pre scriptum:
la parte tra le parentesi graffe è aggiunta del sottoscritto per far capire le parti in causa, perchè non mi interessa pubblicare i nomi anche dei nostri denuncianti.
Ta le parentisi quadre e puntini [….] le omissioni che per brevità non inserisco.
RICORSO DEL PRIMO AVVOCATO DI FIDUCIA.
Il tribunale ritiene “decisive e attendibili” le dichiarazioni rese da ******{accusatore-ritrattatore} il 12 aprile 2013 alla polizia giudiziaria, definendo il racconto reso in quella sede “coerente, lineare, unitario e completo”. {….}
E’ dunque questa dichia razione, contenuta in un verbale di sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria a costituire l’architrave del ragionamento del tribunale in punto di attribuzione al sig,Minani della responsabilità per la commissione del fatto di cui al capo A- dell’impugnazione.
Ora, già il fatto che all’esito di un indagine ed un processo che sono passati attraverso l’assunzione di sommarie informazioni da parte di decine di persone informate sui fatti, ascoltate e più volte riconvocate, l’intercettazione di migliaia di conversazioni telefoniche (molte delle quali anche tra gli imputati e i difensori), l’intercettazione di centinaia di comunicazioni telematiche, l’interrogatorio degli indagati, {…..} conversazioni intrattenute tra queste nella sala d’attesa della caserma dove erano state convocate, l’audizione dibattimentale di decine di testimoni (compreso l’autore della dichiarazione in questione – che in dibattimento confermò di averla successivamente ritrattata), il tribunale trovi decisivo un brano delle sommarie informazioni rese da un testimone, in assenza di contraddittorio alla presenza dei soli operanti, acquisite al dibattimento con il consenso della difesa soltanto per meglio illustrare il senso della dichiarazione successiva in cui lo stesso teste le ritrattava, dovrebbe fare nascere più di un sospetto sulla correttezza della conclusione del tribunale.
Ma quel che è peggio, il tribunale, pur considerando decisiva la dichiarazione resa dal ******{accusatore-ritrattatore} nel verbale di s.i.t. del 12 aprile 2013 quasi omette, in una sentenza non certo sintetica, di riferire un dettaglio che, all’evidenza, è invece un punto centrale: ******{accusatore-ritrattatore} non venne sentito soltanto il 12 aprile 2013, ma anche in seguito (non anni, ma pochi mesi dopo), il 16 ottobre 2013{verbale di RITRATTAZIONE}, in un verbale egualmente acquisito al fascicolo del dibattimento e redatto con attenzione evidentemente molto maggiore (la verbalizzazione durò oltre 4 ore!) alla presenza del pubblico ministero in persona: ebbene, in quest’occasione ******{accusatore-ritrattatore} negò di aver riferito quanto dichiarato il 12 aprile 2013.
Le dichiarazioni rese il 16 ottobre meritano di essere riportate quasi per intero:
“In brevissimo tempo la situazione degenerava poiché una decina di persone circa lo conducevano, di forza, all’esterno dell’ateneo, nonostante *****{presunta vittima}si opponesse alla loro azione. La ressa che si creava non mi consentiva di raggiungere immediatamente il ******{presunta vittima}anche se in qualche modo riuscivo a guadagnare l’uscita. (…) Nel momento in cui intervenivo, mi preoccupavo solo di trarre in salvo il mio amico ******{presunta – vittima} e quindi non guardavo direttamente i volti degli aggressori. Dopo circa due minuti, lasciavo il *******{presunta vittima} in compagna di altri amici e mi avvicinavo ai ragazzi che si erano intrattenuti sul luogo dell’aggressione tra cui, presumo, vi fossero anche gli aggressori stessi (dunque non sapeva chi fosse stato, ndr).
{….}Domanda: che cosa è successo dopo l’episodio che ha descritto?
Risposta: ho continuato a chiedere ai presenti chi fosse stato a perpetrare l’aggressione a ******{presunta-vittima}e perché (evidentemente perché non sapeva chi fosse stato!).
A quel punto, intervenne il pubblico ministero, il quale “dopo aver letto la verbalizzazione sopra estesa chiede al sig. *******{accusatore-ritrattatore} di spiegare il contrasto tra le sue dichiarazioni nel presente verbale e quelle rese in data 12 aprile 2013”. A tale proposito viene letto proprio il brano del verbale del 12.3.2013, poi ritenuto “decisivo e attendibile” dal tribunale. La risposta di *******{accusatore-ritrattatore} fu netta, chiara, questa sì, decisiva:
“Confermo quello che ho dichiarato in questa sede. Al giorno d’oggi, posso specificare che l’azione del gruppo di venti persone che portavano fuori il *******{presunta vittima} è avvenuta in maniera concitata, all’incirca in un arco di 10 secondi. Io mi sono solo preoccupato di seguire e aiutare il mio amico e, come ho detto prima, non mi sono soffermato per vedere i volti delle persone che lo avevano aggredito. Per tali ragioni, non posso affermare di aver visot DI RENZO e neppure MINANI partecipare all’ ’accompagnamento’ verso l’esterno e al pestaggio del *******{presunta -vittima}”.
Non basta, perché il teste diede anche una spiegazione (molto plausibile) del contrasto tra la precedente dichiarazione e quella che stava rendendo: “il contrasto tra le dichiarazioni potrebbe spiegarsi col fatto che la presente verbalizzazione mi pare molto più attenta a ricostruire i dettagli delle varie fasi e ruoli rispetto alle precedenti. Inoltre, è una verbalizzazione meno vicina agli eventi. Ricordo anche che ero molto sotto pressione e agitato {…}mi sono anche affidato integralmente alla verbalizzazione libera (sic! ndr) del redattore . Infatti, anche per la voglia di abbandonare rapidamente la caserma, mi è stato offerto di rileggere il verbale prima della sottoscrizione ma io ho detto che mi fidavo e me ne sono andato” .
Si osservi incidentalmente che è proprio sulla base di questa nuova deposizione che il pubblico ministero abbandonò l’accusa di aver partecipato al pestaggio originariamente elevata anche nei confronti del coimputato Di Renzo attinto, insieme a Minani, da ordinanza di custodia cautelare in carcere in quanto indiziato di aver partecipato all’aggressione in danno del sig. *******{presunta-vittima}.
Poiché entrambi gli indagati,in sede di interrogatorio, negarono di aver partecipato al fatto, il p.m. dispose la nuova audizione del *******{accusatore-ritrattatore}. Convocato in data 16 ottobre, ********{accusatore-ritrattatore}rese le dichiarazioni sopra riportate. Il p.m. chiese quindi di propria iniziativa la sostituzione della misura cautelare nei confronti del Di Renzo per poi chiederne l’archiviazione.Sennonché, le dichiarazioni rese da ******{accusatore-ritrattatore} il 12.3.2013 costituivano lo stesso centrale elemento d’accusa non solo nei confronti del Di Renzo ma anche nei confronti del Minani.
E’quantomeno singolare che la medesima accusa sia stata considerata determinante per uno degli imputati e irrilevante per l’altro.{…..}
A questo punto il teste, spontaneamente, precisa: “non mi sono concentrato in quel momento sui volti delle persone, né all’interno del percorso, né all’esterno quando li ho visti attorno a lui” (pag. 86). L’affermazione è molto chiara: il teste non dice di non ricordare i volti, né di non ricordare se ha guardato o meno i volti: afferma di non averli proprio guardati.{….}
Sentito a dibattimento, *******{accusatore-ritrattatore} ha confermato di non essere mai stato in grado di riconoscere alcuna delle persone che partecipano all’accompagnamento ed al successivo pestaggio.
Il pubblico ministero gli chiede se aveva descritto delle persone ai carabinieri e ******{accusatore – ritrattatore} ricorda di aver descritto delle persone, ma, evidentemente memore dell’equivoco in cui era già caduto (e che lo stesso pubblico ministero aveva contribuito a risolvere), ci tiene subito spontaneamente a precisare: “io queste persone le ho viste quando sono tornato a chiedere”: si arrabbia{…}sono tornato per chiedere chi cazzo fosse stato perché mi stava sul cazzo..” (pag. 89).{…}
convocato dal pubblico ministero in seguito all’interrogatorio dei due indagati (nel frattempo attinti da misura cautelare proprio in base al tale descrizione), aveva precisato di non aver visto le persone che partecipavano all’accompagnamento del *******{presunta-vittima}, ma di aver descritto le persone che presumeva vi avessero preso parte in quanto presenti sul posto in un momento successivo all’aggressione.
Aveva spiegato che il verbale del 12.4.13 non lo aveva neanche riletto e si era affidato alla verbalizzazione libera dell’operante{…}
Il contrasto era già stato risolto e il pubblico ministero ne era al corrente.
Quel che accade in dibattimento a questo punto ha dell’incredibile.
Il pubblico ministero, forse non ricordando il verbale del 16 ottobre 2013 in cui il teste (di fronte a lui stesso!) aveva già disconosciuto quanto verbalizzato il 12.4.2013 e spiegato il perché, contesta al *****{accusatore-ritrattatore} il contenuto del verbale del 12.4.2013 {…}
Il teste, evidentemente, non comprende. Prova a spiegare di aver già chiarito, come in effetti ha già fatto; ma il pubblico ministero, che conduce l’esame, insiste nella sola contestazione del primo verbale. Nessuna menzione alle dichiarazione rese il 16 ottobre. Il teste è incerto.
La difesa prova a intervenire, per aiutare il collegio a comprendere,{…}ma, nella concitazione, l’intervento non resta impresso nella registrazione. Interviene allora il presidente (pag. 90) che è ancora all’oscuro del verbale di ritrattazione e spiegazione del 16 ottobre e teme che il teste finga di non ricordare perché minacciato o altro. Interviene il presidente{…}
******{accusatore – ritrattatore}, non capisce, chiede di proseguire nella storia.{…}vorrebbe aggiungere qualcosa ma il presidente lo interrompe ancora e incalza: “io voglio sapere se lei l’ha detto o no, è vero?
Il pubblico ministero, che ha nel fascicolo il verbale del 16.10.2013{la ritrattazione}, a questo punto dovrebbe intervenire contestando al teste quanto lì dichiarato e chiarire questo punto, ma non lo fa; anzi insiste: “vorrei capire cosa ha fatto questa persona, ce lo chiarire (…) cerchi di ricordare ciò che è accaduto parlando col giudice (pag. 93). E il teste, ancora una volta (è la settima volta che lo dice) {….}
Il risultato non è certo confortante, se parametrato all’obiettivo della ricerca della verità. E non può non notarsi che l’equivoco avrebbe potuto e dovuto essere risolto dal pubblico ministero, che stava conducendo l’esame, attraverso la contestazione del secondo verbale.
L’esame del p.m. si chiude invece senza che questi abbia fatto alcuna menzione del verbale del 16 ottobre{LA RITRATTAZIONE}
il presidente si altera nei confronti del teste: “E allora perché quando le abbiamo contestato e le abbiamo fatto delle domande Lei non ci ha detto subito queste cose? Lei sta facendo perdere del tempo a tutti” (pag. 137) (…) . Ma il teste non poteva sapere che il presidente non sapesse del verbale del 16 ottobre: ovviamente non conoscendo le complicatezze del regime delle contestazioni dibattimentali,{…}Prova a spiegarlo: “In base ai verbali a cui ci siamo riferiti io rispondevo in base a quel verbale singolo, considerato che ce ne sono quattro, che sono stati tutti e quattro diversi,{….}
La battuta successiva chiude il controesame e merita di essere riportata, anche per gettar luce sul diverso concetto di verità che adottano il presidente e il teste (studente di arte): “ TESTE ********{accusatore-ritrattatore}: Semplicemente è stato davvero un muoversi verso una verità per farmi quattro verbali già c’è stato un movimento verso una verità sicuramente.”
PRESIDENTE – Ma non me ne frega niente del movimento verso la verità{…}
PRESIDENTE – …io glielo chiedo e la prego di dirmi la verità perché noi dobbiamo decidere.
TESTE ********{accusatore-ritrattatore} – Ho detto più volte di non aver visto queste persone,{…}
E’ semplicemente incredibile che la motivazione della sentenza, che è fondata essenzialmente sul riconoscimento del Minani da parte *******{accusatore- ritrattatore} nel verbale del 12.4.13 (prova definita “decisiva”), valuti la prova facendo ricorso a criteri del tutto astratti e generici: racconto “coerente, lineare, unitario e completo”{…}
[…]è emerso in dibattimento che furono esercitate significative pressioni su quasi tutti i testimoni:********{accusatore-ritrattatore} riferisce di plurime visite al suo domicilio (setto/otto) mai verbalizzate e di avere addirittura ricevuto un sms sul telefono cellulare da parte di un’operante; la teste *****{accusatrice-ritrattatrice} non ha riconosciuto la propria firma apposta sul verbale di riconoscimento di Minani, ******{altro teste chiamato dall’accusa} riferisce di aver percepito un forte interesse da parte degli operanti perché effettuasse il riconoscimento di Minani (“Ho avuto l’impressione che ci fosse la volontà di, non di suggerirmi, ma come fossero più interessati ad avere…”, pag. 37 trascr. Udienza 6 maggio 2015). Sono inoltre emerse significative irregolarità nel riconoscimento da parte della persona offesa *****{presunta vittima}, cui furono in un’occasione sottoposte alcune fotografie per il riconoscimento, senza che l’incombente sia stato verbalizzato.
- Il comportamento dello stesso ******{accusatore ritrattatore} successivo all’aggressione a *******{presunta vittima}
Assicuratosi che l’amico *******{presunta vittima} si trovasse a distanza, ******{accusatore ritrattatore} riferisce di essere tornato indietro, nei pressi dell’uscita dell’università. Qui ebbe una accesa discussione con Minani, confermata dallo stesso (che tuttavia attribuisce al teste un comportamento a sua volta aggressivo).
Secondo il tribunale, si sarebbe rivolto a Minani “evidentemente perché era impresso nella sua memoria che proprio in quel gruppetto vi erano gli aggressori di prima” (sentenza).
Curioso questo modo di interpretare la psicologia dei testimoni che adotta il tribunale: ******{accusatore ritrattatore}ha detto e ripetuto di non essere mai stato in grado di riconoscere alcuna delle persone che spinsero *******{presunta vittima} fuori dall’università{…}ha detto e ripetuto, anche in dibattimento, che il verbale del 12.4.13 non corrisponde a quanto da lui stesso dichiarato che non lo lesse neppure prima di firmarlo, ma secondo il collegio il teste si sbaglia sul proprio ricordo: lo si capisce dal suo comportamento.
Viene il sospetto che l’adesione ad determinata tesi abbia indotto il tribunale a trascurare la spiegazione che lo stesso *******{accusatore – ritrattatore}, concordemente con un altro teste (teste d’accusa!) e con l’imputato, fornisce riguardo al proprio comportamento successivo al fatto.
******{accusatore ritrattatore} torna indietro “a chiedere chi fosse stato” (pag. 93 in alto: ancora una conferma che non sapeva chi fosse stato!), alterato, e Minani è semplicemente la prima persona che gli si fa incontro.
La ricostruzione corrisponde perfettamente a quella resa dal Minani salvo il diverso punto di vista: Minani ha assistito all’aggressione ed è rimasto sul posto insieme ad altri: “come dicevo prima, io ero nella traiettoria (…) arrivano questi ragazzi, questi quattro/cinque ragazzi. Sento che qualcuno urla dicendo di andare via e urlano ‘come mai?’ in maniera che li identifica come persone che potevano essere amici o coinvolti con chi aveva partecipato a questa rissa (…) essendo il primo in traiettoria (…) chiedo come mai ritornano, se sono loro che erano coinvolti; faccio capire che non c’è bisogno di ritornare perché le cose possono a volte peggiorare, quando succedono queste cose (…) qualche grido, forse di qualcuno che in maniera un po’ più animata dice di nuovo di andarsene (…) a quel punto, due o tre persone, uno in particolare mi viene addosso insieme ad un altro” (esame imputato, trascr. udienza del 20 maggio, pag. 67 e 68).
La ricostruzione è confermata perfettamente dalla teste d’accusa *******{accusatrice-ritrattatrice}: “c’era una gran confusione quindi l’unica cosa era chiedere a chi passava cosa fosse successo” Pag. 11.
Tutto coincide, ma secondo il tribunale{…}tornò indietro a discutere con chi sapeva responsabile, salvo poi dimenticarsi di averlo saputo.
- Altri elementi a riscontro delle dichiarazioni di ******{accusatore -ritrattatore}: le dichiarazioni della persona offesa *******{presunta -vittima}.
{…} Bisogna ricordare che *******{presunta -vittima} non denunciò immediatamente il fatto, né si recò in ospedale prima di 15 giorni.
Le indicazioni fornite originariamente erano talmente generiche (“ricordo di fisicamente molto corpulento, di altezza normale”), da essere del tutto insufficienti ad identificare chicchessia: la persona offesa precisava che, a causa dell’alcool, dello shock e della rapidità dell’azione, non era stato in grado di visualizzare il volto di alcuno degli aggressori. Solo in un secondo momento la descrizione fu arricchita di un dettaglio affatto trascurabile (ma omesso) nella prima descrizione: la pelle scura, da cui la desunta probabile origine africana.
Come mai questa caratteristica (comunque insufficiente a differenziare l’imputato tra tutti i presenti alla festa) venne riferita soltanto in un secondo momento?
Perché fu ******{accusatore -ritrattatore} a parlargli della persona con cui lui stesso aveva litigato subito dopo l’aggressione e che, a causa del litigio, egli presumeva avesse partecipato anche alla sua aggressione. Il ricordo della persona offesa venne così irrimediabilmente influenzato: “Giorni successivi, perché io volevo sapere cosa fosse successo dopo che ce n’eravamo andati, se era arrivata una pattuglia, se avevano identificato qualcuno, perché ci tenevo che qualcuno fosse identificato, non lo so, quindi ne ho parlato con ******{accusatore -ritrattatore}, che era arrivato anche dopo dal fatto e quindi era lì fuori e quindi mi ha descritto che cosa era successo dopo che io e ******{test che era con lui e mai ha accusato nessuno}ce n’eravamo andati.” (deposizone *****{presunta vittima}pag. 68) .
In fase di indagini la polizia giudiziaria sottopose a *****{presunta vittima} un album, contenente anche l’effige del Minani, ma la persona offesa non lo riconobbe.
In realtà, come emerso nel corso del controesame della difesa, vi fu anche un’altra occasione in cui gli operanti sottoposero un album fotografico al *****{presunta vittima}. Neppure in quest’occasione Minani venne riconosciuto. Peraltro, compiendo una gravissima irregolarità, nessun verbale fu redatto o comunque depositato nella segreteria del pubblico ministero, trascr. udienza del 20 maggio, pag. 51 e 52.)
Neppure in dibattimento durante l’esame testimoniale, *****{presunta vittima} ha riconosciuto con certezza il Minani, che pure era presente (nonostante, non riconosciuto in fotografia, avrebbe anche potuto evitare di farsi vedere) e ben visibile, se non altro perché, come da atto il presidente, l’unica altra persona di colore presente era il padre {….}
E’ d’altronde assai plausibile che *****{presunta vittima} durante l’aggressione, che fu violenta e concitata, non fosse nelle condizioni psicofisiche tali da potersi fissare nella mente un ricordo.
Il giorno della festa aveva sicuramente bevuto alcool{…} “abbastanza brillo” secondo ******{accusatore -ritrattatore}pag. 58 trascriz. udienza 16 aprile {…}. Dopo l’aggressione era ancora più confuso: “tra l’alcool che avevo bevuto e le botte che avevo preso mi era difficile capire bene la situazione” (pag. 42 ibidem). Inoltre si tratta di una persona che fa uso di svariate droghe, anche pesanti, certamente in grado di influenzare significativamente la capacità di immagazzinare ricordi: hashish, cocaina, ecstasy, ketamina {..}
Non si può escludere che anche quella sera ne avesse fatto uso: il teste (teste d’accusa) ******* parla una persona: “mi sembrava che fosse alterato, non so dire da che cosa, se da qualche sostanza o meno, probabile, la percezione che ho avuto io era quella che ci fosse un alto livello di alterazione” (pag. 43) .
Inoltre il tribunale non spiega perché, se davvero ****{presunta vittima} avesse avuto memoria della fisionomia di uno degli aggressori non ne avrebbe parlato nessuno suoi amici conviventi presenti al fatto: né con l’amico *******{teste che era con pres vittima e mai accusa} – che pure, stando al racconto di *****{presunta vittima}, sarebbe stato aggredito dallo stesso soggetto – , quella sera (tornarono insieme), né con la *******{accusatrice ritrattatrice}.
Anzi, la teste (teste d’accusa!) *******{accusatrice ritrattatrice} non riferisce soltanto che ******{presunta vittima}non le disse nulla sugli aggressori, dice molto di più: “P.M. – lei poi ha descritto o commentato l’accaduto con i suoi amici, in particolar modo con ****{presunta vittima}, {..}per capire cosa ra accaduto? Le conseguenze? Teste *******{accusatrice ritrattatrice} – (…) ho parlato con loro il giorno seguente, però uguale mi hanno detto che sono stati picchiati ma non sanno assolutamente chi sia stato” (apg. 26, trascr. ud. 15.7.15).
{….}Insomma, il ricordo della persona offesa ******{presunta vittima} (ammesso che effettivamente un ricordo si fosse fissato nella mente del ******{presunta vittima} visto che nei giorni successivi non ne parlò con nessuno dei due inquilini, pure presenti e coinvolti nell’aggressione), ricordo comunque flebile e certamente influenzato dallo shcok e dall’assunzione come minimo di alcool e irrimediabilmente influenzato da quanto riferitogli nei giorni successivi da ******{accusatore -ritrattatore}, si ridusse ad un’immagine a sfuocata, non sufficiente neppure a riconoscere la fotografia dell’imputato Minani, ed insufficiente a riconoscerlo in aula.
- Gli elementi a riscontri delle dichiarazioni di ******{accusatore ritrattatore}: il comportamento dell’imputato.
Secondo il tribunale il comportamento che Minani tenne in seguito all’aggressione a ******{presunta vittima} non sarebbe logicamente comprensibile se non ammettendo che lo stesso avesse in precedenza partecipato all’aggressione a ******{presunta vittima}
Di che comportamento parla il tribunale? Del contegno agitato dimostrato nell’alterco con ******{accusatore ritrattatore} e del repentino mutamento di atteggiamento all’arrivo dei carabinieri.
La prima osservazione da fare è che il comportamento del Minani fu in quel frangente pressoché identico a quello del Di Renzo, originariamente coindagato per le lesioni ma portato a giudizio soltanto per il reato di violenza privata, evidentemente applicando un differente parametro di logicità.
Si tratta in ogni caso di una conclusione assolutamente arbitraria.
Il racconto dell’imputato reso in interrogatorio e confermato nell’esame dibattimentale da infatti conto di un comportamento che, dato il soggetto e il contesto, pare del tutto logico.
Minani ha raccontato di essersi recato alla festa in università dove aveva numerose amicizie: la festa si svolgeva nello spazio compreso tra l’atrio d’ingresso posto subito dopo l’entrata pedonale di via Festa del Perdono, il corridoio che conduce alle scale centrali e l’atrio lì posto, dove era stato allestito un punto di ristoro. Era qui che si trovava insieme a ********, ******, e ********* (testi a difesa, che hanno confermato la circostanza) quando si accorse del formarsi di un rumoroso assembramento di persone all’altezza dello stretto corridoio che conduce all’atrio di uscita. Incuriosito, si allontanò dagli amici (che hanno confermato) e andò a vedere cosa stesse accadendo.
Pur parzialmente impedito dalla calca che si era formata, riuscì a notare una rissa in corso tra alcune persone e a seguirne lo sviluppo nell’atrio e poi fuori. Continuò, per quanto possibile, a seguire l’azione anche quando il parapiglia si spostò all’esterno. Qui ebbe modo di percepirne la violenza. Percepì anche che causa, almeno in parte, del fatto era il comportamento di chi sembrava avere la peggio il quale, mentre veniva spinto fuori, continuava a resistere e farsi sotto agli altri e insultarli, provocandone la reazione.
Le persone si allontanarono e Minani rimase sul posto, certamente colpito dalla scena cui aveva assistito.
D’un tratto qualcuno torna indietro, evidentemente molto alterato “*******(accusatore ritrattatore}- nel momento in cui ho chiesto chi fosse stato è la prima persona che mi è venuta a fronteggiare … Pres.: Lei aggredisce lui verbalmente, lui aggredisce lei? (“*******accusatore ritrattatore}: si, esatto Pres.: a parole, vi dite parolacce? (“*******accusatore ritrattatore}: sì, è verosimile che ci siamo insultati” trascr. ud. 16 aprile 2015 pagg. 94 e 95).
A questo punto ha luogo un alterco breve e violento tra Minani e (“*******accusatore ritrattatore}: la versione di Minani differisce da quella di (“*******accusatore ritrattatore} perché ognuno dei due sostiene di essere stato aggredito per primo dall’altro, ma la sostanza non cambia, almeno per quanto riguarda la logicità e credibilità della spiegazione del proprio comportamento da parte di Minani. Ha appena assistito a una brutta rissa, percepisce che l’insistenza della parte soccombente ne ha come minimo aggravato le conseguenze, ritiene che sia un bene che la persona che aveva visto insistere si sia allontanata perché la permanenza del gruppo soccombente avrebbe potuto aggravare le conseguenze. A questo punto cosa succede? Che alcuni di quelli che si erano allontanati, tornano indietro, si rifanno sotto: chiedono perentoriamente spiegazioni a lui che tra l’altro non ha responsabilità nel fatto: ecco perché Minani si arrabbia .
Altrettanto comprensibile senza dover supporre il concorso nelle lesioni a *******{presunta vittima} è il comportamento tenuto all’arrivo della pattuglia.
Minani è un attivista politico piuttosto in vista ed è conosciuto dalle forze dell’ordine: sa che l’arrivo di una pattuglia della polizia può complicare la posizione di uno come lui, a prescindere dalla reale dinamica dei fatti (lo sa per esperienza perché in almeno tre occasioni è stato imputato e poi assolto), come puntualmente verificatosi. Non era il caso di continuare a litigare sotto gli occhio della pattuglia nel frattempo sopraggiunta.
E’ per questo più che logico motivo che, non appena si accorse dell’arrivo dei carabinieri mutò atteggiamento smettendo di discutere con ********{accusatore ritrattatore}.
Avrebbe piuttosto fatto bene il tribunale a valorizzare in termini del tutto opposti il significato del comportamento processuale di Minani, comprensibile solo ipotizzandone l’innocenza.
Sottoposto a custodia cautelare in carcere decise di chiedere l’interrogatorio al pubblico ministero, ancora nella prima fase delle indagini, senza conoscere che in minima parte gli elementi di indagine raccolti. Rispose a tutte le domande rendendo lo stesso racconto confermato nel processo: non avendo fatto nulla non ha potuto indicare testimoni che ricordassero ciò che non aveva fatto {…}.
Caso più unico che raro è stato lo stesso imputato a chiedere il giudizio immediato, rinunciando alla possibilità di accedere ad un rito alternativo: patteggiando avrebbe eluso il rischio di vedersi condannato al risarcimento del danno, che, in un processo in cui la parte civile ha richiesto oltre 100mila euro, non è un dettaglio.
Ha partecipato a tutte le udienza, compresa quella in cui ha deposto la persona offesa, che non lo aveva riconosciuto in fotografia, così accettando il rischio di essere riconosciuto in aula.
Chi abbia un minimo di esperienza di processi penali, sa che questo non è il comportamento tipico di chi abbia, come si dice, la coscienza sporca.
- Testi a difesa.
La difesa ha introdotto la prova dichiarativa consistente nel ricordo di tre persone, amici dell’imputato.
Si tratta di tre persone che ricordavano di trovarsi in compagnia di Minani nel momento nel momento in cui scoppiò la rissa{…}
{…} il tribunale omette di considerare l’univocità degli aspetti spaziali e temporali riferiti dai tre e la piena concordanza di questi con le altre risultanze processuali: un’accesa discussione originatasi nel corridoio antistante la libreria ex-Cuem che attirò l’attenzione di tutti i presenti, evidente al punto tale da fissarsi nella memoria di chi era presente{…}
Dice il tribunale che si tratta di testimonianze non decisive. E’ vero, ma proprio per questo si tratta di dichiarazioni altamente credibili: come può darsi la prova di non aver partecipato ad un fatto cui si è sotanto assistito? Pensa davvero il tribunale che sarebbe stato possibile trovare una persona che, a distanza di oltre sei mesi da una rissa avvenuta nella confusione di una festa pubblica, ricordasse cosa stesse facendo Minani, che non faceva niente di speciale se non guardare, mentre ******{presunta vittima}veniva spinto fuori dall’università?
Minani è stato condannato per aver partecipato alla fase di spingimento verso l’esterno{…} Questa fase fu intensa, ma brevissima: durò circa dieci secondi (“Al giorno d’oggi, posso specificare che l’azione del gruppo di venti persone che portavano fuori il ******{presunta vittima} è avvenuta in maniera concitata, all’incirca in un arco di 10 secondi” *******{accusatore ritrattatore}, sit 16 ottobre 2013, confermate in dibattimento) e seguì ad una discussione tra ******{presunta vittima} ed un’altra persona (certamente non Minani) di durata simile.
- Capo B- Mancata assoluzione perché il fatto non sussiste o comunque non costituisce reato.
Si impugna il punto della sentenza in cui viene affermata la sussistenza del reato di cui all’art. 610 cp.
Non è emerso che Minani abbia minacciato *******{accusatrice ritrattatrice} nè *********{accusatore ritrattatroe}
********{accusatrice ritrattatrice}, sentita a dibattimento, non ha ricordato l’episodio, addirittura ha disconosciuto al propria come firma apposta sulla fotografia dell’imputato mostratale dal pubblico ministero.
*******{accusatore ritrattatore} ha soltanto riferito di essere tornato nei pressi dell’università, decisamente alterato,in cui era stato coinvolto ******{presunta vittima}, e di essere incappato in Minani con cui ingaggiò una serrata discussione. Minani, concordemente, ha riferito di essere venuto a contatto con ********{accusatore ritrattatore}, tornato minacciosamente indietro. Ne nacque una discussione accesa e breve, ricostruita in termini non univoci, nella misura in cui Minani e ******{accusatore ritrattatore} ne attribuiscono l’uno all’altro la responsabilità. Quel che è certo è che l’arrivo dei carabinieri vi pose fine, perché Minani stimò opportuno chiuderla senza ulteriori conseguenze. Come ampiamente ricostruito, il disappunto di Minani, che aveva assistito alla fase precedente, derivava dalla constatazione dell’imprudenza e della protervia manifestate da ********{accusatore ritrattatore} che, alterato, gli si fece sotto pur essendo egli estraneo ai fatti avvenuti e nonostante, con il rischio di fomentare ulteriormente gli animi. Vistosi ingiustamente aggredito, Minani si difese (secondo la sua versione) o perse momentaneamente la calma (secondo la versione di *******{accusatore ritrattatore}); nulla di tanto grave da impedire a Minani di riacquistare la calma all’arrivo dei carabinieri.
Ecco spiegato il comportamento dell’imputato in questa fase, che non fu né volle essere di minaccia ma di riconciliazione.
{….}
- Mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 bis cp; eccessiva severità del trattamento sanzionatorio.
Si chiede sotto quest’aspetto che sia valorizzato il comportamento processuale dell’imputato, improntato ad una schietta e costatante partecipazione.
Inoltre, pur non avendo concorso nel fatto e non avendo quindi responsabilità rispetto cui mostrare resipiscenza, nonostante tutte le sofferenze causategli dalla presente vicenda processuale, Minani, in sede di interrogatorio di garanzia, durante l’interrogatorio del pubblico ministero, e poi ancora in dibattimento, ancora prima di parlare in propria difesa, ha voluto dimostrare vicinanza umana alla persona offesa e condanna per i fatti accaduti.