pre scriptum:
la parte tra le parentesi graffe è aggiunta del sottoscritto per far capire le parti in causa, perchè non mi interessa pubblicare i nomi anche dei nostri denuncianti.
Ta le parentisi quadre e puntini [….] le omissioni che per brevità non inserisco.
QUI SOTTO LA SINTESI DELLA RICOSTRUZIONE, FATTA DA UNO DEI MIEI DUE AVVOCATI DI FIDUCIA.
” ESTRATTO DEL RICORSO DELL’APPELLO”
Il comportamento dell’imputato.
Secondo il tribunale il comportamento che Minani tenne in seguito all’aggressione a ******{presunta vittima} non sarebbe logicamente comprensibile se non ammettendo che lo stesso avesse in precedenza partecipato all’aggressione a ******{presunta vittima}
Di che comportamento parla il tribunale? Del contegno agitato dimostrato nell’alterco con ******{accusatore ritrattatore} e del repentino mutamento di atteggiamento all’arrivo dei carabinieri.
La prima osservazione da fare è che il comportamento del Minani fu in quel frangente pressoché identico a quello del Di Renzo, originariamente coindagato per le lesioni ma portato a giudizio soltanto per il reato di violenza privata, evidentemente applicando un differente parametro di logicità.
Si tratta in ogni caso di una conclusione assolutamente arbitraria.
Il racconto dell’imputato reso in interrogatorio e confermato nell’esame dibattimentale da’ infatti conto di un comportamento che, dato il soggetto e il contesto, pare del tutto logico.
Minani ha raccontato di essersi recato alla festa in università dove aveva numerose amicizie: la festa si svolgeva nello spazio compreso tra l’atrio d’ingresso posto subito dopo l’entrata pedonale di via Festa del Perdono, il corridoio che conduce alle scale centrali e l’atrio lì posto, dove era stato allestito un punto di ristoro. […..]quando si accorse del formarsi di un rumoroso assembramento di persone all’altezza dello stretto corridoio che conduce all’atrio di uscita. Incuriosito, si allontanò dagli amici (che hanno confermato) e andò a vedere cosa stesse accadendo.
Pur parzialmente impedito dalla calca che si era formata, riuscì a notare una rissa in corso tra alcune persone e a seguirne lo sviluppo nell’atrio e poi fuori. Continuò, per quanto possibile, a seguire l’azione anche quando il parapiglia si spostò all’esterno. Qui ebbe modo di percepirne la violenza. Percepì anche che causa, almeno in parte, del fatto era il comportamento di chi sembrava avere la peggio il quale, mentre veniva spinto fuori, continuava a resistere e farsi sotto agli altri e insultarli, provocandone la reazione.
Le persone si allontanarono e Minani rimase sul posto, certamente colpito dalla scena cui aveva assistito.
D’un tratto qualcuno torna indietro, evidentemente molto alterato “*******{accusatore ritrattatore} nel momento in cui ho chiesto chi fosse stato è la prima persona che mi è venuta a fronteggiare … Presidente.: Lei aggredisce lui verbalmente, lui aggredisce lei? (“*******accusatore ritrattatore}: si, esatto. Presidente: a parole, vi dite parolacce? (“*******accusatore ritrattatore}: sì, è verosimile che ci siamo insultati” trascr. udienza 16 aprile 2015 pag. 94 e 95).
A questo punto ha luogo un alterco breve e violento tra Minani e (“*******accusatore ritrattatore}: la versione di Minani differisce da quella di (*******accusatore ritrattatore} perché ognuno dei due sostiene di essere stato aggredito per primo dall’altro, ma la sostanza non cambia, almeno per quanto riguarda la logicità e credibilità della spiegazione del proprio comportamento da parte di Minani. Ha appena assistito a una brutta rissa, percepisce che l’insistenza della parte soccombente ne ha come minimo aggravato le conseguenze, ritiene che sia un bene che la persona che aveva visto insistere si sia allontanata perché la permanenza del gruppo soccombente avrebbe potuto aggravare le conseguenze. A questo punto cosa succede? Che alcuni di quelli che si erano allontanati, tornano indietro, si rifanno sotto: chiedono perentoriamente spiegazioni a lui che tra l’altro non ha responsabilità nel fatto: ecco perché Minani si arrabbia .
Altrettanto comprensibile senza dover supporre il concorso nelle lesioni a *******{presunta vittima} è il comportamento tenuto all’arrivo della pattuglia.
Minani è un attivista politico piuttosto in vista ed è conosciuto dalle forze dell’ordine: sa che l’arrivo di una pattuglia della polizia può complicare la posizione di uno come lui, a prescindere dalla reale dinamica dei fatti (lo sa per esperienza perché in almeno tre occasioni è stato imputato e poi assolto), come puntualmente verificatosi. Non era il caso di continuare a litigare sotto gli occhio della pattuglia nel frattempo sopraggiunta.
E’ per questo più che logico motivo che, non appena si accorse dell’arrivo dei carabinieri mutò atteggiamento smettendo di discutere con ********{accusatore ritrattatore}.
Avrebbe piuttosto fatto bene il tribunale a valorizzare in termini del tutto opposti il significato del comportamento processuale di Minani, comprensibile solo ipotizzandone l’innocenza.
Sottoposto a custodia cautelare in carcere decise di chiedere l’interrogatorio al pubblico ministero, ancora nella prima fase delle indagini, senza conoscere che in minima parte gli elementi di indagine raccolti. Rispose a tutte le domande rendendo lo stesso racconto confermato nel processo: non avendo fatto nulla non ha potuto indicare testimoni che ricordassero ciò che non aveva fatto {…}.
Caso più unico che raro è stato lo stesso imputato a chiedere il giudizio immediato, rinunciando alla possibilità di accedere ad un rito alternativo: patteggiando avrebbe eluso il rischio di vedersi condannato al risarcimento del danno, che, in un processo in cui la parte civile ha richiesto oltre 100mila euro, non è un dettaglio.
Ha partecipato a tutte le udienza, compresa quella in cui ha deposto la persona offesa, che non lo aveva riconosciuto in fotografia, così accettando il rischio di essere riconosciuto in aula.
Chi abbia un minimo di esperienza di processi penali, sa che questo non è il comportamento tipico di chi abbia, come si dice, la coscienza sporca.
Testi a difesa.
La difesa ha introdotto la prova dichiarativa consistente nel ricordo di tre persone, amici dell’imputato.
Si tratta di tre persone che ricordavano di trovarsi in compagnia di Minani nel momento nel momento in cui scoppiò la rissa{…}
Dice il tribunale che si tratta di testimonianze non decisive. E’ vero, ma proprio per questo si tratta di dichiarazioni altamente credibili: come può darsi la prova di non aver partecipato ad un fatto cui si è soltanto assistito? Pensa davvero il tribunale che sarebbe stato possibile trovare una persona che, a distanza di oltre sei mesi da una rissa avvenuta nella confusione di una festa pubblica, ricordasse cosa stesse facendo Minani, che non faceva niente di speciale se non guardare, mentre ******{presunta vittima}veniva spinto fuori dall’università?
Minani è stato condannato per aver partecipato alla fase di spingimento verso l’esterno{…} Questa fase fu intensa, ma brevissima: durò circa dieci secondi (“Al giorno d’oggi, posso specificare che l’azione del gruppo di venti persone che portavano fuori il ******{presunta vittima} è avvenuta in maniera concitata, all’incirca in un arco di 10 secondi” *******{accusatore ritrattatore}, sit rirattazione16 ottobre 2013, confermate in dibattimento da accusatore-ritrattatore) e seguì ad una discussione tra ******{presunta vittima} ed un’altra persona (certamente non Minani) di durata simile.
*******{accusatore ritrattatore} ha soltanto riferito di essere tornato nei pressi dell’università, decisamente alterato,in cui era stato coinvolto ******{presunta vittima}, e di essere incappato in Minani con cui ingaggiò una serrata discussione. Minani, concordemente, ha riferito di essere venuto a contatto con ********{accusatore ritrattatore}, tornato minacciosamente indietro. Ne nacque una discussione accesa e breve, ricostruita in termini non univoci, nella misura in cui Minani e ******{accusatore ritrattatore} ne attribuiscono l’uno all’altro la responsabilità. Quel che è certo è che l’arrivo dei carabinieri vi pose fine, perché Minani stimò opportuno chiuderla senza ulteriori conseguenze. Come ampiamente ricostruito, il disappunto di Minani, che aveva assistito alla fase precedente, derivava dalla constatazione dell’imprudenza e della protervia manifestate da ********{accusatore ritrattatore} che, alterato, gli si fece sotto pur essendo egli estraneo ai fatti avvenuti e nonostante, con il rischio di fomentare ulteriormente gli animi. Vistosi ingiustamente aggredito, Minani si difese (secondo la sua versione) o perse momentaneamente la calma (secondo la versione di *******{accusatore ritrattatore}); nulla di tanto grave da impedire a Minani di riacquistare la calma all’arrivo dei carabinieri.
Ecco spiegato il comportamento dell’imputato in questa fase, che non fu né volle essere di minaccia ma di riconciliazione.
[…]
Si chiede sotto quest’aspetto che sia valorizzato il comportamento processuale dell’imputato, improntato ad una schietta e costatante partecipazione.
Inoltre, pur non avendo concorso nel fatto e non avendo quindi responsabilità rispetto cui mostrare resipiscenza, nonostante tutte le sofferenze causategli dalla presente vicenda processuale, Minani, in sede di interrogatorio di garanzia, durante l’interrogatorio del pubblico ministero, e poi ancora in dibattimento, ancora prima di parlare in propria difesa, ha voluto dimostrare vicinanza umana alla persona offesa e condanna per i fatti accaduti.
Avv. ….. …..
DI SEGUITO, ESTRAPOLATI DELLA SINTESI DEL RICORSO DELL’ ALTRO AVVOCATO DI FIDUCIA, CHE COME MOLTI ALTRI, E PIU’ DI TUTTI, HA SEGUITO L’INCHIESTA E LA VICENDA E SI INSERISCE TECNICAMENTE, A PARTIRE DALLA FINE DEL PRIMO GRADO, (difesa Minani) IN PIENA SINTONIA CON IL PRIMO AVVOCATO.
Proposto da: Avv. Ettore Grenci del Foro di Bologna, difensore di fiducia del sig. Lorenzo Kalisa Minani, nato a Milano, il 15.6.1983{…}
2° RICORSO
Premessa.
Il processo penale di primo grado a carico del sig. Minani ha avuto quale principale, se non unico, riferimento probatorio le testimonianze della persona offesa e di altri soggetti che, a vario titolo, si trovavano nel medesimo contesto spaziale e temporale di quest’ultima tra il 14 ed il 15 febbraio 2013.
[….]
In realtà, le indagini sono state molto più complesse e ad ampio raggio, con massicce operazioni di intercettazioni telefoniche (ben sedici CD-DVD di brogliaggi), che tuttavia non hanno portato alcun concreto contributo alla tesi accusatoria, tanto da non essere confluite, attraverso rituale perizia, al fascicolo del dibattimento.
Per quanto riguarda il fatto storico che ha portato all’indagine prima, ed al processo poi, può esser qui condivisa, a grandi linee, il pestaggio a carico di *****{presunta vittima}, probabilmente “reo” di aver imbrattato un manifesto di natura “politica” nel corso di una festa all’interno della sede dell’Università di Milano.
La lettura delle varie testimonianze sul punto porta a ritenere che vi siano stati due momenti del litigio: uno all’interno dei locali in cui si svolgeva la festa, ed un secondo all’esterno. {..}
Inoltre, dopo l’azione ai danni del *****{presunta vittima}, vi sarebbe stato un secondo diverbio tra gli imputati ed alcuni testimoni (in particolare *****{accus-ritrattatore} e *****{ amica che negherà al processo l’autenticità della sua firma nei verbali d’accusa}), da cui è scaturita l’accusa di cui al capo B) dell’ imputazione, questa volta contestata ad entrambi gli imputati Minani e Di Renzo.{….}
Il destino giudiziario dell’imputato è dunque indissolubilmente legato al ricordo delle persone presenti ai fatti, che hanno reso dichiarazioni sia nel corso delle indagini che nel processo{….}
Un concetto scientificamente accertato, dunque, di cui magistrati ed avvocati conoscono la fondatezza e portata per la loro esperienza quotidiana nelle aule d’udienza, e che, prosaicamente, così può riassumersi: la memoria dell’essere umano funziona generalmente abbastanza male.
Nel processo a carico del sig. Minani, la memoria della maggior parte dei testimoni, le cui dichiarazioni sono state assunte a prova inconfutabile dei fatti e della responsabilità penale degli imputati, ha funzionato malissimo.[….…]
CONCLUSIONI.
Minani, più di ogni altra persona sentita nelle varie fasi del procedimento e del processo, ha mantenuto una propria versione coerente e lineare sin dall’origine della sua vicenda cautelare.
Si è sempre reso disponibile, a cominciare dalla fase delle indagini preliminari, ad offrire le proprie conoscenze rispetto a quella serata, non sottraendosi neppure all’esame delle parti e del tribunale in fase processuale.
Tale impegno, tuttavia, non è valso neppure al riconoscimento delle attenuanti generiche, di cui Minani sarebbe stato ampiamente meritevole, visto il suo corretto e leale comportamento nel corso dell’intero procedimento.
Il Tribunale, invero, ha speso molte delle proprie energie argomentative più a confutare la tesi dell’imputato e a screditarne la credibilità, piuttosto che focalizzare la sua attenzione, come avrebbe dovuto, sulle problematiche testimonianze di alcuni testi d’accusa,per i quali vi sono ben più solidi sospetti sulla loro mancanza di credibilità, non fosse altro per il non marginale dettaglio che questi sarebbero chiamati per Legge ad affermare il vero, Minani no.
ll sig. Minani, a parere di questa difesa, ha espresso con lucidità, coerenza, linearità, la propria versione dei fatti, sulla quale ha mantenuto una sola parola sin dal drammatico inizio della presente vicenda giudiziaria, con l’applicazione della misura cautelare di massimo rigore.
E’ arduo sostenere – come fa il Tribunale – la mancanza di credibilità dell’imputato su presupposto che le sue dichiarazioni sarebbero in contraddizione, e non riscontrate, da quelle di testi come *****e *****. Questi soggetti, volendo citare le parole dello stesso Pubblico Ministero, sarebbero stati addirittura reticenti.
Parimenti arduo ritenere fondate le deduzioni che hanno portato il Tribunale a credere che Minani avesse partecipato all’aggressione, fra le quali il presunto comportamento che egli avrebbe mantenuto subito dopo i fatti con ****{accusat ritrattatore} e ******, o addirittura a distanza di ore dagli stessi (con il teste ****), comportamento definito “agitato ed aggressivo”.
Ora, pur volendo ammettere che Minani si fosse posto in maniera scontrosa o aggressiva con alcuni testimoni, da ciò non si potrà dedurre, attraverso un inaccettabile sillogismo, che ciò sia da ricondurre alla sua partecipazione ad un pestaggio, e addirittura ne costituisca la prova.
Il voler introdurre tale presunzione disvela tutta la difficoltà del Tribunale nel superare le criticità della prova dichiarativa a carico, tutt’altro che solida.
Nel caso di prove chiare, logiche, precise, infatti, non si sarebbe avvertita la necessità di ragionare attraverso il ricorso a presunti atteggiamenti o comportamenti che non hanno nulla a che vedere con le violenze commesse ai danni del *****{ presunta vittima}.
Se poi ci si volesse confrontare sul campo delle deduzioni, allora è ben più verosimile credere che se Minani fosse stato uno degli autori materiali di tali violenze sarebbe sparito immediatamente dal luogo dei fatti all’arrivo dei carabinieri,come è accaduto per molte altre persone lì presenti (teste **** verb. Udienza del 20.5.2015, pagg. 13, 14 trascr.: Presidente: Lei l’ha vista la pattuglia che è arrivata? TESTE ****: Si. A quel punto, si sono tutti allontanati e noi abbiamo raggiunto ****{presunta vittima} e *****….).
Ora, secondo una deduzione dotata di maggiore logica rispetto a quelle del Tribunale, si deve ritenere che se Minani è rimasto sul posto, correndo il concreto rischio di essere riconosciuto come uno dei co-rissanti, pur potendo sfruttare il momento per allontanarsi con le altre persone, egli non avesse in realtà nulla da temere.
Quello delle deduzioni, dunque, è un campo di analisi che, pur essendo certamente suggestivo, non è in alcun modo appagante, dovendo qui essere adottato un metodo di accertamento delle responsabilità che presuppone l’assoluta certezza della prova, come imposto dal principio codificato dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”.
L’istruttoria dibattimentale ha invece prodotto molteplici e più che ragionevoli i dubbi sulla responsabilità penale del sig. Minani, e ciò per le gravi criticità delle prove dichiarative a suo carico e per la non adeguata valutazione e valorizzazione di quelle a discarico.
E’ per queste ragioni, dunque, che si chiede la riforma della sentenza di primo grado, confidando nell’accoglimento delle richieste formulate con il presente atto di appello.
Con osservanza.
Bologna, lì 13 gennaio 2015
Avv. Ettore Grenci