SUGLI ARRESTI DI IERI A MILANO
Alcuni ragazzi si sono picchiati ad una festa di carnevale in università. Sfortunatamente, uno di loro si è fatto male. Un fatto serio, certo, ma uguale a mille altri che succedono e succederanno, a un concerto, in discoteca, per strada. Reati comuni, si chiamano. E se i due studenti arrestati ne risulteranno giuridicamente responsabili – se, perché per ora si dovrebbe ancora presumere che non lo siano -, ne risponderanno. Ma non è questo il punto. Il punto è: se di reati comuni si tratta, perché allora le indagini sono condotte dalle sezioni antiterrorismo dei carabinieri e della procura? Perché avrebbero cominciato a litigare per un manifestino politico? E se avessero discusso per questioni di tifo calcistico, cosa sarebbe successo, sarebbe intervenuto il Coni? Quel che è certo è che intanto sui quotidiani si sprecano i ragionamenti che partono dalla militanza politica degli arrestati e arrivano a giudicare, col metro del litigio alla festa dell’università, la lotta no tav o l’esperienza dell’ex-Cuem alla statale. Ma fare ragionamenti basati sul presunto incipit del litigio per condannare esperienze del tutto estranee, questo si, è politico. E lo è in un senso ben preciso. E’ reazionario. Si vuole discutere di Tav? Bene, lo si faccia, ma allora si parli di infiltrazioni mafiose, di costi, di utilità, del diritto di decidere del proprio futuro. Si vuole discutere dell’ex-Cuem? Bene, si parli di università, di baronaggio, di università azienda, degli effetti della riforma Gelmini. Si vuole parlare di politica? Lo si faccia in termini di onestà intellettuale e di verità. Questo se qualcuno spera ancora di cambiare qualcosa. Se no, andiamo pure avanti così, con buona pace di chi ancora ne ha. Un tempo si diceva che solo la verità è rivoluzionaria.
Avv.ti Eugenio Losco e Mauro Straini (difensori degli indagati)