pessimo, e continuato con l’introiettare e il dare per scontati veline e concetti dell’accusa, cioè il terminale politico dei carabinieri del R.O.S anche durante e dopo il processo. Tutto sotto un imperdonabile e formale sostegno amicale. Il nocciolo del perdurare di tutto quello che racconterò credo risieda in questo. E come feci allora, vado oltre…

 Il mio coimputato è stato portato a giudizio con il capo d’accusa di minaccia e violenza privata, con la derubricazione prima del processo delle altre gravi accuse iniziali ma condannato ad un anno, ovvero con il massimo della pena per questi capi d’accusa.

Il sottoscritto condannato a 3 anni e 4 mesi e 30 mila euro di risarcimento con la formula del concorso morale e materiale con 20 ignoti per lesioni gravissime, pena paradossalmente bassa per i gravi addebiti.

Dopo tanta campagna mediatica di odio, menzognera e criminalizzante, e le successive irregolarità procedurali emerse durante il processo: per uno che, in concorso morale e materiale con ignoti e per futili motivi, avrebbe avuto un ruolo attivo nel barbaro pestaggio che l’accusa afferma esserci stato ai danni della vittima.

Tuttavia è chiaro, data soprattutto la ritrattazione del principale teste di accusa, l’unica sentenza ragionevole nei nostri confronti è l’assoluzione da tutti i capi d’accusa!

 Infine condanna a minacce, insieme al coimputato e 20 ignoti, nei confronti degli amici della vittima,

come presumeva il PM nell’emissione del mandato d’arresto salvo non spiegarne mai il motivo. Tra l’altro, i pochi che avevano fatto dichiarazioni accusatorie in tal senso, hanno ritrattato prima e durante il dibattimento.

La battaglia centrale era, è e continua ad essere politica e in subordine giudiziaria.

La necessità era ed è quella di rafforzare e valorizzare la difesa legale, con tutti gli enormi sforzi puntuali, precisi, argomentativi e continui che ci sono stati da parte di tutti gli avvocati di difesa che hanno partecipato alle fasi giudiziarie.

Partendo dal pre-requisito necessario di fornire l’aggiornamento a chiunque creda che questo non sia il “processo a Lollo e Simo” ma, come sempre ribadito, una vicenda apparentemente apolitica che sposta il quadro politico e fa accostamenti beceri di criminalizzazione alle lotte e chi ne partecipa. Motivo evidente degli accanimenti giudiziari repressivi anche successivi passati con facilità. Vicenda dunque pubblica e collettiva. Spesso quando vengono montati questi impianti accusatori con il trascorrere degli anni tendono a sgonfiarsi: in questo caso non è successo.

Dunque ecco uno dei motivi per cui sono costretto a ritornare su alcune parti.

Fatta questa premessa, importante ora per il sottoscritto è quindi aggiornare e ribadire nel merito le contraddizioni e irregolarità del e nel processo.

Per chi fosse interessato rimando anche al comunicato di aggiornamento scritto nell’occasione del ricorso in appello che si può ritrovare anche nel blog sull’inchiesta riss.nobloggs.org.

Cercando di non entrare eccessivamente nei particolari, sento il diritto e anche il dovere di riportare

alcune questioni. Banalmente osservando che le ipotesi interpretative errate degli inquirenti e di chi ne ha introiettato le tesi (giornalisti in primis e non solo) sono state palesemente rafforzate via via. In molti aspetti infatti si è verificato il classico caso che dietro le quinte si butta un chilo di fango su di noi e poisi scappa, sembra decisamente troppo comodo anche se, come si usava dire, la verità è figlia del tempo, non quella giudiziaria, ovviamente.

Come avviene puntualmente in questi casi, quando la campagna mediatica criminalizzatrice nel tempo trova pochi ostacoli, ben 2 corti di giudizio non hanno avuto difficoltà a condannare invece che cedere perlomeno nel raffronto tra le ipotesi iniziali degli inquirenti (già errate e paradossali) e la realtà emersa, anche e soprattutto nel processo dibattimentale: soprattutto quando si è dimostrata la nostra totale estraneità. Ora la decisione finale è alla Cassazione dove contesteremo principalmente la cecità davanti alla ritrattazione del teste chiave per quest’inchiesta e il travisamento della prova, cosa che infatti formalmente compete nello specifico, alla Suprema Corte.

Mi rendo perfettamente conto che molte cose dette dal sottoscritto siano gravi, ma sono successe e non si può fare finta di nulla. Più si approfondisce, sempre se in buona fede, meglio è. L’inchiesta diventa tabu’ per tutti coloro che, a vario titolo, hanno troppe cose da nascondere.

Vengo alla ricostruzione evidenziando alcuni passaggi che sono spesso ignorati o dimenticati.

Le lunghe motivazioni del 2° grado, oltre ad essere una copia della errata valutazione del primo grado,

continuano a seguire troppe suggestioni che hanno favorito distorsioni di valutazione anche su dati oggettivi evidenti.

Come risultato si è creata molta confusione ed una evidente stortura su aspetti e problemi gravi irrisolti dalle due Corti in merito ad aspetti centrali della vicenda.

Vi è di più: stabilito che aspetti della inchiesta sarebbero secondari, tuttavia anche questi, se inquadrati in valutazioni anche di minimo buon senso, sono molto validi per comprendere meglio la dinamica e la totale estraneità ai gravi reati addebitati.

Un punto centrale dell’inchiesta è la ritrattazione del teste d’accusa.

  • Teste accusatore – ritrattatore

Nell’unica versione accusatoria e utilizzata dalle due Corti per la condanna, ovvero quella a tre mesi dalla festa e rissa imputata, nel verbale il teste afferma la generica “ partecipazione” degli imputati alla rissa avvenuta nel febbraio 2013. Va detto che preliminarmente nel corso delle indagini tale soggetto era stato sentito più volte, come confermerà lui stesso, senza smentita alcuna al processo. Addirittura dirà 7/8 volte, dove prima non si ricordava nulla circa i presunti aggressori dell’amico e poi “sotto pressione” (parole sue), il 12 aprile 2013, cederà fornendo un verbale accusatorio concretizzato successivamente negli arresti il 3 settembre 2013.

Nell’ottobre 2013, quando come imputati per tale procedimento eravamo in carcere ( perciò non in grado di poter potenzialmente esercitare la presunta pressione come presumeva il mandato di cattura per motivare la nostra carcerazione preventiva) il teste ritratta totalmente. Lo fa presentandosi davanti al PM P. Basilone, titolare all’epoca del fascicolo, e per 4 ore argomenta, davanti a lui e ad altri

funzionari negli uffici del Tribunale, le dichiarazioni che scagionavano noi 2 imputati.

Qui una sintesi del verbale della ritrattazione:

“Confermo quella che ho dichiarato in questa sede, al giorno d’oggi, ottobre 2013- posso specificareche l’azione del gruppo di 20 persone che portavano fuori ******{presunta vittima} è avvenuta inmaniera concitata all’incirca in un arco di dieci secondi. Io mi sono preoccupato di seguire – quelloche poi ho detto oggi – di aiutare il mio amico e come ho detto prima non mi sono soffermato pervedere i volti delle persone che lo hanno aggredito.

Per tali ragioni non posso affermare di aver visto Di Renzo {Simone} e neppure Minani { Lollo}partecipare all’accompagnamento verso l’esterno e al pestaggio verso *****{ presunta vittima}”.

NON FINISCE QUI. Argomenta anche il motivo

Il contrasto tra le dichiarazioni potrebbe spiegarsi col fatto che la presente verbalizzazione mi pare molto più attenta a ricostruire i dettagli delle varie fasi e ruoli rispetto alle precedenti, inoltre è una verbalizzazione meno vicina agli eventi. Ricordo anche che ero molto sotto pressione e agitato perché si trattava della prima verbalizzazione in vita mia {quella dei carabinieri} per cui mi sono anche affidato integralmente alla verbalizzazione libera del redattore, infatti anche per la voglia di abbandonare la Caserma mi è stato offerto di rileggere il verbale prima della sottoscrizione, ma io ho detto che mi fidavo e così ho firmato e me ne sono andato”.

 Il cambio di versione metteva in seria crisi la costruzione accusatoria. Il PM, sulla base di questo atto, derubricò giustamente l’accusa per il mio coimputato ma arbitrariamente e inspiegabilmente non per me. Facendo così si è posto in aperto contrasto e in violazione con il principio e la legge 89 del 2001 della Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cod 6.); “ogni persona ha diritto ad una causa esaminata imparzialmente, pubblicamente e a tempo ragionevole”.

La questione è grave: posso solo accampare alcune ipotesi. Quella più logica è la seguente: non è accanimento personale del PM contro di me ma, essendo 2 imputati arrestati e portati a giudizio assieme a 20 ignoti, nella propensione accusatoria non voleva andare a processo contro ignoti quindi contro “nessuno”. Avrebbe dovuto implicitamente ammettere subito che l’impianto accusatorio era crollato e non erano più “violenti NoTAV picchiatori” e tutto il resto ribadito con tanta forza, ma semplicemente ignoti e quindi apertamente scagionarci e derubricare fin da subito. In quel periodo era fresco il vero e proprio linciaggio e sciacallaggio mediatico.

Nel dibattimento, iniziato 2 anni dopo i fatti ed esteso per lungo tempo rispetto ai normali processi di questo genere, veniva ribadita la frantumazione di ogni in-certezza di prova a nostro carico da parte del teste d’accusa ora ritrattatore. Questi si trasformava, seppur involontariamente, da teste d’accusa a teste di difesa e ribadiva più volte la ritrattazione in maniera inequivocabile. Questo è successo anche per quasi tutti gli altri testi d’accusa: ci scagionavano di continuo.

Ora, pur volendo “calcare” la prima versione accusatoria, quella sotto pressione dell’accusatore ritrattatore, anche se è appurato che eravamo da tutt’altra parte nel corso della serata e nel momento della rissa (ribadito anche dai 3 testi della difesa e dal buon senso), è cosa ben diversa “ spingere” all’esterno qualcuno dal provocargli eventualmente lesioni gravissime. Per quello vi è un travisamento oggettivo della “prova” che semplicemente non esiste.

Teste d’accusa-ritrattatore al processo ( 2015) “ Ho già detto più volte di non aver visto queste persone, oggi in questa sede ho detto di non aver visto queste persone nel momento in cui venivano trasportate…”.

Le 2 Corti però, nelle motivazioni di condanna, affermano il contrario, con aprioristica e pregiudiziale determinazione. Testualmente riporto “…nessun dubbio dunque sussiste…in ordine del fatto che Minani facesse parte del gruppo di persone che aggredì ****** e, anzi, fosse uno di quelli che non soltanto era sul posto, ma materialmente partecipava all’azione”.

 Per “superare” queste evidenti contraddizioni, il Tribunale e la Corte d’appello valorizzano unicamente la dichiarazione accusatoria poi ritrattata più volte, motivandola con:

  1. Il ricordo più nitido era in prossimità dei fatti (quello accusatorio) mentre come vedremo per la {presunta vittima} è normale che nei primi verbali non ci riconosce come aggressori, mentre poi arricchisce sempre più particolari; dunque le due Corti milanesi utilizzano il loro criterio a intermittenza;
  2. la Corte di 2° grado inventa e aggiunge un nuovo elemento, ovvero che la ritrattazione era avvenuta perché il teste sarebbe stato “impaurito” per l’avvenuta carcerazione di noi due imputati.

In nessun atto è emerso il benché il minimo accenno e per questo affermo che la suggestione ètotalmente inventata…ricordo che nel mandato d’arresto, le esigenze e le formali motivazioni degli arresti preventivi erano per il motivo opposto: pag. 9 mandato d’arresto testualmente:

[…] è ragionevole ritenere che gli indagati, se posti a conoscenza del procedimento in stato di libertà, si adopererebbero con efficacia per frustrarne gli obiettivi….gli ignoti compartecipi del reato sonoanch’essi universitari. Uniti a MINANI e DI RENZO da comuni appartenenze politiche”.

 E’ chiaro che è sfuggita di mano la costruzione accusatoria in quanto il principale teste d’accusa ha ritrattato e per giunta quando entrambi noi imputati eravamo in carcere: insomma ad ogni evento per loro “fuori programma “ dunque inventano una nuova motivazione, anche se in contrasto con la pregressa da loro costruita e ormai frantumata.

Sono spudorati!

  • La presunta vittima 

Nel corso delle indagini non ha mai riconosciuto nessuno nell’album fotografico per l’identificazione, album dove tra le tante era presente la mia foto.

Vi fu anche un’altra occasione in cui gli operanti sottoposero un album fotografico a ***{ presunta vittima}. Neppure in quest’occasione io vengo riconosciuto. Peraltro, compiendo una gravissima irregolarità, nessun verbale fu redatto o comunque depositato nella segreteria del pubblico ministero. Questo lo abbiamo appreso al dibattimento ( trascrizione  Udienza del 20 maggio 2015, pag. 51 e52.)

Nella sua querela, in data 27/02/2013 alcune settimane dopo la festa e rissa, presentata con notevole ritardo dagli eventi, quella che dovrebbe essere la più precisa ed attendibile, volendo seguire il criterio adottato dal Tribunale, solo ad intermittenza della “freschezza del ricordo”) così ***{presunta vittima} descriveva le poche caratteristiche fisiche delle persone coinvolte: “dei miei aggressori non sarei in grado di riconoscere nessuno perché i fatti si sono svolti velocemente ed io ero confuso dai colpi ricevuti. Forse solo quello con cui mi sono spintonato all’inizio. […]Ricordo uno fisicamente molto corpulento, di altezza normale che si muoveva con fare molto aggressivo e colpiva me e il mio coinquilino {oltre ad accusatore -ritrattatore, unico soggetto presente nella rissa di cui vedremo le dichiarazioni che non sarà in grado di riconoscere nessuno}.

Ribadito dal teste in udienza. Il PM lo incalzava sul punto “Lei sarebbe in grado di riconoscere questo ragazzo di colore se lo vedesse?” Risposta PRESUNTA VITTIMA “ Non credo, però mi avevano fatto vedere delle foto di riconoscimento e io in questa lista non l’avevo riconosciuto”.

Ancora più esplicito su specifica domanda del mio avv. di difesa: “Prima di farle vedere le foto le hanno detto Lei sarebbe in grado di riconoscere qualcuno?PresidenteLe hanno fatto questa domanda?”

Risposta Presunta vittima “si”

Avvocato difesa: “Lei cosa ha risposto?”

Presunta vittima “No, che non sarei in grado di riconoscerlo”

Avvocato difesa “ Perché?”

Presunta vittima “ Perché ero in stato confusionale tra le botte e le birre che mi ero bevuto”. Aggiunge circa la comprensibile confusione che si copriva il viso in quei pochi secondi (testualmente dal processo

trascrizione pag. 30) P.M.” E i calci che ha ricevuto all’esterno dove l’hanno colpita? ***{presunta vittima}: Al volto, in testa, non al volto perché la faccia me la coprivo, quindi più questa parte qua.

P.M. “Il cranio quindi diciamo. {Presunta vittima} “si, il cranio”.

Le risposte sono disarmanti per l’univocità di significato e le implicazioni: la presunta vittima durante le indagini ed a dibattimento risponde che non è in grado di riconoscere alcun aggressore. Lo fa tra l’altro, quando il sottoscritto era davanti ai suoi occhi all’inizio della sua testimonianza, in quanto presente in aula all’udienza sul banco degli imputati.

Inoltre, come risultava dai primi atti di indagine, anche gli amici e coinquilini, presenti alla festa, ilgiorno dopo (è scritto inequivocabilmente sui verbali) gli hanno comprensibilmente domandato se siricordava qualcosa, ma anche a loro era stata data la medesima spiegazione.

Pochi giorni dopo, nella facoltà di Brera, frequentata in gran parte dal suo gruppo, incontra e chiacchiera con ****{accusatore -ritrattatore}, quello che era tornato indietro minuti dopo e aveva avuto una discussione rapida con il sottoscritto. Nella migliore delle ipotesi, ovvero presumendo la buona fede, nel verbale successivo, l’unico dove mi indica come presunto aggressore, ha sovrapposto erroneamente la mia immagine al racconto del suo amico. Il verbale tra l’altro è datato 3 mesi post eventi, casualmente dopo il 12 aprile quando avviene la versione accusatoria del suo amico (che poi ritratterà ampiamente): data dove spuntano per la prima volta i nomi del sottoscritto e del mio coimputato nell’indagine.

In questo verbale aveva arricchito di alcuni particolari: aveva fatto “enormi sforzi di mente locale “ uno su tutti il colore scuro di pelle di un presunto aggressore. Inoltre, anche caratteristiche fisiche del mio coimputato. Questi ritorni di memoria stupiscono.

Stupisce ancor di più che la caratteristica del mio colore scuro di pelle inizialmente non sarebbe stata notata ed emerga solo a questo punto. Stupisce che un particolare così rilevante nei riconoscimenti non fosse subito rappresentato nemmeno vagamente con la prima querela dove evidentemente erano pur state fatte domande dalla p.g. mirate sulle caratteristiche fisiche degli aggressori.

Un soggetto talmente poco attendibile che su tale circostanza, che anche la Presidente del dibattimento (salvo condannarmi) ha più volte stigmatizzato la questione più volte, riprendendolo in modo risoluto e netto.

Formazione progressiva del suo ricordo abbastanza in contrasto con i canoni medi mnemonici di chiunque. Non è azzardato affermare che è facilmente inquadrabile nel tentare di colmare il recupero di “memoria” data la situazione. Soggetto che è mosso da oggettivi interessi economici (la richiesta iniziale di risarcimento era sui 126 mila euro).

Personaggio che almeno ammette in seguito che il pseudo riconoscimento tardivo è in termini di mera probabilità. Altro che “prova” come fantasiosamente asseriscono le due Corti per la condanna.

Persona che era sotto shock durante la serata e senz’altro alterato da sostanze alcoliche per sua ammissione e dei suoi amici (testi d’accusa ).

PM “Ma aveva bevuto un po’ quel giorno?”

Presunta vittima “Sì”

Accusatore -ritrattarore “Si era abbastanza brillo…” [da trascriz udienze].

Inoltre, soggetto che fa uso abituale di droghe, anche pesanti, certamente in grado di influenzare e immagazzinare i ricordi: hashish, cocaina, ecstasy, ketamina (come risulta dal dibattimento). Non si può escludere infatti che anche quella sera ne avesse fatto uso: il teste (teste d’accusa) **** (totalmente estraneo e imparziale in quanto non conosce né gli imputati né il ****{presunta vittima} e i suoi amici) ne parla spontaneamente infatti così al dibattimento: “mi sembrava che fosse alterato, non so dire da che cosa, se da qualche sostanza o meno, probabile, la percezione che ho avuto io era quella che ci fosse un alto livello di alterazione” trascrizione udienza dibattimento 2015,

Infine la disinvoltura nelle menzogne su alcuni punti da parte di ****{presunta vittima}

AVV. DIFESALei assume altre sostanze? PRESUNTA VITTIMANo.

AVV. DIFESALei deve rispondere secondo verità. PRESUNTA VITTIMA – Sì, sì, di rado è successo, ma non assumo sostanze abitualmente, saltuariamente mi è capitato

nella vita di assumere sostanze, non quella sera. AVV. DIFESA Quali sostanze?

PRESUNTA VITTIMAMi è capitato di provare della cocaina, le canne, pastiglie e basta penso.

AVV. DIFESAPastiglie di che cosa? PRESUNTA VITTIMADi ecstasy.

AVV. DIFESA – Altro? PRESUNTA VITTIMANo. AVV. DIFESASicuro?

PRESUNTA VITTIMA Sì. AVV. DIFESA Lei quando ha fatto l’intervento è stato sottoposto ad alcune domande dall’anestesista, le ha chiesto che sostanze assumeva, se assumeva…

PRESUNTA VITTIMAKetamina anche. AVV. DIFESA Dimenticava una sostanza.

PRESUNTA VITTIMASì, mi scusi, pensavo che era all’interno dell’ecstasy

come sostanza. AVV. DIFESAÈ diversa.

PRESUNTA VITTIMA – Sì, ma non... AVV.DIFESA – Sono diversi anche gli effetti, anche le

conseguenze, lo sa? PRESUNTA VITTIMASì, certo. ( Trascriz. Udienza 16/04/2015 pag 58 59)

Il breve dialogo, credo che non necessiti di ulteriori commenti.

ALTRO TESTE (Chiamato dall’accusa).

 Avrebbe meritato una valutazione più approfondita almeno nelle motivazioni di sentenza del 2° grado invece stranamente è stato “liquidato “con molta fretta. Addirittura fanno quasi finta che non esista.

E’ importante in quanto teste presente alla rissa e trattandosi di teste che ha sempre ribadito, e mai stata

messa in discussione da nessuno, la sua presenza in quei momenti). Addirittura ha parzialmente subito

l’aggressione. Insieme a**** (accusatore – ritrattatore amico della vittima) e ***** {presunta vittima} dei quali ho argomentato in precedenza, non solo egli è presente ma ha sempre confermato, in tutte le fasi della vicenda, l’estraneità degli imputati, senza mai cambiare versione anche quando trovatosi di fronte a noi in aula in quanto presenti all’udienza.

Il suo racconto è sempre stato lineare, coerente e confermato nuovamente in dibattimento. Stralcio verbale d’ indagini pre arresti ( stralcio verbale 10/04/2013 ) ”Non sono in grado di riconoscere alcuno degli individui che hanno picchiato il mio amico né i miei aggressori.”

 Successivamente ri-convocato post-arresti il 23/09/2013, non aggiunge nessun particolare circa noi imputati neanche in questa occasione.

Nel dibattimento, davanti ad entrambi noi imputati presenti in aula, ha ribadito di non riconoscerci come partecipanti all’aggressione, nonostante gli inviti continui ed immotivati della Presidente e del PM a “riflettere” meglio e più attentamente.

Egli non ha riconosciuto il sottoscritto non solo tra gli aggressori, ma, più in generale, tra coloro che in qualche modo gli avevano lasciato un ricordo quella serata: (trascr. Pagg. 158-159)

P.M. – No, nessuna cosa da contestare. Chiedo se riconosce tra le persone presenti in aula qualcuno dei soggetti presenti.

PRESIDENTE Si alzi in piedi e guardi bene tra le persone ovviamente non quelle con la toga.

TESTE – No.

PRESIDENTE – Ha guardato bene?

TESTE – (non si rileva risposta verbale)

PRESIDENTE – Dichiara di non riconoscere nessuno, cioè riconoscere nel senso di non vedere nessuno delle persone sia che ha menzionato lui personalmente sia che ha visto quella sera comunque lì in zona.

TESTE – Esatto.

PRESIDENTENon ha visto nessuno delle persone che c’erano qua.

TESTENo.

Ennesimo teste (per altro dell’accusa) che ci scagiona totalmente.

  • Foto mancante

Dopo due gradi di giudizio non risulta ancora chiarita la questione centrale della mia foto

mancante negli album per i riconoscimenti sottoposti al teste chiave (che poi ritrattò) dove inizialmente in un verbale mi indicò assieme al mio coimputato come tra i (partecipanti) alla rissa: è risultata mancante la mia foto negli album. L’interrogativo grave sorge spontaneo: qualcuno prima di arrestarci e soprattutto nel momento del riconoscimento ha per caso suggerito la mia foto? Su richiesta specifica non solo delle difese ma anche della Corte, non è stata data una risposta non solo nel dibattimento ma neppure in seguito è stata trattata tale importante omissione.

Al dibattimento, è stato chiesto al graduato dei R.O.S. in qualità di curatore dell’inchiesta, dov’era la mia foto. (Album dei riconoscimenti alla mano) sicuro di trovarla continuava a sfogliare le pagine ma non la trovava. Tra lo sbigottimento dei presenti durante il suo ascolto, dalla Presidente della Corte, è stato fatto andare via in tutta fretta.

Da segnalare inoltre che è l’esito di un’indagine enorme e ad ampio raggio. L’assunzione di massicce intercettazioni, di sommarie informazioni da parte di decine di persone informate sui fatti (ascoltate e più volte riconvocate), l’audizione dibattimentale di decine di testimoni ( indagine dunque quantomeno singolare per una rissa) non ha portato alcun concreto contributo alla tesi accusatoria, tanto da non essere confluite, attraverso rituale perizia, al fascicolo del dibattimento. Sconcertante è che due Corti del Tribunale trovino decisivo un brano delle sommarie informazioni rese da un testimone, in assenza di contraddittorio e per altro poi ampiamente ritrattate. E non appurino minimamente tutto il resto.

  • Circa le presunte minacce

 I pochi testi d’accusa che avevano inizialmente affermato, all’interno di alcuni dei loro verbali in fase di indagine di aver avuto minacce hanno ampiamente ritrattato più volte sia per il mio coimputato che per me. Questo sia quando ri-convocati che a dibattimento.

Per ora, in questo tentativo di ricostruzione parziale della vicenda, tralascio tanti altri aspetti ma l’inchiesta come ben noto è molto più ampia e ha coinvolto a vari modi centinaia di persone. C’è ahimè da tener presente che la campagna di monito per tutti, d’intimidazione e di divisioni continue ha funzionato; assoluzioni o condanne a parte. E’ per questo che è volutamente rimossa o distorta da parecchi. Il grosso guaio per tanti è stato il perdersi nella logica del “tutti contro tutti”. Tanti hanno perso di vista la centralità delle vicende, mentre ne venivano fatte di cotte e di crude.

Infine, anziché, prendere atto della brutta situazione, è stato più facile per molti essere liquidatori perché è sempre in apparenza più rassicurante invece che osservare la realtà . Non credetegli.

Sempre a testa alta,

28/novembre/2020

Lollo

SENTENZA ( 30/11/2020)

La Corte di Cassazione conferma le condanne dei due gradi di giudizio precedenti:
3anni e 4 mesi ( Lollo )
8 mesi ( Simo )